Un tempo i divani erano lisci e marroni, luci bianche e gialle, strane forme, normali forme dicevano, morbido camminare e non capivo l’orgoglio di caldo suolo che in fondo scaldavano giochi e poco altro.
Riconosco chiarore bianco e grigio, non c’e’ stato un sole migliore in tutta la mia vita, rovente tra mani e affondare dolce, mondo dietro, protezione e unita’ seppur qualcosa viscido strisciava, qualcosa non funzionava e mai ha funzionato se ben ci penso ma ora che importa in un sogno passato pieno di chiarori bianchi e grigi.
Ecco che immagini ruota e il suono, si il suono ruota con esse e quella danza prende anche me trascinandomi e gioendo mi stringe nell’unico abbraccio che mai ha avuto senso ricevere, che forte non ho dimenticato e negli anni ho seppellito sotto roccia e ghiaccio, celato nelle nebbie e nell’imbrunire di un sole sempre piu’ pallido e morente.
Poi mescolo realta’ e fantasia, turbino come girandola impazzita, incontrollabile, ingovernabile, ignorando nuvole e strapiombi tanto e’ uguale, comunque e’ precipitare in diverso orrendo spazio e cio’ che resta e’ rabbia fin troppo espressa, rancore tanto orrendo da esprimersi con silenzi e sorrisi, massima indifferenza di cuore pietrificato, cervello lontanissimo di un eventuale futuro che non puo’ essere, che non vuole esistere ed indifferente vaga nella terra di probabilita’ derise e gia’ dimenticate, solo dedotte tra noia e stanchezza.
In fondo quelle luci ruotavano talmente veloci da non essere dimenticate, canzoni incastrate in inconscio tormentato da parole incomprese fino a nuove notti, stelle che solo ora scorgo, sempre meno conto, di soppiatto spio, in silenzio prego che portino lontano i ricordi, queste mani protese, dita nervose, carne stanca.
Autorizzo occhi a guardare altrove perche’ si resta o si muore, letto immutato non ha gambe per accogliermi e sempre meno ad esso declino sorrisi perche’ corsa e’ gia’ iniziata, fine preannunciata e se restasse infine una sola canzone allora sarei arrivato, sempre che sia mai partito.
Cambiare direzione
E farsi una ragione
Che quello che non sei
Non diventerai
Fine della storia
E se non hai memoria
Ora sai non mi troverai
Cambio direzione
Diavoli e alieni
Quattro piccole ruote, latta o alluminio non so, poca energia quanto basta per essere lenti ma non immobili.
Corro, tanto non ho niente di meglio da fare, non ho voglia di ascoltare voci o vento, l’asfalto mormora e sussurra se pizzicato ma oggi tace e i kilometri non raccolgono, non concentrano, non compattano e perche’ correre, perche’ quindi non aprire un poco il cuore, sentire altri suoni, ascoltare altre luci affinche’ frequenza divenga nota, accordo, sinfonia.
Rallento e l’egoismo si gonfia come petto d’aria inspirata, paradiso, paradiso, paradiso ecco io ti merito, quindi c’e’ un cuore, forse sono buono, si sono buono, si sono buono, sono, forse ero, ora m’annullo e osservo.
Quattro piccole ruote, latta o alluminio non so, poca energia quanto basta per essere lenti ma non immobili e dietro, in mezzo una vita intera che passa lenta ed osservo svuotandomi passo per passo e come un guscio forte fuori e vuoto dentro respiro piano per riempire un vuoto, per comprendere un vuoto, per imparare dal vuoto.
Poi si ferma, si gira e la testa si piega appena e quella vita e’ la mia vita, e’ tutto cio’ che non ho avuto, che mai imparero’ a conoscere e scoprire che la dignita’ corre piu’ veloce di gambe, motori, reazioni e reattori e in essa ci si perde e lentamente si affoga, fiato trattenuto, fondo trascinato e buio e paura e non riesco e non posso e non ce la faccio, non oltre, non ancora e alla fine, alla fine ritrovarsi nuovo respiro e anche il mio capo accenna un grazie, il mio grazie, il solo grazie che un senso puo’ regalare e riemergere volendo restare, volendo fermare la corsa, interrompendo la strada, zittendo l’asfalto, placando il dolore, lasciandosi dietro, rimanendo indietro, perdendosi indietro.
Non ho voglia di ripartire, ma lo faccio e non fa neppure troppo male, non resto li’ a pensare, non voglio in fondo neppure restare perche’ in certi luoghi si sta e si va nel contempo e senza confondersi, senza rimpiangere, senza rimpiangersi, piu’ pesanti e piu’ leggeri, confuso ma non spaventato, vita sottratta al prezzo di un sogno in meno per un ringraziamento in piu’.
(nessuna canzone perche’ questa canzone e’ mia, questa canzone e’ per chi ha una vita dietro quattro ruote e un po’ di latta, per cio’ che ho perso negli anni che verranno, per cio’ che ho avuto…)
Corro, tanto non ho niente di meglio da fare, non ho voglia di ascoltare voci o vento, l’asfalto mormora e sussurra se pizzicato ma oggi tace e i kilometri non raccolgono, non concentrano, non compattano e perche’ correre, perche’ quindi non aprire un poco il cuore, sentire altri suoni, ascoltare altre luci affinche’ frequenza divenga nota, accordo, sinfonia.
