Senso possibile

Seduto sul bianco e voci entusiaste accompagnate sul fruscio, sul sussurro del tempo che scorre, della vita che passa, del bisogno che resta.
C’e’ un punto rosso in lontananza, plastica sottile che anela liberta’, che teme liberta’ nel suo vincolo che e’ catena e salvezza, indeciso su sorte comunque incerta, mai sicura.
Cos’e’ la sicurezza in fondo se non stanza imbottita ed indolore, senza finestre ne’ vie di fuga, cibo riscaldato sempre nel piatto e acqua tiepida di nulla sapore.
Seduto osservo curioso, compassato ma non serio ripenso a quanto sto vivendo e non riesco a farlo completamente mio, non attribuisco il giusto senso dell’epico, dell’eterno ricordo e passa piu’ freddo di quanto vorrei.
Sono solo e dispiace pur sapendo sia giusto cosi’ ma c’e’ una luce che penetra le coltri e riscalda nel vento pungente, c’e’ aria di festa terminata ma la pace che segue e’ mia, solo mia.
Difficile non desiderare altro tempo cosi’, altro vento cosi’, ulteriore occasione di guardarsi dentro, guardarsi davvero e per una volta il cielo come specchio, l’onda come coscienza, il desio della stagione che muore come confidente.
Occasione per non barattare il presente con l’illusione di sempre, delusione fatta infine leggero fumo da spazzare con battito di ciglia e non precipitare ancora, non svegliare sensazioni solo ipotizzate, vaneggiate come leggende di dimensioni dimenticate dal tempo e da Dio.
Ora ricordo, forse comprendo davvero, forse sono troppo stanco per non voler vivere…
I’m just the pieces of the man I used to be
Too many bitter tears raining down on me
I’m far away from home
And I’ve been facing this alone for much too long
I feel like no-one ever told the truth to me
About growing up and what a struggle it would be
In my tangled state of mind
I’ve been looking back to find where I went wrong

Verita’ ultima

Impossibile ruotare, inaccessibile sequenza di immagini e sorrisi ma ancora di piu’ profonda e orrenda, no ridicola la mia incapacita’ di esprimermi, di realizzare, di gratificare, soddisfare, solo pronunciare.
Io sono il mio grottesco buffone, pantomima d’inesplicabile e ingiustificata presenza, impalpabile cuore in fumo di pensiero e non c’e’ ragione, nessuna diversa ragione.
Poche parole replicate ed e’ osservarsi osservato, sottospecie di vita, di felicita’, di essenza da centellinare mentre v’e’ un cosmo da spendere.
Sento di perdere terreno e nulla ha piu’ valore quando il valore si misura in intenzioni e non in gesti, pensiero e non abbraccio.
Capisco sempre meno, giro attorno alla coda come se quanto e’ trascorso avesse colori piu’ vividi, forme piu’ definite, soggetto che non sia coacervo di parole e concetti frammezzati da caos e desolante banalita’.
Inseguo ombre abbandonando la strada maestra, demolisco alte mura quando porta conduce a lucente verita’ a due passi da questi occhi che rimangono socchiusi per non apprendere, per timore di spazio che vorrei percorrere ma non posso.
Potere, desiderare, assenza di suono e tragica consapevolezza di aver smarrito l’attimo, ancora una volta arretro e cedo il passo innanzi alla semplicita’ che non so cullare, non riesco a stringere forte se non come ricordo freddo ed abbandonato, lacrima asciutta in cui immergo malinconie e gioie, consolazione di cio’ che non ho avuto e che non ho saputo amare abbastanza.
Toccami, magari solo in sogno
soffia
sussurra un’altra volta: vivi
io lo saro’
Guardami, tra le nuvole e i veli
soffia
sussurra un’altra volta: “vivi”
io vivro’

