Florinda Bolkan e’ la carne del suo tempo.
Tesa, nervosa, disperata.
E’ anche diversa dal suo tempo pero’, perche’ bellissima, raggio di sole nel buio, ombra rinfrescante nel solleone.
C’e’ in lei una disperazione profonda, l’inquietudine manifesta nella tensione dei muscoli, il lampo fulminante che attraversa lo sguardo e ogni movimento narra di notti insonni, di domande senza risposte, di amore non ricambiato.
Si muove ed e’ fluido mercurio che scivola vizioso tra gli interstizi delle mattonelle, tra le note della colonna sonora, tra i desideri dello spettatore.
Florinda Bolkan non ha eta’ perche’ eta’ implica tempo e tempo implica mortalita’ e quando la donna e’ astrazione, dea di tempi antichi, genitrice di terra, acqua, fuoco e vento allora la morte non la tange.
E’ una creatura senza estetica perche’ rifugge la barbarie delle classificazioni, icona di una femminilita’ viva soltanto nell’ipotesi di un mondo passato, transizione tra l’idea e la realta’ di donna, segreto di un desiderio mai svelato e per questo piu’ vero e caldo e intenso.
Archetipo, sovente ideale e si’ idealizzato, topos che trascende e attraversa gusti ed epoche, astrazione e non per questo meno reale e meno suadente e se e’ vero come e’ vero che non sto parlando di una donna ma della sua idea, allora le mie parole sono per Florinda Bolkan e’ vero ma ancora piu’ vero per colei che e’ unica, immensa e per sempre.
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