Rallento e l’egoismo si gonfia come petto d’aria inspirata, paradiso, paradiso, paradiso ecco io ti merito, quindi c’e’ un cuore, forse sono buono, si sono buono, si sono buono, sono, forse ero, ora m’annullo e osservo.
Quattro piccole ruote, latta o alluminio non so, poca energia quanto basta per essere lenti ma non immobili e dietro, in mezzo una vita intera che passa lenta ed osservo svuotandomi passo per passo e come un guscio forte fuori e vuoto dentro respiro piano per riempire un vuoto, per comprendere un vuoto, per imparare dal vuoto.
Poi si ferma, si gira e la testa si piega appena e quella vita e’ la mia vita, e’ tutto cio’ che non ho avuto, che mai imparero’ a conoscere e scoprire che la dignita’ corre piu’ veloce di gambe, motori, reazioni e reattori e in essa ci si perde e lentamente si affoga, fiato trattenuto, fondo trascinato e buio e paura e non riesco e non posso e non ce la faccio, non oltre, non ancora e alla fine, alla fine ritrovarsi nuovo respiro e anche il mio capo accenna un grazie, il mio grazie, il solo grazie che un senso puo’ regalare e riemergere volendo restare, volendo fermare la corsa, interrompendo la strada, zittendo l’asfalto, placando il dolore, lasciandosi dietro, rimanendo indietro, perdendosi indietro.
Non ho voglia di ripartire, ma lo faccio e non fa neppure troppo male, non resto li’ a pensare, non voglio in fondo neppure restare perche’ in certi luoghi si sta e si va nel contempo e senza confondersi, senza rimpiangere, senza rimpiangersi, piu’ pesanti e piu’ leggeri, confuso ma non spaventato, vita sottratta al prezzo di un sogno in meno per un ringraziamento in piu’.
(nessuna canzone perche’ questa canzone e’ mia, questa canzone e’ per chi ha una vita dietro quattro ruote e un po’ di latta, per cio’ che ho perso negli anni che verranno, per cio’ che ho avuto…)
Innovazione e supremazia
Potrebbe sembrare universo in continua contrazione o infinita espansione, che differenza fa in fondo, che potrebbe cambiare nei giorni piu’ corti del futuro opaco e grigio come polveroso fantasma stanco di spaventare e urlare e sbattere inferiate nella sottile necessita’ di esistere ancora un poco, ancora un minuto, sempre un minuto di troppo.
Non so se ho scelto, non so se sono stato scelto, non conosco il momento e neppure il giusto sentimento, negazioni forse pari, forse dispari, forse nel candido e profondo sospiro di un sogno che non ho voluto mi accompagnasse nei giorni, nelle notti, nei passi pesanti, dietro le porte che si chiudono con facile noncuranza, con voluttuoso gesto, artistico sorriso di morte e desolante divertimento.
Oggi e’ giusto, oggi e’ sbagliato, oggi ho troppa forza, esigenza di qualcosa che renda migliore e unico cartone pieno di fumante cibo come fosse il solo nutrimento possibile e forse lo e’, che lo sia quando si vuole dimenticare mentre si vaneggia logica distorta, concetto piegato, pensiero spezzato.
Gia’ spezzato e se invero fosse sapore d’urlo che ho dimenticato d’assaggiare tra neve ed asfalto, tra cicale e polline e che sapore avrebbe avuto, che gusto non ho apprezzato e rido dicendolo e calcio porte e mobili e dita sanguinano, polmoni strillano a chi, per cosa nel senso compiuto di rispettoso ascolto, mesto addio.
Nuvola e nuvola sia, vento e che bruci via affanno e pietoso arrendersi ma io c’ero, io non ho visto, io ho saltato corpi ed ostacoli e niente, niente risuona nel giusto modo nell’inutile vastita’ del futuro negato e al diavolo cio’ che striscia perche’ di terra si nutre, di sporcizia e pensieri cattivi s’inebria.
Poi c’e’ un cielo e quel cielo e’ colmo di quell’azzurro, onde di luce e sotto il blu dell’alba tutto potrebbe cambiare lo so, ogni ora dimenticata avrebbe un senso, non definisco ma qualcosa potrebbe compiersi, liberarsi, persino volare e perche’ no, vivere in eterno.
I told you
That we could fly
‘Cause we all have wings
But some of us don’t know why
Non so se ho scelto, non so se sono stato scelto, non conosco il momento e neppure il giusto sentimento, negazioni forse pari, forse dispari, forse nel candido e profondo sospiro di un sogno che non ho voluto mi accompagnasse nei giorni, nelle notti, nei passi pesanti, dietro le porte che si chiudono con facile noncuranza, con voluttuoso gesto, artistico sorriso di morte e desolante divertimento.
Oggi e’ giusto, oggi e’ sbagliato, oggi ho troppa forza, esigenza di qualcosa che renda migliore e unico cartone pieno di fumante cibo come fosse il solo nutrimento possibile e forse lo e’, che lo sia quando si vuole dimenticare mentre si vaneggia logica distorta, concetto piegato, pensiero spezzato.
Gia’ spezzato e se invero fosse sapore d’urlo che ho dimenticato d’assaggiare tra neve ed asfalto, tra cicale e polline e che sapore avrebbe avuto, che gusto non ho apprezzato e rido dicendolo e calcio porte e mobili e dita sanguinano, polmoni strillano a chi, per cosa nel senso compiuto di rispettoso ascolto, mesto addio.
