Attendere pazientemente

Non dovrei comprendere ma comprendere e’ la parte piu’ facile da eseguirsi.
Non so davvero che sia, da dove provenga l’acquitrino immobile e stagnante che invade anche il salotto buono e conviverci non sempre e’ soluzione.
Vorrei poter dire che migliora col tempo ma cosi’ non e’ e semmai forzata convivenza spinge ad accettare l’inaccettabile mentre l’odiosa pozza si allarga e respira facendolo, si stira come gigante stupido e pericoloso e la scelta cade nel quando e come, mai nel se.
Adattarsi diviene facile e a battaglia persa lo e’ ancora di piu’, quindi quale passo puo’ seguire oltre il triste convincimento che al di la’ di quel confine, di quel baratro sull’oceano non esiste alcuna terra promessa, nessun’ isola su cui approdare e infine smettere, smettere di cercare luogo che non esiste, ma esistera’.
Conosco tutte le domande e persino ogni risposta e giu’ a correre sperando di sbagliarsi che la sola certezza sia cercare oltre, un po’ piu’ in la’, sino ai confini dell’universo e della volonta’, caparbio colpo di testa e orgoglio a fiumi, ma siamo uomini e forse i giochi non cambiano mai, si evolvono forse con il tempo e le opportunita’ ma bastoni rimangono lance e coperchi in plastica invincibili scudi.
Il tempo aumenta le illusioni e azzera le energie affinche’ abbagli siano realta’ ma la mente non ha ore, non ha peso, non ha giornate grigie alle spalle e una parola, una carezza, azzurro terso striato di vivo arancione e’ ancora felice contraddizione, attesa di piccole parole e non ultimo sangue che scorre e con esso coscienza che l’impossibile e’ sempre dietro il giorno, tra le pieghe del fato e delle scelte sbagliate, tra il piombo e l’oro, tra il presumere e l’esserci.
Same old song
just a drop of water
in the endless sea
all we do
crumbles to the ground
though we refuse to see
dust in the wind

Grande neon

E’ un po’ di nebbia, nebbia fastidiosa davanti gli occhi ma non importa, posso sopportare.
I pensieri viaggiano confusi su sinusoidi ripidissime e girando la testa e’ sorprendente non scovare appigli, elementi immutabili, immobili, statici e saldi agganci.
Qualcuno parla ed e’ voce proveniente da decenni fa e d’un tratto quel tempo e’ vivido piu’ del presente.
Sottoscala e bar rumoroso, caotica fine mattinata e giganti che non importa conoscere e colui che conosco mi e’ indifferente.
Affascina il traffico rumoroso e fumoso, ferodo e smog disgregati e ricostituiti in incessante movimento quando non v’e’ requie alcuna in coloro che mi circondano e persino le pareti paiono animate.
C’e’ gioia nell’aria ed empaticamente ne godo, mi adeguo e seguo il flusso delle emozioni ed e’ quanto di meglio so fare, e’ quanto mi e’ concesso fare.
Comprendo il lessico ma non il senso e avanzano bisogni primari mentre acconsento fiducioso, saldo, sicuro, protetto desiderandolo ma quella strada e la liberta’ che l’attraversa e’ calamita di una vita sin li’ impensabile ed inconcepibile e talmente distante da sembrare irrealizzabile.
Ora che rimane, poco ed e’ normale ma lo stupore non declina negli anni, forse si dirada ma lascia spazio a consapevolezza, chiara visione anche nelle sere nebulose e confuse quando l’indefinibile m’assale e un ritorno alle semplici luci d’un tempo diviene bisogno.
Vorrei provare ancora quel senso di protezione ma antepongo ad esso la liberta’ di quella strada e di quello smog, morte e vita in strana predestinazione e non doveva essere cosi’ ma ora va bene, ora e’ diamante di dura conquista e chiedere oltre adesso e’ tardi.
Swirling pictures of never ending dreams
I can’t see what these images mean
Locked inside can’t set the rainbow free
Like perishing flowers they sag and twist and die

