Innerspace

Ho cercato nella memoria i volti della mia vita.
Ho lasciato che immagini divenissero filmati, non piu’ statiche foto bensi’ sequenze tridimensionali, tutti i sensi, in ogni senso interessato ed usato, delicatamente sfruttato e coinvolto.
Curioso processo di raffinazione, sublimazione forse, come estrazione d’essenza e ricostruzione in tempio venerando, imperitura memoria di se’ passando per altrui immagini e forme e gesti.
Segmenti temporali rubati, loop esistenziale che incatena eppure libera sensazioni ed emozioni di un tempo passato, sempre remoto, sempre distante, malinconicamente presente, vicino nei sentimenti.
Quando parte la sequenza, mentre ci si immerge placidi nel tepore di cio’ che e’ stato e’ tenero abbraccio, nostalgia coscientemente idealizzata e coltivata in luce diffusa, girandola colorata per immagini patinate e dolcissime.
Un po’ di bugie, angoli troppo smussati non nel momento ma nel concetto, se e’ stato allora puo’ ancora essere e qui la menzogna diviene tenera illusione.
Forse e’ aggrapparsi a problemi risolti, tranquillita’ del passato allo zenit, scrematura senza compromessi nel suo meglio al meglio, massimo idealmente raggiunto.
Strano sovente il criterio, giochi dell’Io in precisa scelta di inesplicabili principi sempre corretti pero’, sempre giusti, sinceri soprattutto, curiosi, misteriosi magari e inaspettati.
Bello rimane il navigare nelle proprie acque come fossero altrui luoghi e in essi farsi condurre in un gioco antico e vedere quando vedere e’ vivere, conferma di essere.
I’ve been here before
There is not why, no need to try
I thought you had it all
I’m calling you, I’m calling you
I ask for more and more
How can I be sure

Grigio come

Stato d’attesa, stato di manutenzione, stato di sospensione.
C’e’ un tempo e so che quel tempo ancora non e’ passato.
Linfa vitale inaspettata e forse la strada e’ giusta, certo la strada e’ giusta semmai e’ esplorare a lungo, percorrere senza fretta, senza fatica eccessiva, passi distesi ed importanti quando importante muta e si trasforma, si cela dietro scuse ed espedienti, parole e frasi, sotterfugi, sottintesi a volte ma spesso e’ con se’ stessi che ci si inganna e fugge.
Ammetto di essere un po’ spaesato, un po’ circospetto con tanta sensazione e nel gioco di specchi rifondo energie e voglie, voglie di tempi gia’ stati eppure da vivere, ancora e oggi e domani, compensazione di ieri.
Sento e vedo, mai ora solo dopo, scansione e rincorsa, immagini da campionare per periodi indefiniti, per giorni indefinibili e potenzialmente, eventualmente possibili.
Rincorsa di mattini a volte sereni, visione parziale come specchietto retrovisore perche’ innanzi vetrine vuote e scure e sole ma dietro altre vite ed e’ fascino di una volta, coraggio e arroganza, altri astri, altri alberi e non voglio pensare a nulla, nulla che non venga da molto lontano, da silenzio bandito e risate piccole ed immense, sincere, ecco sincere.
Attesa, tempi, tempi d’attesa, abito d’ordinanza e sguardo compito, imperterrito al cadenzare dei minuti, delle percentuali, di cio’ che si perde senza tornare e l’attesa e’ snervante, ancora di piu’ il senso dell’inutile e del vuoto, del vago ed esserne responsabili fa male, molto male anche se ci si abitua come a tutto del resto.
Sono qui nell’ordine e confusione e’ chimera che non desidero, ma se solo il volo finisse allora terra sarebbe oasi, potrebbe dissetare, sfamare, soddisfare…
Just a step cried the sad man
Take a look down at the madman
Theatre kings on silver wings
Fly beyond reason
From the flight of the seagull
Come the spread claws of the eagle
Only fear breaks the silence
As we all kneel pray for guidance