Prospettiva di sole

Congelo il frammento di selce e l’osservo come diamante purissimo.
E’ vaso di cristallo che si ricompone innanzi ai miei occhi perche’ controllo e gestisco cicli, stagioni, emozioni, sensazioni, bisogni.
Il tunnel e’ serpente finito, mutante e sfuggente, senza logica, senza criterio ma lo schema pare ora noto, la matrice definisce ed esplica grondanti significati, sfuggevoli brame, intricate trame, pelle squamosa di alieno esistere.
Referenziare oggetti e strutture ed e’ talmente semplice nella teorica costruzione che il come pare non esistere, non sussitere, non vagabondare per anfratti umidi urlando e battendo i piedi, strillando immonde ed arcane maledizioni che scuotono monti e cieli, sprofondano abissi e distruggono mondi.
Mi ripeto che son mezzi da capire, dominare e il controllo e’ semplice se puo’ bastare il cuore, la passione, l’anima, le ossa.
Poi non basta, non basta quasi mai e vecchi valori che dovrebbero appartenermi spingono forte nei bisogni ma e’ materia e rifuggo cio’ che incorporeo non e’, inseguo l’eterno alternarsi di luci e ombre chiudendo gli occhi e lanciandomi nel vuoto, gettando alle spalle quanto non appartiene.
Binari scomposti, divergenti e diversamente distanti e non e’ semplice seguire, impossibile non cadere e non rimpiangere terra e banale tranquillita’ ma i polmoni respirano aria, gambe nate per volare non accettano, non comprendono, non s’arrendono.
No, io vado avanti…
Yesterday all my troubles seemed so far away
Now it looks as though they’re here to stay
Oh I believe in Yesterday
Suddenly, I’m not half the man I used to be
There’s a shadow hanging over me
Oh Yesterday came suddenly

Ieri

Mi aggrappo agli oggetti, alle fotografie, ai filmati, ai ricordi, alle spirali di cielo e d’azzurro, onde grigie di madreperla vestite.
Fetale posizione perche’ nulla deve fuggire, immagini circondate da oro e diamanti, tra me e l’io, immobile, terrorizzato, incapace di reagire alla perdita, alla dipartita.
Non so chi sono ma so cio’ che desidero e so che non so conservare, non so coltivare, non so soddisfare e mantenere ed e’ sempre paura di perdere, orrore d’abbandono e questo e’ l’antro oscuro dal quale mai sono fuggito, illusione di fuga tramutata in contemplazione di stelle vicine come fossero lontane universi interi.
Non so chi sono ma i desideri sono li’ a un giro di ruota, rassegnato e contento d’esserlo nella codardia della gioia, della gloria, del lampo che illumina e ristora.
Mi senti?
Lo sai che mi sono fermato lungo la strada perche’ era inutile correre oltre.
Potrei camminare ma non ne sono capace e scelta e’ tra la polvere e il vento e rimane la sola promessa di non distogliere piu’ lo sguardo quando basterebbe solo sorridere, lo so, lo so bene.
E allora mi aggrappo agli oggetti, alle fotografie e ai filmati scorporando le emozioni dalle sensazioni, dove io non io ma come dovrei e basta essere solo meno stupidi, meno egoisti e pavidi per vedermi a ruoli invertiti perche’ miei sono occhi bassi nel cielo terso, nell’aria fresca.
Io stagnante e malsano mi circondo di macerie che chiamo casa e m’innalzo orgoglioso tra crepe e macchie umide nel mefitico niente e ancora vuoi accarezzarmi…
Voi, voi che noi amiamo. Voi non ci vedete, non ci sentite.
Ci credete molto lontani eppure siamo cosi’ vicini.
Siamo messaggeri che portano la vicinanza a chi e’ lontano,
siamo messaggeri che portano la luce a chi e’ nell’oscurita’,
siamo messaggeri che portano la parola a coloro che chiedono.
Non siamo luce, non siamo messaggio, siamo i messaggeri.
Noi non siamo niente. Voi siete il nostro Tutto.

