Sole mattutino

Edward Hopper e’ un artista che regala immensa arte e cambia il senso estetico di chi osserva le sue opere, arricchisce lo sguardo con nuovi spazi, nuove architetture, colori lucenti, prospettive innovative.
Prospettive e colori, ecco cosa ho coltivato e fatto crescere dentro.
Amo le simmetrie su tutte le dimensioni e in ogni angolazione ma con Hopper esiste un modo e un modo solo di guardarlo e non e’ visione frontale.
Inquadrature deconcentrate che non comprendono figure intere ma sempre una forma seminascosta, abbozzata, solo intuita a volte, indiretta con la sua ombra, sguardi che fanno supporre cio’ che non esiste ma comunque presente, particolari celati dei quali pero’ percepiamo presenza.
I colori convergono alla luce come falene verso un faro nelle tenebre e sinuosi si adagiono sui volti, sui corpi, sulle pareti e i mobili e scivolano vivi e vitali, conferendo eccezionale tridimensionalita’, senso della luce sospeso tra realta’ ed interpretazione d’artista.
La plasticita’ dei corpi esalta le movenze, meglio le immobilita’, fotografie di istanti quotidiani negli interstizi dei gesti, nel flesso delle azioni, inizio o fine del movimento e forse mutazione dello stesso nel momento in cui sta per compiersi.
C’e’ energia cinetica, potenziale piu’ di intenzione che concreta volonta’ e non si trova negli sguardi sovente smarriti e vacui, bensi’ nella tensione delle braccia, delle gambe, del collo.
Ogni concetto, rapprensentato o meno si schiera nel conflitto tra natura e civilta’, sempre presente, sempre pressante, importante eppure non vitale perche’ Hopper sapeva guardare dietro le finestre, cogliere un’umanita’ anch’essa in conflitto, abbandonata nella sua solitudine e la visione e’ metafora del silenzio.
Luce, assenza di luce, tutte le sfumature interposte e il resto e’ supporto alla notte o al giorno che sia, spesso ai limiti di questi in ombre allungate e stranianti, come materia e antimateria in eterno conflitto nell’attesa di elidersi in desiderato nulla.
E’ un favoloso artista Hopper perche’ sa turbare, induce all’emozione per donarla almeno in parte alle sue opere, sconsolati teatri, terre desolate in cui sappiamo ritrovarci e per questo riconoscendoci, cercare di risollevare le sorti di un’esistenza nella quale e’ facile ascoltarsi e molto meno comprendersi, divenire voyeristi di se’ stessi per mescere luci e ombre e trovare dentro grandi dipinti, grandi come i suoi.

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