Nuvola e nuvola sia, vento e che bruci via affanno e pietoso arrendersi ma io c’ero, io non ho visto, io ho saltato corpi ed ostacoli e niente, niente risuona nel giusto modo nell’inutile vastita’ del futuro negato e al diavolo cio’ che striscia perche’ di terra si nutre, di sporcizia e pensieri cattivi s’inebria.
Poi c’e’ un cielo e quel cielo e’ colmo di quell’azzurro, onde di luce e sotto il blu dell’alba tutto potrebbe cambiare lo so, ogni ora dimenticata avrebbe un senso, non definisco ma qualcosa potrebbe compiersi, liberarsi, persino volare e perche’ no, vivere in eterno.
I told you
That we could fly
‘Cause we all have wings
But some of us don’t know why
Lessico infamigliare
Osservo piccola colonna d’acqua, perfetta, cosmico equilibrio, sobria forma che m’affascina come mai prima e non penso, non formulo grandi domande, allungo la mano e la temperatura e’ indefinibile ma esatta nell’avvolgere pelle e sensi, nervi come neve che saluta il mondo per farsi respirare e regalare un momento di vita in piu’.
Pelle che conosco benissimo e mi sorprende aver dimenticato cosi’ in fretta e cosi’ in fretta recuperato indifferenti anni incapace pero’ di scordare, di seppellire completamente ed e’ normale, naturale nell’ampia sua accezione.
Dove sono stato, fin dove mi sono spinto, non si esce dal proprio sangue, quasi mai, non del tutto, ignorare non cancellare e straniante confusione, capo leggero nella tempesta del tempo, nel vortice dei ricordi ma forse basta non perdersi tra terra umida e radici brune, filamenti aggrappati a fango e sabbia, foglie morte d’olezzo forte ma sono fine, sono inizio, nuovo cerchio, cerchio da spezzare pero’, da punire e far cessar di rotolare.
Rimuovere da dove si proviene e tramutare il presente in un eterno ieri, incerto domani senza guardare in basso perche’ immagini fluttuano e danzano e colpiscono forte, dolorosamente le braccia resistono poi colpiscono il vuoto e stanche s’accasciano, inutili gesticolano ed e’ battaglia d’intenzioni opposte ed incoerenti.
Ma c’e’ acqua e d’improvviso sono sereno e non mi riconosco piu’, piccolo trapasso che vede allontanarmi e in terza persona osservarmi, ridefinirmi e senza pregiudizi tracciare un profilo che giustifichi indifferenza laddove pieta’ o equivalente rabbia non scavano, neppure dimorano e cuore resta a guardare annoiato, un poco indispettito, timore di strane rivelazioni, inaspettate scoperte ma c’e’ accurato lavoro di costruzione, muro di mattone quotidiano, invincibile forse, impenetrabile si dice ma acqua e’ placida, acqua non dorme e colpisce pelle su pelle su pelle lasciando inalterata la convinzione che nulla possa piu’ accadere, niente sappia piu’ ferire, che da qualche parte sangue copioso scorra, illudendosi sia retaggio di pomeriggi antichi e non dolore futuro.
It’s been a long road
getting from there to here.
It’s been a long time
but my time is finally near
Pelle che conosco benissimo e mi sorprende aver dimenticato cosi’ in fretta e cosi’ in fretta recuperato indifferenti anni incapace pero’ di scordare, di seppellire completamente ed e’ normale, naturale nell’ampia sua accezione.
Dove sono stato, fin dove mi sono spinto, non si esce dal proprio sangue, quasi mai, non del tutto, ignorare non cancellare e straniante confusione, capo leggero nella tempesta del tempo, nel vortice dei ricordi ma forse basta non perdersi tra terra umida e radici brune, filamenti aggrappati a fango e sabbia, foglie morte d’olezzo forte ma sono fine, sono inizio, nuovo cerchio, cerchio da spezzare pero’, da punire e far cessar di rotolare.
Rimuovere da dove si proviene e tramutare il presente in un eterno ieri, incerto domani senza guardare in basso perche’ immagini fluttuano e danzano e colpiscono forte, dolorosamente le braccia resistono poi colpiscono il vuoto e stanche s’accasciano, inutili gesticolano ed e’ battaglia d’intenzioni opposte ed incoerenti.
Ma c’e’ acqua e d’improvviso sono sereno e non mi riconosco piu’, piccolo trapasso che vede allontanarmi e in terza persona osservarmi, ridefinirmi e senza pregiudizi tracciare un profilo che giustifichi indifferenza laddove pieta’ o equivalente rabbia non scavano, neppure dimorano e cuore resta a guardare annoiato, un poco indispettito, timore di strane rivelazioni, inaspettate scoperte ma c’e’ accurato lavoro di costruzione, muro di mattone quotidiano, invincibile forse, impenetrabile si dice ma acqua e’ placida, acqua non dorme e colpisce pelle su pelle su pelle lasciando inalterata la convinzione che nulla possa piu’ accadere, niente sappia piu’ ferire, che da qualche parte sangue copioso scorra, illudendosi sia retaggio di pomeriggi antichi e non dolore futuro.
It’s been a long road
getting from there to here.
