Ricordo di sistema

A volte sono in sintonia con qualcosa, mai con me.
Rari ma esaltanti momenti in cui piccola ma importante fetta della vita si incastra magicamente in quadro piu’ ampio ed universale.
Ruota traslucida, spazio mai creato eppure e’ piu’ vero del vero ed essere tutt’uno nei colori, nelle forme, nei suoni, nei concetti, nelle parole si, nelle parole finalmente comprensibili e non piu’ dittonghi sconnessi spesi ad uso e consumo di chi ascolta senza sentire.
E’ massa fluida dai movimenti prevedibili, plasma le cui azioni e reazioni mi sono note, mistero che nasce da sorpresa non fantasia, oscillazione geometricamente definita, solo tracciata, solo percorsa ma tra due punti infinite curve s’intersecano e danzano e conosco quei passi e ballo a mia volta, leggero, leggero come non mai, come non potrei altrimenti essere.
Forse perche’ nulla posseggo m’inebrio nel controllo, interfaccia costata tanto ma che importa adesso, ora che sono esattamente nel punto in cui ho sempre voluto essere.
Come adrenalina fluisce e defluisce, lampo, scossa di nervi, tremore di energia che sfoga la propria essenza sfondando carne e presente, poi fiato corto, poi forme che ritornano, poi percepire il sangue, il motore che non si ferma, non si ferma mai e infine verde e asfalto tutt’attorno.
Non so esattamente se puo’ bastare ma faccio finta di si e tiro dritto perche’, perche’ potrebbe essere vero, potrebbe essere piccolo eden dei giusti, maschera blu indossata senza inganni, senza compromessi, puro come ero, come sono sempre stato.
We stand in a different light
That’s cast upon this gigolo and gigolette
We stand with a different frame around us now
But when we talk we talk in time
We shine with profiles so strong and so clear
And when we move we move in time
Won’t fade like pictures that come back again

Fiamma scivolosa

Ammetto che tanto sarebbe da farsi, ancora di piu’ da dirsi.
Stoico guerriero, fiero di muscoli e pensiero, indomito senza tempo ne’ macchia, parole misurate, morbide come rosso tramonto eppure stagliate contro l’infinito, definitive e meravigliose.
Capace di abbattere montagne, spostare nubi con un sospiro, correre come nemmeno Mercurio potrebbe, io ho distrutto i pilastri della Terra e nessun peso mi ha schiacciato, demolito, azzoppato.
Perche’…
Per un angolo di letto scomposto nell’immobile penombra? Per continuare con altro silenzio, ancora silenzio, sempre silenzio, temuto silenzio.
Forse sapro’ sorprendermi e tirando a terra polverose tende riportero’ luce ed aria, volume, volume come distesa illimitata in pianura senza dolore ed asperita’, forse singolo violino puo’ essere orchestra della piu’ grande sinfonia mai eseguita o forse questo riverbero continuera’ a martoriare ogni logico pensiero, ogni sbalzo d’umore, ogni desiderio inespresso.
Intanto sogno neve, sigarette rubate all’abitudine, fumo che non annebbia solo polmoni, confusione, tanta confusione e nell’opaco delirio scopro realta’ piu’ congeniale, piu’ vera magari o solo meno soffocante realta’, tappeto rosso su precipizio dorato e almeno c’e’ stile, arte, plasticita’.
Qui fa freddo ma non so il caldo che sia quindi non comprendo, fatico a consolare, pensare e le invenzioni sono chimere di qualcuno che si e’ illuso di poter essere me.
Io creo si, ma non distruggo, forse demordo e potessi librarmi sulle paure lo farei, sapessi liberarmi dal giogo del passato lo farei, riuscissi ad essere puro e consolabile allora il mondo sarebbe mio e io sarei del mondo…
Needed to be strong, yet I was always too weak
So I can only blame myself for this state we are in
I will take what you have for me now, if it’s not too late
Did you change? I did too. Love can grow from the last grain