Ritorno al mare

Striscia di sole che avanza come sospinta dal vento fresco.
Profumo lontano giunge da chissa’ dove, attraversa alberi che lo accompagnano con grandi e plateali gesti, giungendo a me dopo aver invaso ogni anfratto, avvolto case, percorso strade.
Non e’ pace, nemmeno tranquillita’ e non puo’ essere, non potra’ mai essere ma certo stupisce la semplice osservazione di sereno e normale accadimento.
Normale, niente e’ piu’ normale in questa era di superlativi ed assoluti.
Il dimenticato piacere della ricerca del punto esatto d’equilibrio, estremi come pericolo non cosi’ eccitanti come li si vorrebbe, come ci raccontano debbano essere in una corsa finalizzata alla tensione, alla reazione, all’esagerato riscontro di costante allerta.
Dimenticare, dimenticare troppo e troppo in fretta, questo e’ il grande male del vivere sempre sul bordo delle cose.
Si, dimenticare e ritrovare, come quelle pagine di Ellis catalogate con sufficienza che illuminate dal chiarore limpido dell’aria e innalzate dal portentoso vento divengono passione e gioia.
Come la voce sconvolgente dei Nightwish che mi emoziona alle lacrime, lacrime che aria calda disperde, confonde, porta lontano mescolandole con chissa’ quali altre, con chissa’ quante altre, ma del resto di cosa sono fatte le nuvole per oscurare il sole, per dare tregua dal sole, per non rimanere sempre e solo abbagliati ma godere dei particolari, delle ombre, di cio’ che si lascia indietro e recuperarlo, magari tra rami poderosi e arrangiamenti d’orchestra, campane lontane e qualcosa che ho trovato ma che ancora non so cosa sia.
My first cry neverending
All life is to fear for life
You fool, you wanderer
You challenged the gods and lost
Save yourself a penny for the ferryman
Save yourself and let them suffer
In hope
In love
This world ain’t ready for The Ark
Mankind works in mysterious ways

Anche una follia

Con la sua musica c’e’ stato un incontro atipico in un periodo davvero strano della mia vita.
Anni di passaggio, crescita quando inizia a chiamarsi invecchiare, un ragazzo in fondo ma qualche inquietudine d’adulto in giorni confusi e frenetici.
Stava cambiando cosi’ tanto che solo l’incoscienza sapeva occludere alla vista la folle velocita’ con la quale sfioravo lo strapiombo a bordo strada e proprio quell’essere libero coincideva con caos e confusione imperante.
Febbre di crescita e ricordo dolore e sudore, risate e spregiudicata esistenza, menzogne ed immense verita’.
Era estate, era caldo, ero pazzo, ero sconvolto, ero candela che bruciava da entrambi i lati e la sua musica fu strano approdo ma provvidenziale nella tempesta.
Nessun soldo di verita’ era ancora stato pagato forse perche’ avevo il cuore duro o forse essere amari e’ prerogativa di chi e’ giovane, prima che divenga cinismo, afflato acido che gli anni ti lasciano addosso.
Sentivo immenso peso di notti blu che da li’ a poco sarebbero state amiche consuete e a volte cercate e nel sole accecante quelle note erano impermeabile per l’anima, carezza per troppi lividi su un volto non ancora pronto, non ancora preparato, incosciente ma non insensibile.
Acqua e fu acqua di naufragio sfiorato, illusione di capire cio’ che ancora oggi mi e’ precluso ma e’ l’ennesimo privilegio di chi ha ancora un piede fuori dal resto della sua vita.
Un po’ di anni dopo lei disse che la canzone col mio nome era fatta con un pezzo di me e forse aveva ragione, ragione in quel violino, in quel ritmo sostenuto ma non veloce, nei fiati leggeri e ancora ricordo, ricordo tutto.
Forse non ho saputo amare abbastanza o semplicemente non ho avuto parole per descrivermi e oggi non conta poi molto perche’ altre parole vagano ancora nell’aria, cercano ancora meta, equazione senza soluzione perche’ soluzione e’ ballare, ballare di tutto.
Gente trascurata, si
fino a domani nell’oblio
qualcuno che mi vuol parlare
puo’ darsi anch’io, gentleman
ma questa e’ un’ora in cui
cantavano le docce ormai
una canzone d’acqua in cui
non c’ero io, gentleman.
Facciamo un po’ di letteratura
con la miseria della mia bravura…