It’s been a long time
but my time is finally near
Il chiuso esterno
Completa sincronia, totale distacco, lisergico momento di ghiandole e stanchezza, avvicino i suoni a me perche’ li voglio stringere, abbracciare, dedicare loro i miei sogni piu’ belli, gli incubi peggiori e instancabile racconto tra bisogni e pensieri che strappo violentemente dall’anima e con odio sfondo il loro grigio cuore nella speranza di rosso sangue, nel desiderio sadico e cattivo di tranciare braccia e gambe affinche’ non scappino piu’, non s’allontanino troppo da me e con me finiscano i loro giorni, le loro voglie, bisogni e necessita’.
Ascolto e sento e comprendo e mi domando se sia quella unica felicita’, sia l’eterno colore che ruota e si mescola dentro altro colore, dentro altro colore, dentro caleidoscopio di schermi e dentro forme e dentro suoni e dentro flauti meccanici eppur dolcissimi, stridore di denti morbidi ed avvolgenti e non provo dolore al tocco anzi calda sensazione di trovata meraviglia che meraviglia non e’, non dovrebbe almeno, non in questi anni di voli in cieli sempre piu’ aperti, sempre piu’ alti, d’aria rarefatta che da’ alla testa e leggeri ci s’innalza cantando le lodi di un tempo andato ma non dimenticato che vivo, che indosso nelle sere migliori, nel festeggiare cosmo mio solo e di nessun’altro.
Ero la’ ed ero bambino, ieri e oggi sul bordo ripido di nastro marrone e gia’ comprendevo ma non sentivo, oggi sento e non comprendo ma va bene cosi’, meglio e’ cosi’ se incantato non mi ribello e lascio fare, resto ad ascoltare e che altri osservino scritte d’ignota lingua da tutti compresa e da me solo ignorata quando non ho bisogno di capire nulla, non mi serve tradurre banale segno quando e’ il gesto che definisce e giustifica.
Forse e’ solo magia o un pezzo d’anima incastrata di colui che ha ridefinito i canoni della morte, ha saputo giocare con essa e vincere, vivendo perfetta dipartita, abbandonando il gioco quando ormai stanco e noioso, senza rimpianti, senza preghiere ma immerso in quei colori, nascosto tra le forme e schermi e caleidoscopi e flauti, si flauti dolcissimi…
Lime and limpid green, a second scene
A fight between the blue you once knew.
Floating down, the sound resounds
Around the icy waters underground.
Jupiter and Saturn, Oberon, Miranda
And Titania, Neptune, Titan.
Stars can frighten.
Ascolto e sento e comprendo e mi domando se sia quella unica felicita’, sia l’eterno colore che ruota e si mescola dentro altro colore, dentro altro colore, dentro caleidoscopio di schermi e dentro forme e dentro suoni e dentro flauti meccanici eppur dolcissimi, stridore di denti morbidi ed avvolgenti e non provo dolore al tocco anzi calda sensazione di trovata meraviglia che meraviglia non e’, non dovrebbe almeno, non in questi anni di voli in cieli sempre piu’ aperti, sempre piu’ alti, d’aria rarefatta che da’ alla testa e leggeri ci s’innalza cantando le lodi di un tempo andato ma non dimenticato che vivo, che indosso nelle sere migliori, nel festeggiare cosmo mio solo e di nessun’altro.
Ero la’ ed ero bambino, ieri e oggi sul bordo ripido di nastro marrone e gia’ comprendevo ma non sentivo, oggi sento e non comprendo ma va bene cosi’, meglio e’ cosi’ se incantato non mi ribello e lascio fare, resto ad ascoltare e che altri osservino scritte d’ignota lingua da tutti compresa e da me solo ignorata quando non ho bisogno di capire nulla, non mi serve tradurre banale segno quando e’ il gesto che definisce e giustifica.
Forse e’ solo magia o un pezzo d’anima incastrata di colui che ha ridefinito i canoni della morte, ha saputo giocare con essa e vincere, vivendo perfetta dipartita, abbandonando il gioco quando ormai stanco e noioso, senza rimpianti, senza preghiere ma immerso in quei colori, nascosto tra le forme e schermi e caleidoscopi e flauti, si flauti dolcissimi…
Lime and limpid green, a second scene
A fight between the blue you once knew.
Floating down, the sound resounds
Around the icy waters underground.
Jupiter and Saturn, Oberon, Miranda
And Titania, Neptune, Titan.
Stars can frighten.
Dolce, grande, immenso
Quasi impossibile restare, quasi brillare, quasi premere con dolce fermezza e se una volta illusione non fosse, se avvicinare il giorno non significasse evitare la notte anzi esaltarla nel pensiero di chi resta, di chi ha ancora una canzone da ascoltare, da vivere in questi giorni spesso uguali, fatti di piccole ore, persino gioie ma in fondo nulla sono i diamanti se smarriti in oceano di un tempo che non appartiene e non si vuole.
Divertimento di cio’ che resta e forse e’ cinico pensiero, banale rivincita ma e’ bene non dimenticare che qualcosa deve ergersi tra il nulla e il cielo, che vi sia una stele d’umana fattura, di un racconto che potrebbe persino piacere se raccontato, magari moda o colorata sequenza d’immagini di breve ma imperituro istante nel cosmo fantasmagorico d’elettrica esistenza, di vuoto reso pensiero, elevato brusio elettrostatico, scintilla ora solo moneta di nessun scambio.