Echi

E’ vero, gioco a fare il cinico anche se forse giocare non e’ il giusto verbo.
Adattarsi, ricondursi, imporsi, costringersi a volte ed e’ una parte che combatte duramente, incessantemente, soccombere perche’ cosi’ ho deciso, cosi’ ho scelto, scelta senza scelta, natura, istinto piu’ forte della ragione e della volonta’.
Cosa dovrei raccontare? Forse che quella cascata di timpani e fiati non frantuma piu’ l’anima come un tempo?
Che ho scordato, che non so piu’ cosa avvenne quel giorno?
So bene cosa accadde, come mi sono sentito, quale valanga ha seppellito anima, pensieri, vita, emozioni che ora mi ucciderebbero e non scherzo affermandolo.
Oggi non sono forte come allora, questa e’ la realta’ nel suo gretto realismo e non sono fiero, non lo sono affatto ma se pare resa invero e’ sopravvivere, e’ consapevolezza delle proprie forze, e’ cuore che non sopporta pulsazioni in eccesso, emozioni devastanti.
Cuore, eta’ che importa nel monolitico giorno, nell’unico corpo che sorregge in tenace e caparbia volonta’, forte di battaglie gia’ conseguite, a fronte di guerra che ancora non so vinta o persa, combattuta o fuggita, utile passatempo o tremenda prova.
Per adesso non guardo, non guardo piu’ anche perche’ cosi’ chiari aleggiano i ricordi e se accantonati non sono dimenticati, significa giorni migliori, no giorni diversi, giorni in cui coraggio e’ quella sequenza, quella canzone, quel senso di onnipotenza ora relegata a bramoso ricordo.
If I was a sculptor, ha but then again, no
Or a man who makes potions in a travelling show
I know it’s not much but it’s the best I can do
My gift is my song and this one’s for you

Unica telefonata

Combattere il sonno e’ gia’ un ritorno al passato, passato recente eppure distante da togliere il respiro, da confondere intenzioni e pensieri, emozione non assopita, mai celata, forse contenuta e controllata.
Passato piu’ tenebroso del futuro, anomalia che accetto, che preferisco persino e non mi stupisco anzi ne sono felice.
Pensavo ne sarei uscito, supponevo che avrei affrontato con la forza e la sicurezza del presente eppure non di un solo passo mi muovo verso l’accettazione di mesi che ricordo esclusivamente nella considerazione di avermi sin qui condotto.
Non importa e non e’ trauma insuperabile, non incide sulle cose che sono e saranno, semmai e’ tempesta lungo il cammino, notte senza alcuna luce e demoni ovunque a tendere imboscate ed assalti, corsa alla sopravvivenza in attesa di un raggio di sole che avrebbe dissipato tutte le paure e i timori.
Fuori, finalmente fuori non c’e’ ragione per ricordare, per girarsi e farsi forti di incubi superati in fondo e respirare forte dopo lunga apnea col solo ricordo delle mie profetiche parole che tutto sarebbe solo potuto migliorare.
Eccoci quindi nel solo mio mondo possibile e vittoria e’ non domandarsi se potrebbe esserci meglio, non vedere sfumature e vivere di assoluti, placata sete di riuscita e un po’ di strada segnata.
Il mio paradiso e’ chiudere gli occhi, pensare, illudermi forse che esistono certezze, punti fermi sui quali orientarmi e mai, mai prima e’ stato cosi’.
Forse l’enfasi inziale e’ ora consapevole realta’ ma nella certezza v’e’ monolitica robustezza, stasi di chi urla al mondo che non vuole spostarsi mai piu’, monotona ma salda permanenza.
Affinero’ le mie armi, sbilancero’ l’equilibrio ma per ora ho ancora qualche brivido addosso e una volta terminato davvero il totale puo’ divenire il tutto.
Cerco di trovare la mia identita’
Senza chiedere aiuto, ma sono lontano.
Busso e non risponde neanche un’anima
Menomale che non ho paura del buio.
Non ho niente per me, ma non dispero.
Mangio solo pane e cattiveria ormai
E non e’ un buon motivo per esserne fiero.

Grigio salone

L’albero in giardino, quello che si affaccia innanzi la finestra si presenta rigoglioso e possente.
Mesi fa pochi rami spuntati e ancora meno foglie e ora che differenza, che incredibile cambiamento.
Mesi fa era a stento primavera, pochi mesi e sembrano giorni, giorni che trasformano e rendono irriconoscibile quanto circonda.
Resto ad osservare e guardo meglio nel verde e noto foglie diverse, diversa sfumatura di colore, diversa foggia dai lembi contratti e sbeccati, diverso orientamento, plasticita’ mutata.
Dapprima non comprendo poi rifletto, ricordo, collego.
Gia’ trascorso il solstizio d’estate, impercettibili le stagioni si susseguono e anche l’albero parla, l’albero racconta e ciclicamente muta e ritorna.
Ecco il suo giro di boa ed e’ facile similitudine, banale affinita’, triste ed inevitabile raffronto, inutile paragone che invero da’ senso di lento cambiamento e sgradita presa di coscienza.
Il sole ha passato lo zenit ed e’ inversione placidamente inevitabile, per ora tenero declivio, sardonico sorriso di onnipotenza non ancora espulsa, non completamente, certo non per l’albero.
Diverse stagioni ma sono solo diverse tacche, dissimili dimensioni di un solo fenomeno rappresentato su scala alternativa, contratto periodo di cui riconosco segnali e modi ed e’ attesa, non passiva certo ma credere e’ difendere, non pensare e’ avanzare, non ricordare e’ speranza.
Polvere, troppi ricordi, e’ meglio esser sordi
e forse e’ gia’ tardi per togliere la
polvere dagli ingranaggi, dai volti dei saggi
coi pochi vantaggi che la mia condizione mi da’.

