Passi lunghi e ben distesi come danza antica non fosse dietro albero antistante al giardino.
Velo rosso sangue e lenzuola bianchissime a sorreggerlo e forse non si vede ma il mare non e’ distante, basta spostare le tende immacolate e cavalcare qualche raggio di sole.
Confondo l’oracolo col cristallo sul tavolo mentre luce lo illumina rimandendone intrappolata, rifrazionandosi ed e’ messaggio volatile e leggero come fumo d’incenso nello scirocco.
Incontro stupendo tra fiori e ombra di luna, bevande raffinate e armonia di forme che conduce a calma, quasi pace perenne almeno fino a quando durera’ la notte e il pesante drappo non tocchera’ il suolo.
Grilli a cadenzare il tempo aspettando la brina in rugiada, ombra che diviene verde smeraldo e la staccionata a dividere oscure presenze dalla tranquillita’.
Cacofonico silenzio, rosa rumore come guance arrossate di volto coperto da cappello bianco mentre attorno veli multicolori danzano e ruotano e s’alzano e planano dando vita all’infinito dondolio delle onde, moto monotono eppure unico nel contornare il lento invecchiare dell’uomo.
E non bastano le ruote per correre e non un letto per comprendere e se quei veli non si arrestano allora che si fermi la sete, che avanzi l’oblio, che la zattera salpi e dalla terraferma raggiunga il sogno restituendone figli, figli di sogno o figli d’incubo ma non so, non distinguo, nessuno sa, nessuno distingue.
Forse una foresta non vale il panorama e uno specchio non e’ un astro ma in cima, lassu’ l’aria rarefatta complica la verita’, cela i contorni dalla vista e del resto cos’altro chiedere di piu’.
Every time I close my eyes
There’s another vivid surprise
Another whole life waiting
Chapters unfinished, fading
Discorrendo
L’estate di quell’anno fu molto lontana allora e molto vicina oggi.
Ci furono giorni in cui mi sforzai di essere cio’ che non ero e di fare cosa non volevo fare, agire contro la mia natura e fu fallimentare.
Poi si impara, poi tanto serve tutto, poi non importa, poi si e’ giovani, poi aiuta a crescere, poi va bene cosi’ perche’ se ne esce sempre, pero’ se sono qui a scriverne evidentemente una piccola cicatrice e’ rimasta da qualche parte.
Passaggi di crescita, nuove prove per nuovi anni, per nuovi uomini, febbricine necessarie.
Mi riscattai pero’ e ora che ci penso non so sia stata piu’ ridicola la sconfitta o la vittoria.
La musica e’ ancora qui pero’ e se sorrido e’ andato tutto bene.
Cosa c’e’ che non va…
Forse il fango sognato non e’ profondo a sufficienza e quel cielo era grigio senza possibilita’ alcuna di ritorno.
Sento i pensieri adagiarsi sul fondo in lenta discesa e inevitabile sospensione di cognizione, di azione.
Tra poco spegnero’ quanto mi sostiene e mi tuffero’ in inutile film con colori brillanti e ridicole parole e potrebbe persino essere che quell’estate mi condizioni, che il sogno mi condizioni, che la musica, come sempre mi condizioni, che le parole di Tsukamoto mi condizionino.
Quanta fragilita’ pero’ se una frase sconnessa mi lascia esanime a terra, incapace di reagire accumulando minuti, accatastandoli come piccoli mattoni dietro i quali proteggersi.
La mia forza e’ altrove…
Il dolore e’ duraturo ragazza, ma ci fa sentire vivi.
A volte penso che tutta la faccenda del crescere si riduca solo a una gestione del dolore.
Senza fermarmi mai
Svegliarsi poco prima che la notte muoia, polso accelerato, sogni dentro sogni dentro sogni come specchi riflessi in specchi, sempre piu’ scuri, sempre meno definiti sino a scomparire lasciando in cambio aria viziata.
Freddo sudando, spasmi di fantasmi che mai piu’ torneranno e orecchie tese nella ricerca di auto lontana, frusciare di rami e nessun lampione a mascherarsi da alba.
Stancamente le immagini lasciano il posto alla coscienza e strane canzoni in testa.
Cosa vuole dire, che significa, quale significato attribuire?
Letterale parafrasi, coincidenza curiosa, reminescenza recondita, messaggio di inconscio sconfitto, cosa devo pensare, dietro quali angoli sbirciare, quale polvere spazzare?
Insonnia e’ il nome di che cosa?
Allarme di vita troppo piena, troppo vuota o semplicemente inutile non necessario ad intasare bocchettoni d’aria vitale, forse osmosi tra stati di coscienza, fluidi mentali che scorrono alla ricerca di nuovi alvei e se quelle canzoni siano innocui scarti o assi portanti, giunti di congiunzione di un mistero sempre li’ da risolvere no, non saprei dire.