Pero’ conosco, pero’ ho capito, pero’ so e so tutto ma non c’e’ piu’ vento che rinfreschi, nessuna mano che trattenga e implori tra l’egoismo di ruolo che ho rifiutato senza scuse, senza imitare il bisogno di vivere.
E’ forse un giorno speciale e se non oggi un altro oggi e ancora un altro, sempre malinconico guardare in tutte le direzioni, certo troppe, una in piu’ non c’e’ dubbio, una in meno e si complica un gioco che ho lasciato ad anni banali di caleidoscopico bisogno, di spazio ad un passo dalla porta, da una finestra sempre piu’ stretta e corta e opaca e fredda al tocco quando sfiorare e’ necessita’ di umano esistere.
Sento quell’orchestra ed e’ li’ fuori e qualcuno ha suonato, qualcuna ha cantato, altri hanno lasciato terreno e spazzatura ed io non ho coraggio, ancora non ho coraggio di abbandonare terra calpestata ed e’ freddo, e’ umido e sara’ sempre cosi’, sempre cosi’, sempre cosi’ e non importa cosa stia guardando, non serve alzarsi in piedi, non c’e’ un quando se tutti i forse stanno terminando e cosi’ rimango in attesa dell’odio, in attesa di niente che come un gesto cancelli universo intero.
You can say the sun is shining if you really want to
I can see the moon and it seems so clear.
You can take the road that takes you to the stars now,
I can take a road that’ll see me through
I can take a road that’ll see me through.
Divertimento di cio’ che resta e forse e’ cinico pensiero, banale rivincita ma e’ bene non dimenticare che qualcosa deve ergersi tra il nulla e il cielo, che vi sia una stele d’umana fattura, di un racconto che potrebbe persino piacere se raccontato, magari moda o colorata sequenza d’immagini di breve ma imperituro istante nel cosmo fantasmagorico d’elettrica esistenza, di vuoto reso pensiero, elevato brusio elettrostatico, scintilla ora solo moneta di nessun scambio.
Pero’ conosco, pero’ ho capito, pero’ so e so tutto ma non c’e’ piu’ vento che rinfreschi, nessuna mano che trattenga e implori tra l’egoismo di ruolo che ho rifiutato senza scuse, senza imitare il bisogno di vivere.
E’ forse un giorno speciale e se non oggi un altro oggi e ancora un altro, sempre malinconico guardare in tutte le direzioni, certo troppe, una in piu’ non c’e’ dubbio, una in meno e si complica un gioco che ho lasciato ad anni banali di caleidoscopico bisogno, di spazio ad un passo dalla porta, da una finestra sempre piu’ stretta e corta e opaca e fredda al tocco quando sfiorare e’ necessita’ di umano esistere.
Sento quell’orchestra ed e’ li’ fuori e qualcuno ha suonato, qualcuna ha cantato, altri hanno lasciato terreno e spazzatura ed io non ho coraggio, ancora non ho coraggio di abbandonare terra calpestata ed e’ freddo, e’ umido e sara’ sempre cosi’, sempre cosi’, sempre cosi’ e non importa cosa stia guardando, non serve alzarsi in piedi, non c’e’ un quando se tutti i forse stanno terminando e cosi’ rimango in attesa dell’odio, in attesa di niente che come un gesto cancelli universo intero.
You can say the sun is shining if you really want to
I can see the moon and it seems so clear.
You can take the road that takes you to the stars now,
I can take a road that’ll see me through
I can take a road that’ll see me through.
ā¦too few to mentionā¦
Un passo ed e’ un passo pesante di quelli che scuotono fronde di alberi contro tramonti incendiati, contro umani perduti e si scuotono le stelle al di la’ della luce, si frantumano pianeti color smeraldo, si aprono oceani e nuovi dei trovano dimora tra polvere e cenere e calce e cristallo a pezzi sotto piedi nudi.
Un passo ed e’ uno nuovo in direzione che non so, forse avanti, forse indietro, forse laddove non sono mai stato e non importa perche’ ogni luogo e’ sconosciuto, ogni salto ultimo che mai potro’ compiere e alla fine morte, in fondo vita, nel mezzo un eterno precipitare ed e’ quell’eternita’ a dare forza, a muovere muscoli, a rendere leggero corpo stanco, sempre piu’ stanco, sempre piu’ stanco, doppia voce, coro ed e’ innanzi e urla e soffoco e trovo un senso o mi pare forse di avere la chiave di una porta che mai ha sbarrato la mia strada eppure un giorno mi sono spostato o rimasto pietra, non so dirlo se buio e’ dentro, se buio e’ fuori, se tutto si mescola e confonde declinandosi in stanza di orologi fermi, di tempo assente, di canzoni immutabili, di vibrazioni tra ossa e stomaco e nessun pensiero, nessun dolore, ignorare, ignorare, evitare, salto in quella voce e se doppia diviene tripla, decuplica e sa Dio se solo fosse abbandono, se solo sapessi urlare cosi’ forte, cosi’ maledettamente bene da rendere ogni stanza di questo universo senza tempo, senza il consapevole lascito di umanita’ che ricordo di aver avuto, di aver amato.