Fosse principio

Ordinario nello straordinario e mi sorprende, mi piace e penso e ricordo e immagino e continuo a cercare risposte a domande che sono stanco di pormi.
Si dimentica ed e’ soluzione ma non per fuggire, non per sopravvivere e assenza di considerazione e’ gia’ azione pura intrapresa liberamente e scientemente.
Mancano i fondamentali, alternative affascinanti pero’ e distinguere non e’ male, non e’ assurdo esercizio mentale, non e’ inutile movimento.
Ricordi o esigenze e gia’ anomalo quesito del quesito, incontro e incrocio d’interpretazioni equamente giuste, definizioni precise e non banali, distribuzione ordinata di verita’ ed e’ cio’ che confonde.
Limpide acque rifrangono il fondo, distorsione come prezzo di chiarezza, paradosso con cui convivere quando nera e compatta superficie semplifica e forse non mente, non mente affatto, non quanto potrei aspettarmi.
Poi e’ inutile scrivere perche’ cio’ che bramo ha prezzo e peso che non voglio sopportare e la domanda e’ perche’ non cosa.
Solo inerzia da combattere ecco quanto differenziare tra desideri e necessita’ e si, anche futuro a cui pensare e strane soluzioni che sorgono spontanee, inattese e tranquillizzanti quando non dovrebbero.
Io sono e non ero, forse basta questo perche’ ho gia’ visto e sono fuggito, ho gia’ provato e non ho resistito e radici guidano, conducono, sorvegliano e so hanno ragione, so non sbagliano ma conoscere non e’ convincere ma anche convinzione e’ statica e malsana condizione quindi dubbio e’ forza, dubbio e’ evoluzione, dubbio e’ esistere e resistere, dubbio potrebbe essere la parte migliore di me.
The dawn opened the play
Waking the day
Causing a silent hooray
The dawn will break another day
Now that it’s done
Are we going to see the reason why I’m here

Non si puo’ fermare

Quelle due parlavano di qualcosa, qualcuno, forse di me ma io ero cosi’ lontano e vicinissimo, a pochi metri da li’.
Sentivo l’odore intenso della salsedine trasportata dalle grida di qualche bambino, dalle ciabatte trascinate da gambe pesanti, dalle macchine per caffe’ dei mille bar a pieno regime.
Auto lente, circospette alcune, nervose altre, troppo presto per chi lavora, troppo tardi per chi cerca un ombrellone e intanto il sole infieriva di gia’ su tutti quanti.
La pasta tra le mani era deliziosa, quanto di meglio avessi mai mangiato in tutta la vita e non sapevo come avrei potuto fare per arrivare a sera, per non crollare, per impedire al cuore di esplodere.
Non ho mai chiuso gli occhi perche’ volevo vedere ogni particolare, fotografare il momento che mi sarei portato dentro perche’ sapevo che sarebbe rimasto con me.
Ci sono occasioni in cui affrontare i propri demoni, altri in cui accettare la sconfitta ma altri ancora dove farseli amici.
Si, si puo’ essere amici dei demoni ma c’e prezzo da pagare, pezzi di anima da sacrificare, tributo alla sopravvivenza, alla paura, alla resa e qualcosa e’ li’ rimasto, pegno per essere forte, per avere un nuovo giorno e un altro ancora e smettere, smettere, smettere di udire l’eco del vuoto dentro allo stomoco, nel petto, cuore senza battiti e filo d’aria nei polmoni.
Volevo restare, restare li’ ma non potevo, non potevo perche’ non avevo un solo posto in cui morire, tantomeno vivere e me andai e lo feci chissa’ come sorridendo e non so come riuscissi a porre un piede davanti all’altro, a gestire un solo minuto in piu’ lontano, lontano da quel luogo.
Scrissi di quei giorni, di quel giorno e manca forza per rileggere, ripensare, riflettere.
Non voglio, non riesco ad affrontare nuovamente quelle ore, quegli istanti e… no, non posso pensarci, no e non importa se ne e’ valsa la pena, il coraggio oggi non vale quello che ebbi.
Da allora ogni anno torno in quel bar e continuo a pagare il fio di aver combattuto e vinto, non senza perdite, non senza dolore, non senza pupille dilatate e voglia di capire fino a che punto ho bruciato la vita, dilaniato l’anima, venduto il sorriso.
Lo puoi vedere anche nei film, che per amore non puoi morire
Ma puoi soffrire anche cent’anni, senza capire perche’
Le scene perdono colore, e il freddo arriva alle mani
Resti da solo nel silenzio, per raccontarlo anche a Dio
Senti che tutto quello che hai ti scappa via in un minuto
e non capisci perche’ vorresti andare via
poi le tue lacrime in un gesto si fermano in un respiro
e non vedi piu’ niente, non puo’ finire qui.
Rimani come un bambino seduto davanti a un televisore
tu non capisci cos’e’, l’amore.