Guardare su

Talvolta la verita’ e’ cadere a pochi metri dal traguardo e ginocchia sanguinanti non dolgono quanto cuore nel petto.
Non essere soluzione e’ normale accettazione, rassegnazione ponderata e decisa ma non rientrare neppure nell’equazione e’ ironia condita di rabbia.
Non vincere la guerra da sempre nota amarezza, scelta dovuta, scelta voluta ma se il conto delle battaglie non supera lo spazio di una notte, battito di ciglia, mano tesa sull’ignoto allora poco, molto poco ha senso e luce.
Poi nemmeno questo importa, il peso, il peso si sente, si tocca, si maledice ma il niente no, il niente sovrasta perche’ nessun luogo e’ ogni luogo, nessuna consistenza e’ fardello insostenibile.
Non pensare a domani, nascondersi dietro tutto il tempo del mondo, sapendo che il mondo non ha tempo se non il proprio, rincorrere musica, melodie eterne e sulla loro carrozza ammantarmi d’indiretto infinito mentendo sapendo di farlo e come giocare contro se stessi dimenticare di perdere e osannare il solo vincitore.
Ho smisurato inutile necessario con cui dilettarmi e trascorrere ore liete, ironica trasformazione in ridicolo nemico e se fosse oltremodo sbagliato non posso pormi ancora ed ancora nelle medesime stanze che troppo hanno veduto di me, dei pugni contro le pareti, di anni sprecati nell’illusione di crescita e stupore e allora che pioggia mi bagni, che intemperie pieghino corpo e mente esulti, insicurezza forza guerriera e smettere di arginare, contenere, controllare, gestire continuamente.
Niente deve cambiare perche’ tutto cambi ed e’ infilare braccio nel cilindro, estrarre un qualunque coniglio e vedere che succede perche’ c’e’ sempre qualcosa che succede, c’e’ sempre un orrore o un miracolo e se debolezza e’ scegliere, indifferenza sia energia, movimento, liberta’.
Come with me underwater
And drown to despise me no more
Unholy, unworthy
My night is a dream for free
All you love is a lie
You one-night butterfly
Hurt me, be the one
Whoever brings the night

Rumore animale

Misura, come quantificare, come qualificare, come definire, quali processi attuare.
Prima dire cosa, poi come, infine a che serve, a chi serve, dove serve, quando distendere e non arrotolare, arrotondare spigoli e storture.
Un filo ecco di che mi parlano, vedrai, vedrai, accorgersi e’ scoprire, amaro risveglio e non riesco a non considerarlo augurio, sorpreso forse di non sentirmi sorpreso, divertito e non indignato.
Carenza d’attenzione con concentrazione a livelli altissimi, forse troppo se i piedi non toccano il suolo e stranamente fuggire e’ correre verso, avvicinarsi e come fumo oltrepassare ostacoli e parole, deviata concezione di rapporti definiti da secoli, uomini, sangue e logica.
Chi dovrebbe capire non capisce, chi sa non c’e’ mai stato ed e’ un sorriso verso il cielo, occhi serrati al suolo, pugni stretti e doloranti e tremore diffuso, impercettibile scuotimento, soffio di vita potenziale ed inespressa.
Afferro e avvolgo in sacco dorato e laddove il passo si fa gomma e motore, striscia di mondo in movimento, parvenza di evoluzione che e’ statico dimenticarsi, sicuro e’ dimenare, scordare, soffrire.
Egoismo meglio egotismo, ma un cielo stellato puo’ essere insopportabile alla luce del sole, lirica per uno, convinzione contraria e insisto col ritenere misero metro distanza di una vita e se forse piu’ semplice, fantasia e’ guida e veicolo, conducente improbabile, alla mia eta’ ridicolo e impronunciabile sobbalzo, fraseggio inopportuno di altri anni, di certi momenti, oramai dimenticato gaudio.
Eppure e’ di ieri quella fatica, piccolo senso di grottesco, teste cariche di diniego ma non dimentico l’orgoglio, quel sapore salato e il gusto di essere nel giusto, di fare storia, la mia storia, unica storia mai creata.
I never really got there
I just pretended that I had
What’s the point of instruments
Words are a sawed off shotgun