Fiume che divide la pianura

Credo di aver fatto tutto cio’ che potevo, in ogni senso, in ogni occasione, in ogni giorno di questa settimana.
Questa canzone e’ forse un premio, potrebbe esserlo sul serio…
La coscienza, la coscienza, lei e’ a posto ma sono io a non essere convinto, non completamente e forse paranoia imperante, insoddisfazione persistente, status di negazione a non darmi piena ragione.
Sono io, sempre io a crogiolarmi nei guai, sempre sul filo imprecando e maledicendo ma morbidi letti non fanno per me, teneri giacigli tombe sepolte nel centro della terra.
Ricordo, stendo sul panno le giornate scorse e non mi sottraggo al compiacimento seppur coperto da negative occasioni, leggere increspature sufficienti a deformare realta’ e pensieri, destabilizzare equilibri ad ogni costo ed inficiare risultati.
Controllo, controllo… Il controllo e’ una grancassa che pilota il ritmo che regge la struttura armonica, basilari da fare propri e stringere minuti dei giorni passati uno a uno tra le mani.
Niente deve cadere e compattare e’ necessita’ per ripulire la mente come in antico rito marziale e se elimino tutto, se raccolgo l’intero per espandermi in struttura organizzata e neutra allora trovo ritmi vigorosi e quella scintilla liquida che partendo dalla base del collo infiamma vene e muscoli e ora, ora che non sono li’, ora che il vissuto e’ solo prosa, mi manca e ne ho bisogno forse perche’ mi ritrovo, mi ascolto, mi riconosco e nell’urlo del sangue estinguo ogni debito verso tutti questi anni, tutte queste notti, tutto cio’ che non ha confine dovendolo avere, cio’ che giace esanime ed e’ ossigeno, nutrimento, speranza…
Livin’ on a razor’s edge
Sharper than a knife
Surrender to the power of wedge
Keep running for your life
You don’t need no periscope
You won’t need second sight
It’ll come at you so fast my friend
It’s thank you and goodnight

Ancora una volta

Tante sono le cose che non so e tanti i posti in cui dovrei stare ma gli anni che passano insegnano consapevolezza, consapevolezza che la negazione e’ essa stessa nozione, specchio negativo ma verita’ riflettente.
So cosa non so e so dove non devo essere e non e’ accontentarsi quando il cammino e’ deviato e da qualche parte bisogna pur giungere.
Neppure e’ fuggire, neanche occhi sbarrati verso oriente segnano tanto il passo e infiniti percorsi si intersecano troppi per una scelta ma gia’ evitare, forse scansare e’ soluzione.
Chiedermi un perche’ e’ inutile complicazione se non posso rispondere altro che non e’ quella la strada, quella mia, la solo perfetta quando perfezione e’ si’ fato ma molto conquista.
Piu’ giusto e’ domandarmi se ho fatto quanto potevo e si in fondo si, malgrado tutto si.
Ora pero’ guardo da lontano e lasciami almeno questo ruolo perche’ non merito molto di piu’, non miro a piu’ alti premi poi il sole da’ fastidio, il sole ha troppa vita per le mie stanche palpebre e no, non scappo, resto sempre e comunque, duro e puro nell’attenti perenne di chi nella forza ha riposto se’ stesso.
Oggi tu vinci una partita che io non disputero’ mai e lasciami sul fondo ad applaudire, non chiedermi di sollevare un trofeo che mio non e’ e tantomeno mi appartiene, non chiedermi di banchettare con chi ha conquistato vittoria inimmaginabile.
Coraggio della consapevolezza e non accetto comodi ripieghi seppur a fin di bene, conosco il mio ruolo, so dove devo stare e li’, li’ staro’.
Never will forgive you, never leave you
You know that if you live like, you will die like
How can I erase your pain and aid you
When Death wants to kiss you and you want kiss Him back…