La sveglia e’ lontana, pure il mondo la’ fuori, questo letto caldo e’ l’ultimo posto in cui vorrei stare eppure nulla puo’ accogliermi con piu’ grazia e malgrado tutto c’e’ piu’ di una ragione per cui rimanere, forse rotolando e sbuffando e quei rapidi movimenti non sono danza ma presenza e ancora come sempre, piu’ di sempre affronto cio’ che sono, ascolto la mia canzone e le parole suggerite dall’inconscio sono connubuio perfetto, messaggio che sia o no.
Noi uomini forti sappiamo a che santo votarci,
in nome di cosa, non so, ma noi teniamo duro,
teniamo nascosto il passato e pensiamo al futuro.
…ma il futuro cos’e’?
Il futuro e’ un’ipotesi,
forse il prossimo alibi che vuoi,
il futuro e’ una scusa per ripensarci poi.
Fiume corre asciutto
Sarebbe bene abusassi meno dei miei desideri perche’ non sempre si puo’ spingere, correre, sgomitare, rotolare.
Il cielo oggi non lo permetteva eppure ho continuato ritrovandomi esausto.
Strati di nembi in brillanti sfumature di grigio sono un freno naturale, naturale barriera a cio’ che si pensa e si vuole ed insistere lascia stremati con gli occhi sbarrati verso il cielo.
Chiedersi quando finira’ e’ soluzione che non aiuta e guardandosi le mani profonde crepe che rilasciano arida sabbia rende impossibile seguire il cammino sino in fondo.
Dieci soli minuti non servono e non accontentano se da qualche parte nel cuore quel battito in meno sottrae molta piu’ vita di quanto ci si aspetta.
Suoni che non mi appartengno e cappa pesante ed opprimente sul capo, kilometri che non voglio fare, persone che non voglio vedere e casa in cui e’ inutile tornare per non comprendere ancora, assillo del domani ancora, rialzarsi ancora.
Vortico in questo vento che fischia forte senza riuscire a raffreddare queste mura roventi e appena ricordo un sorriso via, vola via perduto per sempre e qui a chiedermi se avessi dovuto inseguirlo o almeno provarci, si provarci.
Non trovo posto su questo treno e il prossimo chissa’ se arriva quando credevo che il bianario non si sarebbe mai svuotato e sulla pensilina ferma anche io mi siedo tra fogli irrequieti e marmi consunti.
Poi finira’, so che finira’ seppur osservando il nero e imponente orologio il tempo e’ scandito da lancette immobili ed e’ piu’ che metafora, forse e’ destino.
There’s a feeling I get
When I look to the west,
And my spirit is crying for leaving.
In my thoughts I have seen
Rings of smoke through the trees,
And the voices of those who standing looking.
Ooh, it makes me wonder,
Ooh, it really makes me wonder.
Dietro porte chiuse
Ognuno di noi ha l’anima in zone temporali ben definite e nella notte io semplicemente sono.
Tramonto come ode all’arrivo della notte, quindi inno, festeggiamento, danza in calare ma e’ cosi’ che l’oscurita’ vuole, e’ cosi’ che il buio esige tributo.
Ma l’assenza di luce spaventa solo chi nell’oscurita’ non crede, chi ha rughe e macchie da coprire abbagliandosi al sole, chi deve vedere per credere e ritiene che la realta’ sia solo cio’ che e’ definito da fotoni.
Non sento bisogno del sole perche’ i miei occhi chiusi sanno dipingere quanto mi circonda e i colori cambiano continuamente.
Spiazzante, confuso e irritante forse, ma ho combattuto con forza per il diritto di arrogarmi un luogo in cui vivere forse non costituito dalle forme che vorrei, ma i colori sono miei, sempre e solo miei, comunque miei.
Poi una finestra erroneamente aperta sull’alba ed ecco schiudersi innanzi ai miei sensi pletora di aromi e luci antiche e mi ritrovo a pensare che il tramonto lo si vive, ma l’alba la si cerca e nel mio peregrinare di ombra in ombra troppo spesso tralascio che l’alba e’ composta da fievoli ondate di sole che si ingrossano come onde sospinte da burrasca, progressiva e montante energia straniante nella forza caotica del giorno ma incantevole alla sua genesi.
Con la medesima energia ecco i profumi, piu’ estranei che dimenticati, umido di terra che s’innalza da zolle al loro risveglio, fiori lontanissimi che si scrollano le stelle dai petali, vento d’oriente che sa di salsedine e movimento di nuvole e colori che prendono vita dalla fuga della notte con sfumature mai viste, offuscati acquarelli da rinvigorire con liquido caldo e tela immacolata che li attende severa.
Si, io sono tramonto ma non per questo non anelo luce, colori, calore.