Un passo e non li conto, non li definisco, non li catalogo in un quaderno rubato troppo tempo prima e che piu’ ho voluto ricreare, ripensare tra automobili squadrate e buffi capelli di casa che battezzo unica, sola perche’ li’ ho dormito, li ho mangiato, li’ smarrito e mai ritrovato e cio’ che ho chiamato maledizione invero ha forgiato acciaio e tagliente lama, niente s’avvicina, tutto sfugge spaventato ed indefinibile non lascia dormire, non fa parlare, solo ricordare, emozione che non son riuscito a contenere, a sorridere sopra, a dire di essere e di avere, cerchio mai chiuso ma del resto non e’ forse questa la vera eternita’?
What can I say
I don’t want to play anymore
What can I say
I’m heading for the door
I can’t stand this emotional violence
Leave in silence
Leave in silence
Un passo ed e’ uno nuovo in direzione che non so, forse avanti, forse indietro, forse laddove non sono mai stato e non importa perche’ ogni luogo e’ sconosciuto, ogni salto ultimo che mai potro’ compiere e alla fine morte, in fondo vita, nel mezzo un eterno precipitare ed e’ quell’eternita’ a dare forza, a muovere muscoli, a rendere leggero corpo stanco, sempre piu’ stanco, sempre piu’ stanco, doppia voce, coro ed e’ innanzi e urla e soffoco e trovo un senso o mi pare forse di avere la chiave di una porta che mai ha sbarrato la mia strada eppure un giorno mi sono spostato o rimasto pietra, non so dirlo se buio e’ dentro, se buio e’ fuori, se tutto si mescola e confonde declinandosi in stanza di orologi fermi, di tempo assente, di canzoni immutabili, di vibrazioni tra ossa e stomaco e nessun pensiero, nessun dolore, ignorare, ignorare, evitare, salto in quella voce e se doppia diviene tripla, decuplica e sa Dio se solo fosse abbandono, se solo sapessi urlare cosi’ forte, cosi’ maledettamente bene da rendere ogni stanza di questo universo senza tempo, senza il consapevole lascito di umanita’ che ricordo di aver avuto, di aver amato.
Un passo e non li conto, non li definisco, non li catalogo in un quaderno rubato troppo tempo prima e che piu’ ho voluto ricreare, ripensare tra automobili squadrate e buffi capelli di casa che battezzo unica, sola perche’ li’ ho dormito, li ho mangiato, li’ smarrito e mai ritrovato e cio’ che ho chiamato maledizione invero ha forgiato acciaio e tagliente lama, niente s’avvicina, tutto sfugge spaventato ed indefinibile non lascia dormire, non fa parlare, solo ricordare, emozione che non son riuscito a contenere, a sorridere sopra, a dire di essere e di avere, cerchio mai chiuso ma del resto non e’ forse questa la vera eternita’?
What can I say
I don’t want to play anymore
What can I say
I’m heading for the door
I can’t stand this emotional violence
Leave in silence
Leave in silence
Madre universo
Potrebbe essere un bar, forse un terrazzo troppo troppo caldo, magari una zanzara carica di terrore ed istinto e guardo, guardo, guardo senza ricordare ricordando troppo, confondendo si e che siano pochi i volti, pochi i passi, stanze piccole e soffocanti e fuggire, fuggire lontanissimo avvicinandosi al rancore, tenendo vicino ai pensieri il dolore, rabbioso rancore, silenzio umido e grigio, vicino, vicino ma lontano da cuore perche’ li’ cio’ che toglie sonno toglie vita e vitalita’, uccide con perfidia e noncuranza, merito e bisogno questa e’ la verita’ assoluta e incontestabile.
Voglia, voglia di dire basta ma non c’e’ urlo cosi’ forte da farsi udire laggiu’, laddove e’ andato perduto l’indefinibile senso del vivere e a ben vedere l’insostenibile peso di un treno che fischiando s’allontana e rammenta bar, terrazze, zanzare, terrori e solo l’istinto cambia in desiderio di fermarsi e non ascoltare piu’ nulla, nulla che piaccia e faccia ricordare.
Bisogno di distruzione, odori ed esalazioni difficilmente sopportabile, depressione della quale evito persino parola perche’ sintassi e’ concetto e concetto deve morire tra cenere e tizzoni gelidi e taglienti, alzare volume, alzare le mani, alzare sguardo su soffitto ogni giorno un po’ piu’ screpolato e cadente, curiosa similitudine d’occhi appannati e stanchi, certi giorni eccessivamente desiderosi di vento e sole, maggior parte d’altri notte e solitudine.
Manca un futuro a collegare bar, ad incendiare terrazzi, a cacciare zanzare e non c’e’ legame, non c’e’ desiderio di unire e su pagina bianca scolpire le parole “qui s’inizia” nel racconto senza autore da trovarsi piano piano, lentamente cercare, dolcemente scoprire ed infine abbandonare, abbandonarsi affinche’ si possa raccogliere ed essere lasciati in illusione d’eternita’ dovuta a cui tutti spetta fetta e medaglietta appuntata vicino al cuore, una piu’ grande su bicipiti roventi di forza e orgoglio, fantasia e speranza, accontentarsi e vincere, vincere sempre e se pavimento trema non farci caso, non pensare, non sentire, chiudere fuori tutto mentre c’e’ chi resta, c’e’ chi affronta il baratro del presente, ancora in piedi, ancora incosciente, ancora con giorno in piu’ da sottrarre, giorni in meno per restare, racconto che non diviene canzone, sorriso spento di sole che e’ stato, ha illuminato, ha cantato.