Migliaia di volte

Irrequieto e un po’ nervoso cerco calma ovunque mi giri.
Il piano di Lewis e’ piccola sosta ma non meta e lacerato vago tra arrangiamenti orchestrali e percussioni elettriche che fanno male anche a basso volume.
Mi concentro pensando a che farei stasera se schioccare le dita fosse realizzazione di una voglia e la mente gira a vuoto tra immagini veloci ed inutili, guazzabuglio di note senza schema e struttura.
Birra gelata a stento rimanda a inetto protagonista di qualche telefilm senza dissetare, senza soddisfare, senza suggerire alcunche’, rimando a squallido epilogo da qualunque lato lo si guardi.
Questa sera non ho patria o scopo, musica o poesia perche’ non limitarsi a galleggiare nell’inutile mare dell’altrui consueto.
Accompagnare con inerzia oppure, oppure cosa.
Scrivere cio’ che penso, dichiarare cio’ che ora dorme e poi ottenere cosa se non ludibrio meritato e certo senza ragione, senza concreto risultato.
Tentazioni di minimalismo, contrazione ad un passo dal surreale e potrebbe essere esperienza se potessi desiderare fortemente qualcosa, se suono industriale risvegliasse quanto e’ assopito ed irritato, se gravita’ fosse astrazione matematica e rapide rotazioni il miglior trasporto possibile.
E’ tempo di riappropriarsi di un po’ di gelo e con esso rendere stasi stato permanente, illusione lo sia oggi, adesso e domani i nuovi sussulti domineranno terra e cielo, balzi leggeri di realta’ ma regalano sorrisi e grandi pacche sulle spalle, soldi finti e caramelle e forse un senso, anche superficiale, magari scomodo ma almeno da possedere realmente…
We stand or fall
With your future in another’s hands
We stand or fall
When your life is not your own
When white turns to red
In the not too distant days
Will force and misery
Be the life you have to lead?

Baciando la pioggia

Alcune volte, sempre piu’ spesso, vorrei uscire e lasciarmi solo in questa assurda fornace e non preoccuparmi piu’ di tanto di cio’ che accade.
La sensazione di aver gia’ dato tutto alla vita e che la vita mi abbia gia’ dato tutto lascia spazio a sardonico sorriso di compatimento, esausto vuoto avvolto in manto di stupidita’.
Cosa consola, cosa sostiene, cosa importa del momento, quando inizio a perdere il senso del tempo passato e il futuro e’ amalgama grigio e furibondo.
Inizio a pensare che perdero’ la battaglia col senso dell’esistere e combatto tra sorpresa e irritazione.
C’e’ stato un inganno e so gia’ tutto, senza spiegazioni ulteriori e la passivita’ delle mie reazioni incute oltremodo rabbia e nervosismo.
Mancano i fondamentali, insostituibili colonne che non voglio e mai ho voluto e qui l’ironica sequenza di eventi da cui non si esce, non si trova pertugio per raggio di sole, goccia di rugiada, luminoso blu da stampare nell’agenda dei giorni a divenire.
Solite cose, ennesima ripetizione di noiosa e interminabile e davvero insostenibile nenia ma serve, ogni molecola serve a caricare cinetica energia e occhi aperti catalizzano e concentrano.
Le tenebre coprono, cancellano, celano l’orizzonte inghiottendolo ma non vi sono segreti nel buio che ovunque rivela luce senza ombra e in questo buio permango, vegeto, attendo basso, coperto di stracci di cui sbarazzarsi facilmente e so che niente puo’ farmi male, perche’ l’oscurita’ quando amica e’ anche fedele, tranquillizzante nutrimento, eterna reggia che potrei anche sentire mia…
Lose me in the dark
Please do it right
Run into the night
I will lose myself tomorrow
Crimson pain
My heart explodes
My memory in a fire
And someone will listen
At least for a short while