E’ che non so come chiedere, non voglio chiedere, non so se chiedere…
Birds flying high
You know how I feel
Sun in the sky
You know how I feel
Reeds driftin’ on by
You know how I feel
It’s a new dawn
It’s a new day
It’s a new life
For me
And I’m feeling good
Quando iniziai
Se sapessi scrivere, lo farei ora e molto forte, urlo che cavalca onde di un destino curioso e malsano.
Trovarsi a miliardi di parsec dalla propria stella e’ frustrante e doloroso eppure non v’e’ motivo per raggiungerla.
Invero sarebbe unica cosa da fare ma il dubbio che le gambe non siano abbastanza robuste serpeggia nella testa come virus letale in circolo sanguigno.
Calmarsi, riflettere, passi lunghi e lenti e distanza da coprire con ampi respiri senza scordare, impossibile scordare, assolutamente non scordare e non confondere mai e poi mai il tempo col tempo, lo spazio con lo spazio, il fuoco con il mare.
Il mare… Nuovi sogni si diramano innanzi e c’e’ sempre una distesa d’acqua in movimento, cielo che volge a tempesta ed il tramonto, nero e oscuro tramonto da guardarsi in abiti pesanti eppure mi sento bene, in pace, entusiasmo di esserci, di vivere e di cio’ che avverra’.
Fossero premonizioni ucciderei il futuro che non mi appartiene e saprei, si saprei alzarmi su quelle gambe apparentemente fragili e stanche e donare l’eternita’ del mio cuore seguirebbe solo il donare dell’anima.
A volte mi domando se sono illusioni spavalde e mal riposte le mie e dubbi atroci minano le gia’ deboli certezze, ma c’e’ quel sorriso a cui mi aggrappo e sul quale edifico il castello delle speranze e non importa, non importa quanto cedevole sia il terreno perche’ e’ il costruire che da’ forza, innalzare innanzi a se’ stessi il tempio del proprio futuro e non fermarsi ai tralicci spogli, spaventosi a volte quando il sole calante proietta ombre sinistre e lugubri, ma vedere in essi sostegno e rinforzo di mura e finestre, protezione da vento, pioggia, caldo e fame ma non dal mare perche’ il mare e’ comunque amico, sempre un dono, specchio del firmamento da toccare e stringere, unico tramite per portare tra le braccia la stella, quella stella cosi’ lontana…
You will come to save me
C’mon and save me
If you could save me
From the ranks of the freaks
Who suspect they could never love anyone
‘Cept the freaks
Who suspect they could never love anyone
But the freaks
Equilibrio
Fronte compatto e lineare di nuvole stagliate nel buio come stringa d’energia, aliena forma di luce, ultraterrena presenza proveniente chissa’ da quale dimensione dell’omniverso.
Ho voluto crederci ma e’ qui che l’eta’ fa male e da quella sublime ed incatevole energia si e’ fatta strada luna dispettosa lasciandomi conoscenza del cosmo quando l’esigenza e’ nella magia.
Paria senza storia ne’ dimora ho smarrito il cammino trovando invece stelle pallide e annoiate, luci troppo deboli ed inutile calore.
Ho ricordato quel viale alberato che pareva cosi’ lungo nella corsa mia lenta e l’aria caldissima sul volto, sul petto attraverso la maglietta colorata, odore intenso di olio bruciato tra ingranaggi roventi e ruote dentate sfrigolanti.
Li’ si e’ fermato e ancora me ne sono andato perche’ incapace di cogliere l’essenza del momento, giorni di epica gioia ed immense possibilita’ e chissa’ se l’oblio divorera’ l’ennesima prova di aver toccato un mondo oltre il muro e quel calore sulla mano abbandoni anch’esso i giorni piu’ difficili.
E’ che inizio a confondere le fessure crepate sui muri con portoni di oro zecchino e se certi errori si pagano cari, anche il fio dovuto e’ fonte di confusione, perplessita’ e sconcerto in stanco amplesso, sforzo genitore di patetica e tragica apatia, castrante realta’ che nemmeno percepisco piu’ tale.
Vento che spinge a tempesta?
No, bonaccia e stasi e fuoco attorno che irradia secca ed inerte ventata di rovente nulla, mi sfiora, mi sorpassa e onnipotente domino vuoto e sussurri, segreti inutili di cenere leggera sospesa nell’attesa di movimento, sussulto, rami sbattuti con tenera violenza e un varco per la’, laggiu’…
Save me from this shallow land, take me out of tempers hand
Drag me from the burning sand, show me those that understand.
Rest in shade, no sound his made,
Where silence is played, sound of silence played.
Fuggire l’attenzione
Vetro satinato innanzi i pensieri e fastidiosa foschia in ogni direzione.
Bruciano gli occhi e lacrimano, palpebre pesanti e doloranti, pupille incapaci di accettare piu’ luce della penombra ma e’ il chiarore che voglio, che desidero, che merito.