Cadenza

Chi fa ritorno, niente fa ritorno, non importa che vi sia ritorno, inutile il ritorno…
Frenetica elettricita’, sfide che non interessano, doveri necessari, nulla d’impellente, ricerca di cio’ che e’ fuori, non nascosto, non celato, solo lontano da sguardi e mani, protetto da calci e rabbia.
Rileggo e trovo che quest’anno l’inverno non giunge e con esso non sento la placida resa di sensi e membra, torpore che e’ bene di circonvoluzioni con troppa elettricita’, statica energia, accumulo epidermico che scivola subdolamente sottopelle ed e’ uso avvelenare sangue e notti, sorseggio di fiele che ha fine nel dolore, male che riconduce a bene, espiazione e ritrovarsi come trofeo.
Qualcosa no, qualcosa e’ mutato se veleno non spurga, se tossine accumulate bruciano e sciolgono senza corrosione preventiva, curativa e silenziosa anima oscura che ora domina ma non cela, non annebbia, include ed amplifica, si amplifica spazzando dolenti debolezze.
Che succede quindi, come dovrei reagire sempre che azione preceda reazione, scatto indisciplinato, follia lucida e forse il senso e’ insito nel paradosso, nell’assurdo nel nuovo inesplorato.
Che l’equilibrio non sia statico, menzogna di formule e numeri che mal si applicano a immeritata e recalcitrante nottata.
Si, caos e’ equilibrio senza ingegno, oggetti in profonda conca che saltano e roteano ma nulla osteggia gravita’, forze che dominano il cosmo, solcano curve irreali ma dimostrabili e lo schema ricuce strappi e domande, sensazioni e sangue, stomaco e musica.
Lo Stige si allontana percorrendolo, si restringe ad occhi divelti, luce deviata, picco di forza, controllo e’ conoscenza e conoscenza e’ controllo, spirale non cerchio, respiro non sospiro.
War between him and the day
Need someone to blame
In the end, little he can do alone
You believe but what you see
You receive but what you give

Ferro affila ferro

Non distinguo nuvole reali, nuvole sconnesse eppure tratteggiate coi colori dell’autunno, del freddo, dell’umido e dell’asfalto scivoloso.
Sovrastato dalla massa di pensieri, rinuncio a discernere e scorro con noncuranza su superficie compatta e chissa’ che l’insieme assuma un senso che altrimenti singolo frammento non puo’ dare.
Mi muovo con la certezza di chi ha controllo cosmico, imposizione delle mani che irradiano ordine e composto riassetto, imperante eppure silenzioso, schematico e decifrabile seppur complicato, algido e ai piu’ sfuggevole, ignorato, persino indifferente.
Sorrido sull’inutilita’, m’inebrio di cio’ che non serve, che non realizza, che non compie e desidero urlare, bramo dolore e come ascetico comprimo corpo e mente laddove il corpo cede, urla e rantola, dove la mente incapace puo’ solo spremere endocrino liquido nel sangue, esplosione di un motore che puo’ essere veicolo d’impressionante progressione e potenza.
Credo di aver toccato qualcosa, solo sfiorato forse ma come plasma infuocato si e’ forgiato e come lupo e’ corso veloce, fiero, feroce, indomito.
Acciaio ben temprato ho sfidato sorte e destino, senza chiudere gli occhi ho calpestato confine e vento gelido si e’ levato, saetta d’energia ha incendiato terra e cammino, tuono d’avvertimento ha scosso montagne ma oggi no, oggi io sono vento e saetta, tuono e montagna.
Un po’ piu’ confine e riempio le parole di desideri notturni, nordici echi e speranze che sanno di vittoria, di ricompensa, di passione, di redenzione…
Sweet boy, come in
I am the dark side of you
Die for my sins
Like the One once did
Cinnamon bed
For your unashamed appetite
A figurante
This dance will hurt like hell

