La memoria fa il suo sporco mestiere di mentire, mentire e proteggere, forse distorcere ma non questa volta.
No, questa volta no perche’ certe notti ti spezzano qualcosa che non si aggiusta, non si aggiusta piu’.
Poi il tempo, suo degno compare, rimette insieme le cose e le copre con danze e balli, spazzatura venduta come oro zecchino, innaffia terreno con vino scadente e getta cibo in aria, giusto per non far mancare nulla.
Funziona, funziona sempre ma sotto spazzatura e calcinacci c’e’ crepa profonda, c’e’ peso del fallimento, dolore di aver fatto male e ancora non comprendi come.
C’e’ una pellicola e c’e’ un uomo che non puo’ parlare, un uomo che a stento si muove, appena sussurra un perdono e quel dolore che paralizza e lascia inerme come bambino impaurito indietreggia negli anni, mai troppi anni e il solo ricordarne presenza e’ terrore, e’ sguardo che si abbassa, e’ desiderio di espiare, di cancellare, di urlare, strapparsi il cuore dal petto per smettere di sentire, di vedere, di chiedersi dove fosse finita l’anima, la voglia di comprendere, la forza per uscire da un dolore senza fine.
Senza fine, si… senza fine…
Ora ricordo e quella grande finestra tonda era porta sull’abisso, quelle immacolate pareti bianche l’unica fortezza possibile, auto in strada amiche, piu’ vicine delle stelle e quelle lacrime vere come piombo fuso sulla carne, quegli occhi arresi nella loro prima debolezza guardavano gia’ in bocca al futuro, al destino deciso come asfalto impennato verso il cielo, bisettice di bene e male, verdetto di condanna con unico giudicante e giudicato, colpevole senza riserve, eterna stupidita’ come pena, eterno non divenire delle cose, purgatorio e c’e’ di che ringraziare in fondo.
Che canzone dovrei ascoltare ora quando non c’era musica nelle vene e le parole scivolano inutili perche’ esiste linguaggio che comprendi con tremanti mani gelate, quando la strada termina in muro sporco e scrostato, quando perdono e’ privilegio che non meriti ma c’e’ chi superiore t’investe e illumina.
Forse canzone c’e’ ma non e’ mia, non appartiene a questo cosmo, non gira su queste corde ma ugualmente l’accetto e non lenisce dolore, non accompagna il sonno, non abbandona quella ruga e se il niente di oggi, di domani, di tutto e’ inutile prezzo lo pago volentieri perche’ senza sarei banale colpevole, piccolo uomo, indegno volume.
Forse e’ poco ma e’ tutto, forse e’ niente ma non ho altro, davvero…
Did I disappoint you or let you down?
Should I be feeling guilty or let the judges frown?
‘Cause I saw the end before we’d begun,
Yes I saw you were blinded and I knew I had won.
So I took what’s mine by eternal right.