Riprendere coscienza, riprendere velocita’, riprendere spazio.
Vecchi sintetizzatori ruotano veloci, danzano nella dimensione di un pensiero, esistono dall’inizio del cosmo.
Un sassofono si staglia oscuro controluce e dal contrasto sorge un eco lontano che risveglia un’incoscenza assopita, vecchi tramonti, brume tenebrose, alberi spogli in giardini coperti di notte.
Si, vedo tutto e c’e’ sempre una finestra, c’e’ sempre una citta’ fuori che sussurra, un treno lontano che stride sull’acciaio, un lampione che divide la vita dal mistero.
Occhi riflessi, movimenti laterali da cui fuggire senza fretta, immagini televisive sulle quali inventare e fogli bianchi appena macchiati.
Ricordo la casa, ricordo i colori, ricordo i rumori, i profumi, le fredde manopole dai caldi suoni.
Ricordo le ansie ma anche le gioie, i rimandi a un futuro solo eventuale.
E’ esistito davvero un tempo in cui lo spartito di quel sintetizzatore suonava il mio destino…
Ora rimane solo quell’eco e lo accetto; almeno posso dire di averlo visto, vissuto, sognato.
Meet beneath the autumn lake
Where only echoes penetrate
Walk through polaroids of the past
Future’s fused like shattered glass, the sun’s so low
Turns our silhouettes to gold