Qualche mese di troppo

Sono stato confuso o forse ho piu’ temuto di esserlo perche’ troppo e’ troppo poco nello spazio udito, nella luce che abbaglia, nell’acqua che soffoca e quando ho creduto che potevo andare, sono rimasto o forse e’ successo l’opposto ma che importa ricordare, sono stanco di ricordare.
Noia non era, gioia non era, alba non era, fari abbaglianti nella nebbia e improvviso bianco e nero si confondono, tutto grigio, troppo grigio e sottile disprezzo come lama per tagliare e passare oltre quando oltre e’ sempre stato qui e solo qui.
E’ che il solo destino auspicabile e’ un timpano in un oceano di violini, un tacco battuto nella silenziosa penombra di una cattedrale poi una corsa cieca e cadere senza forze col cuore che a poco a poco si spegne e lasciare tutto sognando la propria vita e che la musica sia battito, che il cielo sia carne, che i ricordi siano ossa e tendini.
Talvolta torno in strada, quella strada e salgo in auto dentro alle notti non troppo calde, pochi insetti, poco movimento anche nelle serrande abbassate di grigio televisore e ogni metro e’ una piccola spinta in avanti, la fuga di chi sente assottigliare l’aria alla velocita’ dell’aria poco illuminata, con i piedi che non correranno mai abbastanza, non troppo, troppo poco.
Cio’ che voglio e’ un divano pieno di parole e poi un giorno da spegnere e altre parole, gente da vedere e infinite parole, musica che esca da nuove grotte e ancora parole mentre scivolo via, silenzioso come un ladro, a lato delle aspettative, del bisogno di normalita’ e vita condivisa.
Ho scelto, bene o male ma che importa. Il tempo passa e cio’ in cui sono dentro si restringe e quando lo spazio sara’ terminato faro’ un cenno, un piccolo saluto.
No, non credo sorridero’, non troppo almeno, tanto non torno, non torno piu’.
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Eins Punkt eins, ist gleich, kleiner, Ausrufungszeichen, minus, minus,
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Browser, ok, ist gleich,
TRUE

Buono

Scappare e li’ lasciare, lasciare sul serio mani, torace, occhi, orecchie e labbra e non pensare, non ricordare, smettere di esistere in un luogo del quale non desidero avere memoria quindi io non so, no non so.
Pero’ mi domando quale sia il bersaglio di freccia scagliata da troppo tempo per averne memoria ma anche questo in fondo poco importa e difficilmente so, piu’ facilmente ignoro e non voglio, non mi interessa sostenere alcuno sguardo mentre parlo piano, filo di voce, apparente fermezza, tanta stanchezza, feroce belva tra le costole che non se ne vuole andare e non mi lascia, vorrebbe non far dormire e soffre mai paga, poco rassegnata.
Serve poco tormentarmi perche’ in fondo me ne sono gia’ andato e serbo presagio dell’ancor prima partire.
Un tempo era rabbia e derisione d’invidia coperta, lampadari e non pavimenti da fissare come se in alto le stelle fossero piu’ vicine, il silenzio piu’ pressante, il sospiro infine assente malgrado nessuno voglia che cio’ avvenga.
Quanti chilometri devo percorrere prima di smarrire la via di casa e cancellare l’intera mia memoria, quanti saloni pieni di gente ho da evitare per essere infine solo nella maledizione cercata di chi ha da espiare la colpa di non volere colpe, di non affrontare l’idea di essere altri e di altri l’orrenda abitudine e ciclo vitale.
Spezzare le catene del tempo, scivolare noncurante nell’altrui trascorrere perche’ ci fu quando come pietra non mossi vento che non fosse passato tra le mie dita perche’ c’e’ sempre un momento in cui tutto inizia e nulla finisce e immobile complicare cieli e montagne semplicemente perche possibile, noiosamente auspicabile.
Apparire, non piu’ delegare alle opportunita’ e alle occasioni e annullarsi dentro qualcosa non sia un ricordo e che spettri lascino pietre e intonaco laddove devono essere perche’ a volte prigione e’ ossigeno, e’ luce, e’ musica, e’ fuggire per non essere mai piu’ liberi.
It’s not far to never-never land, no reason to pretend
And if the wind is right you can find the joy of innocence again
Oh, the canvas can do miracles, just you wait and see.
Believe me.