Entrare senza uscire

In certi periodi, in certi giorni, il tempo si piega e forma onde sovrapposte, identiche nel flusso e nella sostanza.
Piccole differenze, minuscole difformita’ che non servono, non contano, sbavature che accentuano senza sminuire, immagini sfalsate dalle giuste forme e contorni multicolori.
Viali alberati che percorro sempre piu’ velocemente e risplendono nell’aria fresca, nelle nuvole bianchissime e ora posso guardarle, gustarle persino.
Ci sono stati giorni di rabbia, corpo che esplode e mente confusa, pensieri sbandati da controllare, da frenare, da amministrare.
L’estate fu pregna di emozioni, troppe emozioni, troppi accadimenti da gestire e non so, non so davvero come feci, dove trovai la forza di resistere, di controllare, di controllarmi.
Quegli alberi stanno sempre li’, osservano e chissa’ se tra i rami e’ rimasta un po’ di confusione e rabbia, ondeggiare di foglie e destini come se nulla e tutto raccolti in abbraccio raccontassero storia fantastica, lontana e vicinissima, vita senza fantasie, fantasia fatta vita.
Poi merito l’oggi anche se l’oggi non merita me, battaglia per prendere cosi’ poco ma anche questo e’ privilegio di chi osa, di chi vince combattendo rischiando tutto.
Tutto o troppo e non e’ punto di vista, ancora il sangue ribolle, il sangue brucia come lava nelle vene e ancora c’e’ qualcosa che urla ed ha paura, cicatrici infiammate che e’ bene ignorare, non guardare, non ascoltare, mai dimenticare pero’, mai…
Il profumo dei tuoi capelli rende primavera
quest’inverno le foglie non cadranno
e tu non sarai sola
per cercare te stessa tra
le note di una viola.

Megafono

Le parole corrono e sembro fermo, immobile in devoto silenzio e cosi’ e’ innanzi ad esse ma dentro qualcosa saetta, inaspettatamente turbano e volgono lo sguardo in direzioni dimenticate, addormentate e io con loro.
Tutto inizia con la ricerca, col sapere, con l’immaginare, forse col sognare, illudersi e sperare.
Perfetto imperfetto o forse illusione di perfezione e non conosco epilogo o requie se le risposte tardano ad arrivare.
Risposta o modesto accontentarsi, buon viso a gioco meno buono ma non sono convinto, semplicistica ragione, unica ragione e confondo, mischio, amalgamo perdendo senso, tessuto robusto ed avvolgente.
Le parole, frasi intervallate e misteri che si schiudono su altri misteri, domande che pongono altre domande e fa parte della magia in fondo, arcano a cui si crede sempre di dare risposta ma le risposte sono passi nella direzione sbagliata e i quesiti spinte propulsive direzione impossibile, impensabile.
Per questo ho persino timore di scoprire, svelare ma come falena le luci soffuse mi attraggono e la vita e’ piccolo prezzo.
Non imparo, non imparo mai e quanto e’ inutile eppure esaltante, nuova alba dopo troppi seppur magnifici tramonti ma oltre le due dimensioni ci sono cieli, montagne, oceani e scogliere e preferire illustrazioni non e’ neppure giusto, nemmeno sensato.
Le parole, in quelle parole c’e’ aria, acqua e rocce, lontane, ancora troppo lontane ma sta iniziando ad essere bisogno, bisogno piu’ che piacere e piacere e’ gia’ benedizione.
Micro waves me insane
A Blaine cuts in your brain
Sounds like forks on a plate
Blackboard scratched with hate
I’ve seen what you’re doing
Destroying puppet strings
To my soul