Ragionata felicita’

Sembra un’immensa onda cha avanza piu’ lentamente di quanto dovrebbe o forse sono io che incantato perdo nozione del tempo e non mi rendo conto di cio’ che avviene.
Alterazione sensoriale che basta per domandarmi cosa stia avvenendo, quale incanto mi stia imprigionando e se attorno a me stia curvando nuovo e imperscrutabile cammino.
Gocce rallentate e acqua che plana e scivola tracciando percorsi improvvisati e sempre diversi, come sangue trasparente che dona vita al suo passaggio ed e’ vita quella che entra nei miei sogni ad occhi aperti scambiandosi con essi.
Fusione di cio’ che non e’ con cio’ che potrebbe essere ed e’ confusione che fa bene, che aiuta, bisogno interiore ed esteriore, si esteriore…
Osservo senza riflettere ed e’ puro istinto che muove la macchina, ma la macchina rimane al suo posto senza sapere il perche’.
Stanchezza, eccessivo decisionismo, magari equilibrio da non turbare perche’ troppa e’ la fatica di riportare, di ripartire, di posizionarsi su nuovi blocchi di partenza in gara che non voglio disputare, che non interessa disputare.
E’ piacevole azzerare e partire daccapo e nuovi inizi come espiazione d’indesiderate giornate, compenso, forse compenso inaspettato, anticipo di cio’ che lontano in altri mondi sta avvenendo, riflessione su sfaccettato presente, infinito adesso da cavalcare, ispezionare, studiare, piegare a bisogni impossibili da soffocare perche’ la corsa e’ partita da un pezzo e non e’ fermare, non e’ interrompere, solo capire su quale banchina attendere, su quale binario far correre energie e voglie.
Everything about you is how I wanna be
Your freedom comes naturally
Everything about you resonates happiness
Now I won’t settle for less

Leggero in un angolo

Distante, distante da qui, solo pochi mesi che sembrano millenni.
Posso immaginare, sentire, si sentire con tutti i sensi, in tutti i sensi come animale inconsapevole d’esserlo.
E’ tempo si, e’ spazio indefinito e non riconosco quel luogo ma e’ come fossi li’ da sempre, come se ogni motivo fosse spiegato nel convergere, come domande placate da onniscienza, come tempesta su foschia.
Rovine al tramonto ed e’ maestoso spettacolo, immenso nella forza dei secoli e so che come marmo e’ destinato a durare, resistere, oltre me, oltre tutto quanto.
L’intorno si ferma e posso lasciarlo li’ perche’ il movimento e’ spreco d’energia, gesto finalizzato a ricerca e la ricerca e’ conclusa vanificando moto, spostamento.
Stasi finalmente come effetto e non causa, immobile e sensibile ad ogni spostamento, meritato riposo anche solo per pochi minuti.
Si, poco tempo davvero perche’ e’ ora di andare verso quel sole oltre le rovine, afferrarlo prima che sparisca del tutto, tra le mani conservarlo e poi non so, oltre non oso e la fantasia non ha forza per spingersi ancora piu’ in la’.
Sogni limitati per evitare dolore, perche’ l’impossibile sia sprono e non frustrazione, perche’ le onde fredde possono anche uccidere.
Ho questa visione pero’ e fronteggio il mare con gioia, tra schiuma e ombre tiepide in un impatto che non fa male perche’ niente puo’ piu’ avvenire senza controllo di una vita cosi’ come e’, cosi’ come dovrebbe essere e li’ al centro, avendo tutto cio’ che desidero allora non potro’ piu’ cadere, piu’ ferire, mai piu’ chiudere gli occhi…
Occhi stanchi di fissare orizzonti fermi
come se non ci fosse neanche il tempo di dover rincorrere
Certe volte anche un soffio di vento
cambia il corso delle cose

