Ho riascoltato quella canzone… quanto tempo, mio Dio quanto tempo, quanto tempo…
No, non credevo fosse ancora sospesa su me, non credevo…
Eccomi qui, grande e libero, forte come non pensavo di poter divenire ed improvvisamente in ginocchio nel pantano di cio’ che e’ stato, nella fossa di quello che era.
Come millenni fa non riesco a stancarmi, non posso fare a meno di infilarla nella carne viva, squarciarmi il petto e affogare nel sangue che sgorga copioso.
Non e’ piu’ nemmeno terapia, tantomeno sublimazione del dolore: un brindisi, si un brindisi a cio’ che ero, a cio’ che ho fatto, a dove sono arrivato… all’esserci ancora ma ad aver imparato a sopravvivere…
Poi si, cospargere il capo di olii profumati lascia afrore di pulito ma niente altro e ancora e’ profezia, speranza, movimento sotteraneo di emozioni e sensazioni che non finiscono mai, mai, mai, ciclo vitale di ecosfera interiore, motore, carburante di perpetuo moto e luce sul grigio pavimento ancora accesa.
Forse e’ vero, non fu capita, non completamente e anche di questo mi sono fatto scudo, eppure qualcosa deve essere sfuggito anche a me se tutt’oggi ho ancora paura che un raggio di sole che ho sopra la testa, sciolga le ali di cera e mi abbagli la vista…
e ora non starmi a sentire
tanto guarda ho anche paura di farti capire
sono bene o male solo soltanto parole
come gocce che non cambiano il livello del mare
non scende e non sale
ma sotto qualcosa si muove
e sono tutte quelle voci che tornano nuove
e tornano pi