Ombre di giallo

Trasferisco ricordi come tra vasi comunicanti, aggiungere e togliere, livellare pur riadattando, trasformando, gioco di prestigio per non conoscere quanto e’ noto, sbalordire, forse tremare, avvicinare ed allontanare.
Sento un soffio sul viso, come sussurro di labbra che svelano segreto, unico e solo mistero, ultima porta da aprire, forse botola da scoperchiare, pero’ che fare a questo punto, in questo momento.
Potrei avere torto e l’orgoglio non centra, resisto alla tentazione di crescere aiutato da questa strana vita eppure non riesco a non pensare che quel buio alle mie spalle sia molto piu’ profondo di quanto ritengo possa essere e come insetto mi attrae luce pulsante, morbida e vivida.
Cosa dovrei ascoltare, quanti occhi devo avere, perche’ il movimento ha piu’ assi di quanti riesca a gestire, osservare, studiare, comprendere.
Scivolata laterale per sfuggire, per aggredire, per confondere ma nel gioco di specchi confusione regna sovrana e in uno spazio senza tempo mi aggiro scambiando i ricordi per quattro note, brumose notti con immagini confuse ed incomprensibili.
Autoanalisi, introspezione, minuziosa ricerca e come piccole pepite preziose emergono antefatti, strani collegamenti, sensazioni, si sensazioni a fiumi e come fluida memoria, acqua che scivola e circonda, avvolge roteando, sovente riscalda, altre incupisce e sferzante vento gelido agita rami secchi come scheletriche braccia in cerca di un cuore pulsante, cuore lontano, cuore vissuto.
E allora indietro, indietro in uno tempo finito che pare illimitato, spazio frattale in cui minuzia e’ mondo, verita’, soluzione, speranza, silenzio.
Some things were perfectly clear, seen with the vision of youth
No doubts and nothing to fear, I claimed the corner on truth
These days it’s harder to say I know what I’m fighting for
My faith is falling away
I’m not that sure anymore

Silenzio sul mare

Che suono ha il silenzio?
Forse sintetico in battere lontano ma vicinissimo al cuore, pianoforte sfiorato non percosso e stato di attesa che conduce in interregno freddo, solo passaggio, passaggio si.
Che suono hanno le onde?
Cuore che batte sicuro, palpito sincronizzato, preciso, preso per mano come fanciullo che deve scoprire cosa e’ il mondo, un mondo meraviglioso distante poche manciate di sabbia, molte ore di pace.
Leggero riverbero ma e’ regolare, tutto e’ regolare, vibrazione nello stomaco senza urto perche’ anche la terra ha il suo cuore ed e’ un cuore liquido, caldo anche se gelato ed e’ voce dal fondo, violino dedicato alla luce.
Straziato di bellezza smetto di ascoltare e cammino a mia volta in un sogno che non mi appartiene, desiderio che costa una vita, che vale una vita laddove il coraggio e’ perseguire un bisogno forse irrazionale ma proprio per questo irresistibile e ancor di piu’ offrire il proprio sorriso al fallimento, alla sconfitta, all’innaturale abbandono del quotidiano per farsi condurre sulla via maestra e non e’ cammino di seconda mano, non e’ accovacciarsi inerti ma scoprire la scoperta, rivelare quanto gia’ noto.
La morte e’ orrenda tra lacrime e disperazione, in sepolcri marmorei grigi e impolverati, ma altresi’ mutata in foto donata alle acque, corsa liberatoria e un oceano intero di ricordi e passioni.
Allora siano quelle ore, quei giorni, mesi di preparazione per un destino che non significa condanna ma compimento sublime e supremo e cosa manca in quell’unico e ultimo momento se nulla e’ invano, se tutto si e’ compreso e perdonato, se quel silenzio e’ divenuto canto meraviglioso che solo il mare puo’ udire?

