La mia tolleranza agli stress ora e’ bassissima.
Credo potrei esplodere da un momento all’altro, credo potrei maledire il creato con urla cosi’ possenti da sbriciolare le fondamenta stesse della terra.
Concentrazione, si concentrazione.
Visualizzare l’ordine, ricombinare, ricombinare, manco di integrita’ strutturale.
Il caos e’ un concetto non uno stato delle cose, il caos e’ solo ordine da comprendere, da catalogare, da riorganizzare.
Cio’ che esiste e’ energia e se e’ energia allora e’ riconducibile a forma d’onda e se e’ forma d’onda allora e’ suono.
Muoversi sul suono, fondersi col suono, librarsi col suono e’ ancora possibile.
Un’immensa batteria cosmica percossa da bacchette veloci; ritmo in 4/8, battute dispari in forte evidenza, sincopatie diffuse, rullante altissimo, grancassa dilaniante e dolorosa quando colpisce lo stomaco.
Ecco emergere l’ordine sulle punte degli stick, basta seguirle, basta osservarle, basta governarle…
… basta.
Armoniche radiali
Se flutti artificiali coprono sabbia artificiale, questo li rende meno desiderabili?
L’incedere del tempo confonde i bisogni e offusca le necessita’… o forse no.
Forse e’ il togliere significato e valore che mescola e amalgama l’inutile con se’ stesso, che purifica la mente addensando l’inutile in blocchi informi eppure organizzatissimi.
Accetto cio’ che non comprendo e facile certo non e’ stato giungere indenne sino a qui ma in fondo, ne e’ valsa la pena.
La vastita’ come opportunita’, l’immensita’ come foglio su cui scrivere e una curiosa nuova voglia di capire questo attorno sempre piu’ piccolo, sempre meno distante, meno denso che mai.
E l’eternita’?
Quella e’ un’altra faccenda che prima o dopo si dovra’ affrontare e finche’ ancora mi immergo nell’innocente mare dell’inconsapevolezza, il tempo e’ ancora mio alleato.
You always kept a sunset behind your lonely shoulder
You never showed on photographs and you never grew much older
You flicker like a shaky shadow, moving like a thief
You never drop your facade and you never seek relief
Because you’re the man who dies everyday
Chiodo
C’e’ quel momento in cui lei accompagna il finale urlando forte, disperatamente, dolorosamente.
Penetra dentro con altrettanta pena, con la stessa forza di un uragano.
Ricordo l’istante in cui ho vissuto l’emozione, il lampo di gioia e sofferenza.
Il sole cadeva pesante fuori la tettoia in legno, ero stanco, stanco e dolorante, stanco, dolorante e un po’ appagato.
I pensieri mi stavano abbandonando, il cielo… mio Dio che cielo stupendo…
Fame, sete, voglia di riposare.
Bisogni fondamentali per uscire da ogni sfera d’esistenza ed ecco la sua voce, potente, cristallina, intensa.
Si, forse e’ solo trasposizione, ma quel dolore era come fosse il mio e udirlo li’, potente come un rombo di tuono e’ stato come uscisse dalla mia stessa gola.
In quell’urlo confessione e espiazione, uscita e fuga, cadere esanime scevro di ogni spasimo.
Intenso, momento in cui si esiste.
Feelings are intense
Words are trivial
Pleasures remain
So does the pain
Words are meaningless
And forgettable
Una formalita’
Cosa significa stile di vita non adeguato?
Puro conformismo, rigurgito di tradizione che nasce da chi o cosa oppure vera esigenza di anima e corpo?
Un uomo si ferma e muore o semplicemente muta?
Fuori tempo e fuori schema, come applicare il consueto laddove ancora serpentine di cemento si srotolano in anfratti mai abbandonati?
Sento il peso di qualcosa indefinito eppure volo piu’ alto che mai e le altrui cime paiono mucchi di terriccio brulli e desolanti.
Quella sedia dondola sempre meno e le immagini della veranda cambiano a una velocita’ inaspettatata ma ora osservo, registro e punto altre fiches sul tavolo verde mentre la pallina gira veloce.
Tra il nero e il rosso ho scelto l’alto, intanto la pallina continua a girare…
conforme a chi?
conforme a cosa?
conforme a quale strana posa?
va peggio, va meglio
non so dire non lo so
…
sei tu sei tu
sei tu chi pu
Torre del lago
Guardare troppo in se’ stessi porta alla malinconia, cosi’ dicevano, cosi’ si dice.
Se l’abisso e’ troppo profondo forse, altrimenti e’ mera dialettica.
Scivolare e’ sempre la risposta, aprirsi all’antro dei pensieri senza scappare, senza temere, senza paura di esplorare.
Scoprirsi per tanti versi piu’ vivi, notare che certe luci una volta fioche ora risplendono come tungsteno, amare le cose di sempre con ancora piu’ passione.
Bastarsi senza mai dire eccomi, canzoni amiche, libri fratelli, pellicole amanti e non serve altro per non arrendersi mai, persino quando mai e’ troppo grande, troppo spaventoso, troppo raccapricciante.
Porte chiuse male
Alla base di tutto c’e’ la rinuncia e la paura.
Per quanto sia difficile ammetterlo, questa e’ la verita’.
Poi domandarsi quando la resa e’ divenuta strada, poi non stupirsi di occhi che si chiudono, di braccia che si contraggono, di fumo al posto di albe scintillanti.
Ma all’alba segue il tramonto e il buio fa paura, il buio cela mostri, il buio e’ freddo.
Buio amico mio ma prima il grigio annullarsi nel tempo e diluire la sofferenza in una eterna stasi carica di cio’ che non e’ stato.