Dipendere

Testardo ed arrabbiato, refrattario al buon senso e conoscere aggrava, sincretica percezione quando sarebbe cosi’ semplice, maledettamente semplice.
La chiamo autodistruzione, accezione debole ma reale a partire dall’inutile presa di coscienza che non conduce a nulla, nulla di significativo, nulla che davvero cambi qualcosa.
La chiamo volonta’, mancanza d’essa, comodo rifugio perche’ comoda la vita e’ nella tana dei propri umori e ricevere e’ pagamento dovuto e meritato.
La chiamo rabbia, rabbia inutile in inutile bersaglio, frustrazione che fugge con ogni mezzo, questo incluso, mefitico sfogo maldirezionato eppure necessario, prezzo che non serve pagare ma meglio dell’immobilita’ assoluta.
La chiamo stanchezza, conseguenza di spirali e vortici e capitomboli e sorrisi smaglianti e menzogne su quanto non s’e’ mai capito, mai accettato, mai desiderato, trappola nota ma una scodella non avvelenata e’ gia’ vittoria e guadagno.
La chiamo incomunicabilita’, maledizione di parole su strade sbagliate, groviglio di pensieri ed emozioni che non si sbroglia nella matassa di frasi sensate, paura, paura, paura del troppo e del troppo poco, misura mai acquisita, mai imparata e oramai e’ tardi se non nella speranza di chi sa sentire, leggere oltre grammatica e sintassi.
Ora la luce si spegne e ancora ricordare, ancora sperare, ancora rami veloci a salutarmi e resto a cavallo di ieri e di domani perche’ qui e ora non c’e’ nulla che possa chiamare casa, con gioia esclamare di essere arrivato.
Si, il viaggio e’ nel percorso e non mi sono fermato, non mi fermero’ e’ che non mi sento ancora pronto, non pronto del tutto…
I’ll always be hunting high and low
Hungry for you
Watch me tearing myself to pieces
Hunting high and low

Malgrado il verde

Immagini da concerti non troppo lontani ma non c’e’ rimasto abbastanza ritmo nel braccio, non abbastanza forza per spremere almeno un po’ d’adrenalina.
Chitarra acustica e forse dovrei abbandonarmi un po’ se potessi fermarmi davvero e non parvenza di calma nemmeno esteriore.
E’ quando girare a vuoto stanca caricando peso dell’inutile e cio’ che fa piu’ male e’ stornare dare con avere mediandolo con quanto rimane del giorno e immeritatamente i conti non tornano.
Scaricare inutile vivere su chi non merita aggrava e insopportabile fardello peggiore delle forze necessario a sostenerlo e ammetto vorrei fuggire qualche ora da me stesso.
No, non e’ codardia, necessaria ricarica che vorrei fosse di orologi senza lancette, silenzio totale e oceano di luce da smorzare con parole scritte dalle quali imparare, divertirsi, emozionarsi.
Sono banale e retorico, un po’ compiaciuto magari ma la mia supernova e’ composta da vento caldo e luogo in cui nessuno domandi e con nulla da domandare, contemplazione di bianche macchie fino a non poterne piu’, sino a stancarmi di cio’ che intimamente non desidero.
Poi cosa sono i desideri se non stupidi clown capaci di nascondere piccole verita’ dentro grandi menzogne, veloci salti per celare copiose lacrime, illusioni peregrinanti, apolidi bisogni di giorni in cui desiderare aveva ancora un senso.
Poi che senso ha desiderare se gia’ ogni desiderio appartiene a queste mani che non sanno piu’ afferrare, sfiorare, accarezzare, solo distruggere, tremanti artigli fatti da carne, ossa e frustrazione.
Io sono solo questo e se ho da offrire di piu’ allora c’e’ un tempo lontano da raggiungere, terra di minimalismi e semplici ieri perche’ l’oggi appartiene a domini a me ancora sconosciuti…
When I was younger, younger than before,
I never saw the truth hanging from the door.
And now I’m older, see it face to face.
Now I’m older, gotta get up, clean the place.