There’s something wrong with me chemically
Something wrong with me inherently
The wrong mix in the wrong genes
I reached the wrong ends by the wrong means
Voglia, voglia di dire basta ma non c’e’ urlo cosi’ forte da farsi udire laggiu’, laddove e’ andato perduto l’indefinibile senso del vivere e a ben vedere l’insostenibile peso di un treno che fischiando s’allontana e rammenta bar, terrazze, zanzare, terrori e solo l’istinto cambia in desiderio di fermarsi e non ascoltare piu’ nulla, nulla che piaccia e faccia ricordare.
Bisogno di distruzione, odori ed esalazioni difficilmente sopportabile, depressione della quale evito persino parola perche’ sintassi e’ concetto e concetto deve morire tra cenere e tizzoni gelidi e taglienti, alzare volume, alzare le mani, alzare sguardo su soffitto ogni giorno un po’ piu’ screpolato e cadente, curiosa similitudine d’occhi appannati e stanchi, certi giorni eccessivamente desiderosi di vento e sole, maggior parte d’altri notte e solitudine.
Manca un futuro a collegare bar, ad incendiare terrazzi, a cacciare zanzare e non c’e’ legame, non c’e’ desiderio di unire e su pagina bianca scolpire le parole “qui s’inizia” nel racconto senza autore da trovarsi piano piano, lentamente cercare, dolcemente scoprire ed infine abbandonare, abbandonarsi affinche’ si possa raccogliere ed essere lasciati in illusione d’eternita’ dovuta a cui tutti spetta fetta e medaglietta appuntata vicino al cuore, una piu’ grande su bicipiti roventi di forza e orgoglio, fantasia e speranza, accontentarsi e vincere, vincere sempre e se pavimento trema non farci caso, non pensare, non sentire, chiudere fuori tutto mentre c’e’ chi resta, c’e’ chi affronta il baratro del presente, ancora in piedi, ancora incosciente, ancora con giorno in piu’ da sottrarre, giorni in meno per restare, racconto che non diviene canzone, sorriso spento di sole che e’ stato, ha illuminato, ha cantato.
There’s something wrong with me chemically
Something wrong with me inherently
The wrong mix in the wrong genes
I reached the wrong ends by the wrong means
Il modo in cui si sente
Peso mi sovrasta dolorosamente e so che non reggero’, prima o dopo qualcosa iniziera’ a spezzarsi, cedendo, finendo, soffrendo, ricordando, rimpiangendo e non sara’ piu’ questione di quale ma se, non piu’ quando ma impossibile ritorno e se quel peso ora e’ dono d’importanza quando null’altro si sente e fa sentire d’essere, d’esserci, carne e non solo aria destinata a cosmo senza un solo saluto d’addio.
Rotolo non per fuggire ma per sentire, per sapere, per raccogliere esausto il premio dovuto, per sapermi un po’ piu’ libero e nel silenzio raccolto in preghiera per un dio ancora da inventare, forse definire eppure presente, possente, veloce nell’ascoltare, lentissimo nell’esprimersi perche’ sillabe di sue parole seguono agitarsi dei rami, susseguirsi di maree, spostamento di montagne ed e’ soffio sottile come lamento, come tomento, incessante mutare se felicita’ e’ immobile e dolore e’ movimento laddove s’inizia con urlo straziante definito gioioso.
Forse e’ vero che non guardo in giusta direzione ma non vedo piu’ cosi’ bene perche’ troppa luce rende penombra l’avvenire ed eccesso puo’ capovolgere difetto senza che qualcuno percepisca realmente un bisogno mascherato da volo libero fintanto che ali sono tortura in scatola sigillata e indistruttibile.
Chi ascolta certo mente, senza sapere, senza volere, senza giustificazione, senza cattiva intenzione e almeno un po’ e’ specchio per vedere, per vedersi, perche’ pericolo giunge sempre alle spalle e forse ignorare e’ giusta difesa, miglior attacco, senso di potenza ingiustificato ma senza il quale bisogno diviene capriccio.
Xilofono di massimo sole ed e’ cio’ che non se ne va e perdio rimane e so che non esiste peso, niente si regge laddove volare e’ noia e’ voglia e’ rabbia e’ essere e rimanere e se cio’ che accade fosse racconto per notti che non vogliono terminare allora attendero’ l’alba che sapro’ creare.
I’m nothing but a stranger in this world
I got a home on high
In another land
So far away
Rotolo non per fuggire ma per sentire, per sapere, per raccogliere esausto il premio dovuto, per sapermi un po’ piu’ libero e nel silenzio raccolto in preghiera per un dio ancora da inventare, forse definire eppure presente, possente, veloce nell’ascoltare, lentissimo nell’esprimersi perche’ sillabe di sue parole seguono agitarsi dei rami, susseguirsi di maree, spostamento di montagne ed e’ soffio sottile come lamento, come tomento, incessante mutare se felicita’ e’ immobile e dolore e’ movimento laddove s’inizia con urlo straziante definito gioioso.
Forse e’ vero che non guardo in giusta direzione ma non vedo piu’ cosi’ bene perche’ troppa luce rende penombra l’avvenire ed eccesso puo’ capovolgere difetto senza che qualcuno percepisca realmente un bisogno mascherato da volo libero fintanto che ali sono tortura in scatola sigillata e indistruttibile.