Ho sconfitto tanta paura ma ancora non basta perche’ non basta mai, non finisce mai…
… proprio come la gioia, gioia che rifuggo piu’ del terrore.
Stay tonight
We’ll watch the full moon rising
Hold on tight
The sky is breaking
I don’t ever want to be alone
With all my darkest dreaming
Hold me close
The sky is breaking
Perigeo
Insistere nello scavare tra le radici per trovare qualcosa che non so, che non si sa se c’e’, che forse non e’ li’, che magari non esiste.
Immagini, miniature da un remoto passato ed ecco li’ quella vetrina guardata dal basso, occhi sgranati di bambino, file di oggetti dall’aspetto misterioso, esoterico, braccia che trascinano via lontano.
Era inverno e tutte le primavere lontane ma ora, qui diviene l’adesso.
Non ricordo la citta’ perche’ non era importante, ma che suoni differenti, che differenti luci.
Volti familiari come non ricordavo da anni e l’incoscienza dell’esistere. Qualcosa manca, qualcosa strilla forte.
Davvero essere e’ essere stato ma il problema e’ il sarebbe che diviene sara’…
Requiem
Quali sono le nostre dipendenze? Perche’ le abbiamo? Da cosa scaturiscono?
Sono innocue o ci porteranno alla tomba?
E’ solo il bisogno di sentirci dire che andra’ tutto bene o c’e’ dell’altro?
E’ questo che accade quando muoiono i sogni?
Un mondo claustrofobico fatto di luci al neon e sobborghi di periferia?
Menti distrutte e letti scossi dai nostri stessi tremiti?
Bagliori immaginari e frammenti di corpi in sacchi della spazzatura?
Qui il problema non e’ arrendersi alla fine di un sogno per passare ad un altro. Qui si parla della fine del sogno che implica tutti gli altri e senza il quale non esiste piu’ futuro.
Non c’e’ un barlume di speranza, nessuna luce oltre il buio, nessun paradiso oltre l’inferno.
Lo stomaco capisce questo prima delle mente e non ti decidi sul continuare a guardare o chiudere gli occhi ma non ci riesci e lo sai persino quando scrutando nell’abisso, l’abisso comincia a guardare in te.
Non c’e’ soluzione ne’ espiazione. Non c’e’ altro che un buio profondo e hai paura ad alzare lo sguardo perche’ lassu’, si lassu’ c’era una speranza, una salvezza. Per un attimo l’hai sfiorata con le mani e col pensiero ma oramai e’ solo una corda che ti poteva salvare e che hai toccato mentre precipiti in un vuoto senza fine ne’ pace.
Il nulla ha il suono degli archi dei Kronos Quartet ecco qual’e’ la verita’.
La verita’ che non e’ mai assoluta, non e’ mai universale, non e’ infinita.
All’opposto la verita’ ha le dimensioni di una punta di spillo, il colore dell’infinitesimo e il sapore di cibo chiuso in un frigorifero.
La verita’ forse e’ nei sogni dei nostri padri, in un dozzinale abito da sposa, forse in una semplice giornata di sole.
Di certo la verita’ e’ fatta di sogni ma e’ anche fatta dalla loro assenza e il passo tra l’uno e’ l’altro e’ molto, troppo breve.
Si, forse non e’ saggio conoscere suoni, immagini e odori dell’abisso. Forse non e’ bene sapere quando finiscono i sogni.
Forse e’ giusto che la vita rimanga un fluorescente show televisivo.
In fondo un inferno vale l’altro…
Lontano, proprio qui
Pensare al futuro e vedere il proprio passato. Vivere il presente e stupirsi dell’esserci da sempre.
Ruotare attorno agli assi di ogni tempo e scrutare se’ stessi al centro esatto del cosmo.
Sono le stelle a girarci attorno, la terra sotto i piedi a spostarsi, l’acqua a confluire in noi e se cosi’ non fosse non si spiegherebbe quel vortice sempre pronto a trascinare via che continua a sfiorare pelle e sensi.
Troppo abituati a correre, pupille dilatate, membra doloranti e tanto grigio compatto e uniforme attorno.
Isotropia dell’esistere o solo eccesso di autoconsiderazione, non importa.
Contano le occasioni in cui non esisti al centro del Tutto perche’ e’ li’ che si ritrova l’istinto, i meccanismi innati, lo scatto e i rodati movimenti che hanno costituito cio’ che siamo.
Basta un palco su cui non salire, un treno partito per un soffio, una strada deserta e ancora una volta liberi di concepirsi, liberi di crearsi, liberi di dire “io si”.
Il telaio delle eventualita’
Stanotte non sono ancora convinto di scrivere…
Ho troppi pensieri, troppe considerazioni, troppo male, troppo freddo…
Si, stasera sono troppo egoista, troppo bisognoso, persino troppo arrabbiato per cio’ che accade.
Non ho soluzioni, non ho morali o giudizi.
Non ho valutazioni, non ho consigli, non ho stratagemmi.
Ho pareri quello si, ma non sono importanti.
Ho pero’ istinto, ho bisogni profondi.
Ho voglia di percorrere strade che non andrebbero percorse, ho voglia di dimenticare tutto.
Ho pensieri davvero inopportuni…
Non scrivo oltre…
Sono stanco, sono inquieto, sono sfasato.
Dovrei dormire o lavorare tutta notte, tanto e’ uguale.
Dovrei seppellirmi sotto qualcosa fino a domani, fino a quando potro’ portarmi via, fino a quando potro’ annullarmi ancora.