Travi incrociate

Sulla mia isola vedo isole, altre isole assolate e vicine, certe lontane altre alla distanza di un desiderio inespresso.
Gia’ osservarle mentre le onde dei giorni mi accarezzano la pelle nuda, rimane esperienza da godere e da farsi bastare.
Poi cos’e’ il tempo quando il tempo non esiste se non come riflesso del mondo che circonda noi stessi.
Ho scelto di starmene lontano, lontano da cio’ che nasce, cresce e muore e come un assolo di chitarra acustica bastare a quanto pronunci il mio nome e alcune voci accompagnano un po’ piu’ in la’, quel tanto da farsi udire senza spostare, senza compromettere, senza illuminare se non il terreno a loro circostante.
Sorrido innanzi bronzeo rossore e mi lascio scivolare in qual tempo che c’e’ e vorrei non esistesse, frasi come danze, danze antichissime relegate a mere consuetudini ma io non dimentico senza pero’ ballare.
La testa, la testa si agita in stupido rallentatore, sforzo immane di scordare il controllo, vano desio, malcelata e consistente cupola che non piu’ protegge, non preserva oltre e ora non importa, non serve piu’.
Ebbene e’ solo alzarsi e dissetarsi non riempendo ma gustando poi so che non bastera’ ma sono stanco di guardare avanti, troppo avanti, inevitabile e sfalsato e se vivere si trasformasse in viaggio nel presente mi adeguero’, bramata meta non piu’ e ricordo e osservo e spero e ascolto il cuore battere di minuto in minuto, di secondo in secondo perche’ se fosse l’unica mia forza rimasta che allora sappia, sappia sempre quanto e’ possente, se ancora c’e’ senso ad ascoltare, respirare, sospirare…
We only have one candle
To burn down to the handle
No matter what they say
If you live like a man, You live in tales you tell

Realmente vicino

Ho dimenticato il tocco e non intendo ricordarlo.
Perche’ mai dovrei scavare nel fondo della mia vita ed evocare cio’ che non mi interessa piu’ avere?
Ha mai avuto davvero imporortanza?
Ricordo a stento ma credo di si, mi pare di si.
E’ che non ho prove sia vero, che ci sia stato un momento in qulche maniera rilevante e magari e’ solo eco della memoria, alone che deforma e plagia, magari troppi film, troppi libri, troppe realta’ mancate, dimensioni deviate, vite sognate, lampi mai caduti, distorsioni confuse e contorte, indistinguibile bisogno da esaudire con pensieri da evitare e che altro…
Metallo veloce e non mi proietto oltre, almeno sino alla prossima reminescenza, notte di gravita’ accelerata e ore rallentate, crisi passeggere di fastidio non piu’ timore, crisi permanenti come escrescenze di puro male piantate nella carne.
E’ che il calore costa e costa carissimo, prezzo di sacrifici che non oso piu’ affrontare e quando guardo strada vedo
asfalto, osservo albero e legno mi si para innanzi e la ripida discesa delle colline esclusivamente energia cinetica intrappolata millenni fa.
Basterebbe cosi’ poco affinche’ abbia ancora un cammino, un fresco riparo e gioioso declivio in cui immaginavo, si immaginavo di essere un uomo diverso, illusione che per una frazione di secondo e’ stata vita.
I never said you had to offer me a second chance
(I never said you had to)
I never said I was a victim of circumstance
(I never said)
I still belong, don’t get me wrong
And you can speak your mind
But not on my time

Solo mondo

E’ davvero giusto immolare la propria vita ad altri se non se’ stessi?
No, no mai.
Non sono piu’ disposto a giocare partite il cui esito non dipenda esclusivamente da me.
Egoismo? Ma si e che sia giudicato per cio’ che sono e non per quello che non ho fatto ed io per primo devo ascoltarmi.
Cos’e’ questa rabbia, da dove proviene apparente nuova consapevolezza…
Domande, domande, forse una domanda di troppo o una risposta di meno quando sono impegnato, coinvolto nella missione piu’ importante, nella gestione piu’ delicata, nell’indotta calma imposta e calcolata.
Cerco una ragione no, ho una ragione e scrivo questi caratteri a pugni uniti perche’ il grande inganno strepita di avere lui ogni verita’, ma questa volta la battaglia e’ mia.
Forze contrapposte generano conflitti e la forza della ragione deve essere una, una la direzione da seguire, costi quel che costi tanto i giochi sono da tempo iniziati, forse conclusi senza saperlo.
Dietro c’e’ il mistero gia’ svelato e forse rifiuto perche’ troppo semplice, banale considerazione a ben pensare e in quella frase, in quella primavera assolata e gia’ rovente ho perso molto piu’ che tempo, occasione, amore e sono caduto senza piu’ rialzarmi e da terra mi sono illuso di volare.
Poi non posso lamentarmi e non e’ accettare quando si comprende e adeguarsi, limitarsi sono parole e non stati della mente, sono menzogne se il migliore dei mondi possibili, se l’urlo e’ piu’ forte di ogni altro rumore di fondo, di ogni lamento, di ogni frastuono, di ogni lamiera contorta e non smetto di urlare e la voce e’ possente, il fiato abbondante, le gambe rispondono, i polmoni pure e potrei sfondare muri nella corsa che io e solo io decido non debba finire piu’, mai piu’.
Non e’ un problema, basta saperlo, basta conoscere, basta capire, basta…
Can you see
My eyes are shining bright
Cause I’m out here
On the other side
Of a jet black hotel mirror
And I’m so weak
Is it hard understanding
I’m incomplete
A love that’s so demanding
I get weak