L’isola

Ringhiere arrugginite, cromature tanto lontane, luminose trasparenze nella scintillante e concreta resistenza e nel suo opposto e’ visione di casa gialla in mezzo ad un lago.
Piccolo motore ma e’ propulsione, invocazione esaudita, fuga si fuga in quel luogo, quel piccolo luogo in cui realta’ ha origine, laddove il niente e’ acqua immobile e brulicante di vita, corpo diafano con poche stelle ma luminosissime.
Nell’acqua la vita inizia ma nell’acqua finisce per ricominciare anche quando ripartire e’ spostarsi solo un po’ piu’ in la’ e poi fermarsi per emergere sorpresi ma calmi, placido camminare, deciso inoltrarsi, senza segreti, senza piu’ ricordi, eterno presente.
Gelosia di una passione e tutto e’ perdonato se c’e’ purezza di sentimento, se la vita si giustifica con la vita, se nascondere invero e’ rivelare, segreto nella nebbia, segreto nel buio.
Immergersi ed e’ scambio tra mondi, invasione di altra realta’, penetrazione del suolo nell’ultraterreno, vivi che terrorizzano, dominano regno creduto mistero, un dito sotto il mare, a mille kilometri dal vento.
Affondare per riemergere e una volta liberi niente fa piu’ paura, non la morte, non il sesso, tantomeno la vita.
Ciclicita’ del cielo, costanza dell’uomo nelle patetiche miserie quotidiane, grandi gesti solo espressione dell’ordinario mentre e’ il coraggio di acciaio nella gola, nel ventre, nell’anima, sacrificio necessario, passaggio obbligato laddove il sangue e’ benedizione, rito primitivo, dolore che conduce, guida e glorifica.
E’ che la vita si nasconde dove mai ci aspetteremmo e allo stesso modo si conserva, scambio di ruoli, inversione di potere e tendenza e li’ nel predominio ritrovarsi, raccogliere una essenza e farla propria donandosi a propria volta, immolarsi sull’altare dell’eternita’ e ripartire dalla piu’ piccola delle cellule, atto dovuto, segno deposto, nuovo seme, nuova conquista, nuovo uomo.

Se e non puo’

Perdo senso di elasticita’, statua di sabbia e fango, fragile paccottiglia e voglia, bisogno di mare, acqua grigia, eterea figura che fluttua come fantasma.
La mia bocca e’ sigillata, deformata, plastica infiammata, escrescenza filamentosa ed indurita, maledizione fatta carne.
Nuovo oggetto tra mani deboli, testa ciondolante e non so quale demone mi impedisca di scivolare, cercare l’oblio della sconfitta, la polvere, la polvere come ritorno, come amica, come preludio di sinfonia mai scritta, orchestra che mi osserva immobile in cerca di un cenno, un movimento, un gesto che e’ liberazione ed inizio.
In piedi, capo chino, non ho nulla da dire, nulla da fare, paralizzato, incapace persino di respirare, vorrei arrendermi ma non posso, non ne sono capace.
Stringo cosi’ gli occhi e urlo inutili maledizioni, imprecazioni alle stelle ma e’ la terra, la terra a non lasciarmi scampo ma non so altrimenti dove trarre sostentamento, forza, coraggio, determinazione, ancora un po’ di dignita’, qualche sogno, il ricordo della speranza.
Qualcuno che abbia un immeritato posto per me che non puo’ essere mio perche’ il piu’ grande degli spazi e’ prigione minuscola se la felicita’ e’ ombra riflessa del passato, spettro che non ricordo neppure di aver incontrato.
Giallo non e’ oro e pioggia non e’ benedizione, niente e’ cio’ che appare e quando smetto di credere niente puo’ piu’ credere in me e cosa aspettarsi diversamente.
Sono buio, scintilla spenta, alba senza sole e mi dispiace, io non ho piu’ niente, io eco lontano, sordo rivebero, vento appena passato, promessa disillusa.
We’re rotten fruit
We’re damaged goods
What the hell
We got nothing more to lose