Chi ascolta certo mente, senza sapere, senza volere, senza giustificazione, senza cattiva intenzione e almeno un po’ e’ specchio per vedere, per vedersi, perche’ pericolo giunge sempre alle spalle e forse ignorare e’ giusta difesa, miglior attacco, senso di potenza ingiustificato ma senza il quale bisogno diviene capriccio.
Xilofono di massimo sole ed e’ cio’ che non se ne va e perdio rimane e so che non esiste peso, niente si regge laddove volare e’ noia e’ voglia e’ rabbia e’ essere e rimanere e se cio’ che accade fosse racconto per notti che non vogliono terminare allora attendero’ l’alba che sapro’ creare.
I’m nothing but a stranger in this world
I got a home on high
In another land
So far away
Segnali dal tempo
Una canzone ed e’ anno che non so se voglio ricordare se sorpresa e’ considerazione che non preserva piu’ da paure che affrontate non spariscono, non svaniscono ed e’ camminare su filo sottilissimo e doloroso da qualunque lato lo si guardi, con qualunque protezione si adotti, luce mostra, luce salva, luce svela, luce coprimi e nascondimi.
Asfalto e caldo, sudore e voglia di vento, ironica scoperta che vivere non e’ vita, dimenticare ultima illusione nel piu’ chiuso dei cassetti e conservare tutto, non dimenticare nulla, escludere dal quotidiano tracciando in solchi profondi e ripetuti vergati con rabbia e amore, disperazione ed incoscienza, innocenza piu’ perduta che conquistata ma tutto serveĀ si dice, tutto salva si spera, il cielo osserva, il cielo aiuta, il cielo perdona e permette, come canzone termina e si ripete, un po’ piu’ alta, un po’ piu’ spenta, noia e bisogno come molle d’esistenza, come urlo di vittoria.
Ore passano, vera trasformazione, parole restano ma non voglio sapere, leggere e’ proibito ma non buttare, mai gettare in pasto al dio delle storie dimenticate il proprio volto fiero e sopravvissuto che non dimentica eppure resta lontano dai ricordi insonni, dai nervi troppo tesi e scattanti, dalla dimensione creduta propria, vissuta con l’intensita’ di chi sa’ gettarsi e riprendersi, col sorriso di chi perde sangue e gioisce di strada verso casa ritrovata ma quelle non sono mura note, porta sicura di unica direzione ed entrare puo’ essere trappola se alba ancora ha senso, se tramonto sempre ispira, se finestra e’ considerazione di troppa o troppo poca liberta’, parole e non frasi, incompiuto discorso.
C’e’ tutto eppure sembra niente nell’aspettarsi una reazione di chi sa conoscere e comprendere ma esistono forze, magnetismi che diversi attraggono e uguali respingono, farsa di natura severa, forse ingiusta ma la casualita’ e’ ragione di chi non sa comprendere che esiste un inizio, una fine, ininterrotto centro dal quale impossibile e’ fuggire e nel vincolo vi e’ salvezza, nel legame negata fuga e come spesso accade, le reti salvano ma non preservano un brivido che seppur dovuto e’ da guadagnarsi, da meritare, da incorniciare quando in gola resta una parola sola.
The observation I am doing could
Easily be understood
As cynical demeanour
But one of us misread…
And what do you know
It happened again
Asfalto e caldo, sudore e voglia di vento, ironica scoperta che vivere non e’ vita, dimenticare ultima illusione nel piu’ chiuso dei cassetti e conservare tutto, non dimenticare nulla, escludere dal quotidiano tracciando in solchi profondi e ripetuti vergati con rabbia e amore, disperazione ed incoscienza, innocenza piu’ perduta che conquistata ma tutto serveĀ si dice, tutto salva si spera, il cielo osserva, il cielo aiuta, il cielo perdona e permette, come canzone termina e si ripete, un po’ piu’ alta, un po’ piu’ spenta, noia e bisogno come molle d’esistenza, come urlo di vittoria.
Ore passano, vera trasformazione, parole restano ma non voglio sapere, leggere e’ proibito ma non buttare, mai gettare in pasto al dio delle storie dimenticate il proprio volto fiero e sopravvissuto che non dimentica eppure resta lontano dai ricordi insonni, dai nervi troppo tesi e scattanti, dalla dimensione creduta propria, vissuta con l’intensita’ di chi sa’ gettarsi e riprendersi, col sorriso di chi perde sangue e gioisce di strada verso casa ritrovata ma quelle non sono mura note, porta sicura di unica direzione ed entrare puo’ essere trappola se alba ancora ha senso, se tramonto sempre ispira, se finestra e’ considerazione di troppa o troppo poca liberta’, parole e non frasi, incompiuto discorso.
C’e’ tutto eppure sembra niente nell’aspettarsi una reazione di chi sa conoscere e comprendere ma esistono forze, magnetismi che diversi attraggono e uguali respingono, farsa di natura severa, forse ingiusta ma la casualita’ e’ ragione di chi non sa comprendere che esiste un inizio, una fine, ininterrotto centro dal quale impossibile e’ fuggire e nel vincolo vi e’ salvezza, nel legame negata fuga e come spesso accade, le reti salvano ma non preservano un brivido che seppur dovuto e’ da guadagnarsi, da meritare, da incorniciare quando in gola resta una parola sola.
The observation I am doing could
Easily be understood
As cynical demeanour
But one of us misread…
And what do you know
It happened again