Rallentatore

Quanto inutile superfluo che calpesta il giorno, i ricordi.
Accade che i riferimenti vacillino e noi con essi in azzardati movimenti senza piu’ assi vincolanti.
E’ in questi momenti che riaffiorano certe immagini, i luoghi non visitati, le persone non salutate.
Sottospecie di espiazione, semplice strumento per non ridursi continuamente con l’acqua alla gola, dialettica autoipnotica sedante per l’anima.
Forse e’ un segno di abbandono progressivo, di distanza inesorabile seppur graduale dalle cose, dalle persone.
Faccio davvero fatica a riconoscere negli altri la loro emotivita’, le espressioni di esaltazione, la grande gioia e i grandi dolori.
Se fosse diversa abitudine, diverso modo di intendere allora potrei confrontarmi, discutere o discutermi forse, si forse ma se a pararsi davanti fossero alieni e non estranei, con nessuna possibilita’ di dialogo, di impossibile caratterizzazione somatica, inesplicabile atteggiamento frutto di retaggi culturali a me ignoti allora Io non sarei mai Loro.
Sempre le solite domande del resto, sempre il medesimo rituale di disorientamento e conseguente analisi dei se, dei pero’, dei dovrebbe e potrebbe.
Mi sto stancando anche di questo, mi sto annoiando dei miei stessi dubbi, delle perplessita’ che non troveranno comunque risposta.
Meglio abbandonare, meglio ignorare, meglio usare la forza del non avere confronti, non avere riscontri, non avere quei bisogni.
I’m wearing someone else’s clothes again
Walking in the streets I know again
Back in the old familiar glow again
I’m wearing someone else’s clothes
Painting quiet pictures in my ear
We’re driving past without a wish to steer

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