Spostare tutte queste ore

Cielo incerto, incerti bisogni, fulgide prospettive, ego gonfio ed irrorato di colori e curiose eventualita’, rapide selezioni di schegge a divenire.
Il volo e’ basso ma veloce, rasosuolo per meglio visualizzare, memorizzare e forse decidere anche se tutto e’ deciso, ogni tassello inquadrato senza errore, senza timore.
Non e’ contesto che genera fantasmi eppure io conosco, ho frequentato quelle stanze con troppa o poca luce, finestre spalancate oppure sigillate nel loro carico di muffe e polveri.
Basta una sola frase, domanda sbagliata, sbagliata risposta e come cambia quell’azzurro di pochi istanti prima, quella terra di morbide piume che diviene dura roccia.
Non stasera no…
Metarfosi non e’ se la prospettiva e’ scusa da accettare senza riserve, esitazione alcuna e le parole non semplificano troppo, scorrendo lente, attrito di giorni che non conducono esattamente dove si vorrebbe.
E’ che mi sento insolitamente freddo quando non dovrei, piccola resa che accompagna passi incerti donando forza e consistenza in futuro a cui non so attribuire colore o contorno.
Tuffarsi in altri mari, verde e calda acqua, separare, separare e non raccogliere, non possedere, non accumulare e accatastare meno possibile, piu’ lontano possibile, nel salone in cui non entrare, non vedere, neppure contemplare.
Conti da farsi e non c’e’ modo di fuggire o forse e’ nel tentativo il successo, la speranza, la possibilita’ e sognare lidi vicini gia’ e’ piu’ che eventualita’, forse e’ direzione.
Zero

Separare

L’immagine e’ precisa, netta, definita nella massima, migliore risoluzione possibile.
Imbastire ricordo e non fantasia e forse e’ proprio cosi’ perche’ la fantasia centra poco, la fantasia e’ un gioco che adesso non serve.
Ho visto ed assimilato, anche mediato, si mediato e non c’e’ nulla di male in questo se unire differenti ricordi, differenti segmenti, tessere di unico quadro, di sola immagine ma assolutamente reale.
Reale come immagine patinata comunque esistita, sempre presente, non mentire nel dire ambita.
So di maturita’, di strette di mano, di abbracci che non soffocano, di parole in transito tra voglia e piacere, incontri come occasione senza noia obliterata.
Io conosco, io so, io vedo, io non ho dubbi e non c’e’ invidia ne’ inutile bramosia, certo riflessione, certo sincera ammirazione, forse perplessita’ su tanta divergenza e qualche domanda d’impossibile risposta, corsa inversa e divergente di tachioni e tutto cambia, inaspattatamente ed imprevedibilmente.
Cosa nasce e cosa muore, mutaforma mascherato da pietra e senza troppi rimpianti non declino all’impossibile e mi circondo di reale, presente senza cadere in trappole mentali, in buche profonde come il passato che non e’ mai esistito.
Hey look, it’s a long lost horizon
Private oceans you can surface a sunrise in
Hearts well ? dodging logic
But nevertheless still permanently surprised