– Hai presente quel ragazzo, quello che veniva qui a questo orario, quello tirato che si allenava duro… Si e’ ucciso venerdi’… – cosi’ esordisce l’allenatore.
Sono colpito, molto, troppo forse per una persona con cui ho condiviso educati saluti e null’altro, eppure come non soffermarsi su chi, tanto giovane, decide di farla finita.
In qualche modo l’allenatore sente che colgo il senso della tragedia e si lascia andare, racconta di se’, della sua ragazza, del suo amico che voleva morire e ha paura quando parla, ha il suo demone afferrato per la coda e teme gli sfugga irrimediabilmente.
Ascolto e gli dico che capisco perche’ capisco sul serio, parola per parola e intanto penso che la forza, non basta cosi’ come non basta la determinazione, il coraggio, la volonta’, la voglia di vivere.
Niente basta, niente e’ sufficiente, niente aiuta o forse e’ solo senso dell’inutile e perche’ mai la vita non dovrebbe stancare, annoiare come musica senza anima, come un uomo tronfio e monotono che racconta di qualcosa che non interessa affatto, come un brutto film senza trama ne’ regia e perche’ a quel punto non potersi allontanare dalla sala, scostare le spesse tende rosse, un cenno alla cassiera e fuori nella luce, aria e luce, aria e luce e spazio.
Si, posso capire…
Wilde scriveva che il pensiero della morte gli aveva fatto trascorrere indenne molte notti insonni, ma che succede quando alle tenebre non segue l’alba, quale faro puo’ illuminare il buio senza ridursi ad inutile fascio di fotoni, quanto si puo’ resistere in un luogo in cui il tempo e’ solo un giorno in meno.
Si, capisco…
And the sand
And the sea grows
I close my eyes
Move slowly through drowning waves
Going away
On a strange day
My head falls backs
And the walls crash down
And the sky
And the impossible
Explode
Held for one moment I remember a song
An impression of sound
Then everything is gone
Forever
A strange day