Occhi che cercano cosa, braccia ansiose di stringere il rapido avvicendarsi delle ore aggrappandosi all’indefinibile comparsa del giorno dopo, aspettando che domani sia chimera, paradiso scintillante e meraviglioso.
Poi non e’ che non voglio raccontare ma come te non ho parole malgrado tante ne siano state inventate e profuse per il piacere del prossimo.
Premesse, di premesse e ancora antefatti, presupposti, congetture ed eventualita’ e ancora non serve e se non serve ecco uno stacco netto, qui ora e infine il crollo, la catastrofe di chi e’ cio’ che e’ stato, progressione del divenire, filosofia spicciola di volo in direzione errata, sottostima di montagne e sovrastime di pianure, fuoco spento nel ghiccio e condensa giacciata da tizzoni una volta ardenti.
Indifeso, muto con ancora un po’ di sangue in circolo e vorrei offrire tempo, giorni, settimane, mesi e riprodurre sequenze di storia, della mia storia e finalmente, finalmente buttare tutte quelle parole e lasciare milioni di foto a raccontare e poi se non basta, perche’ comunque non basta, li’ si gettare tutto al vento e tentare ancora una volta di ripartire, magari non da me, non questa volta…
I believe that when the hurting and the pain has gone
We will be strong, Oh yes we will be strong
And I believe that if I’m crying while I write these words
Is it absurd? Or am I being real
I believe if you knew just what these tears were for
They would just pour like every drop of rain
That’s why I believe it is too late for anyone to believe.
Profondo defluire
Volevo pompare un po’ di calore nel cuore coi Marillion… Qualcosa dentro non capisce piu’…
Dentro, fuori, giusto, incorretto non sono piu’ concetti ne’ domande da porsi, semplicemente arcani vocaboli rimasti nel mio dizionario sui quali ripasso ogni tanto e riderci su, proprio come si fa con parole dimenticate il cui sapore antico talvolta sfiora il ridicolo.
Non vorrei, non dovrei neppure pensarlo ma, si forse mi sono arreso a cio’ che sono una volta di troppo e non mi sento ancora pronto ad accettarlo.
Non parlo piu’ e quelle poche parole cadono nella polvere disperdendosi in ampi raggi non circoscritti e come posso biasimare chi non raccoglie, peggio chi non coltiva come se vi fosse valore alcuno in cio’ che proferisco.
Ormai basta latrare perche’ conta il volume, spinta di decibel come schiaffo, sensibile dichiarazione di presenza e niente altro, poco meno che altro.
So che non e’ vero, maledizione se lo so, eppure i risultati sono talmente simili e simili gli effetti che qui la resa trova gioco facile e il resto e’ banale conseguenza.
Davvero mi fermo qui e prosegua chi ascolta se vuole, pungolandomi, costringendomi forse perche’ da qualche parte ci sono ancora pensieri degni di essere formulati, canzoni da essere ascoltate, paesaggi che brillano come smeraldi e sabbie bianchissime che degradano in vita.
A me non interessano piu’, ma volendo…
Gia’, volendo…
Might like to go to the show.
To feel the warm thrill of confusion
That space cadet glow.
Tell me is something eluding you, sunshine?
Is this not what you expected to see?
If you wanna find out what’s behind these cold eyes
You’ll just have to claw your way through this disguise.
Viaggiatori e mistero
E’ come un velo sottilissimo, impercettibile, impalpabile, presenza muta, in po’ inquietante, sospettosamente vicina, troppo vicina talvolta.
Insetto tra i capelli, invisibile tela impigliata al volto, riflesso diretto di specchio lontano e continua ad infastidire, tormentare, disturbare.
Spostarsi un po’ piu’ in la’ e’ una soluzione rapida che puo’ persino funzionare e quando cessa l’effetto allora mi allontano ancora un po’.
Delirio di sole e sudore ma c’e’ acqua, basta cercarla e smettere, smettere di pensare a impropri giorni, epoche in cui il sole aveva lo stesso colore di oggi.
Portarmi lontano…
E’ che il lontano non e’ lontano abbastanza e forse e’ vero che lontano e’ solo differente, divergente, rette con troppe direzioni ma una e una soltanto destinata ad essere giusta, come se il giusto si inquadrasse in schema sensato senza che sterminate ed innumerevoli fontane di luce ne celino la vera natura, progressione naturale o scherzo crudele che sia.
C’e’ un filo, un filo azzurro e non posso raggiungerlo, non voglio ragiungerlo ma e’ li’ che mi serve, li’ a saziare i desideri, accontentare i capricci, soffiare sulla fiamma della certezza.
And just as the smile’s returning
After all the pain
The fire inside stops burning
Just to burn again
In moments of madness
Returns that softly sighing lament