Quel che succede

Luci lontane nel poco chiarore rimasto, fari di trattori nella fresca campagna, nella verde e gialla campagna e una moltitudine di stelle ancora nascoste, attesa di buio dal quale emergere.
Aria umida malgrado la velocita’, malgrado il gelo nello stomaco e nonostante tutto ancora un po’ di kilometri nelle braccia, nelle gambe, negli occhi stanchi, cosi’ stanchi…
Non mi e’ rimasto molto, quel tanto che serve per arrivare a casa, quel posto carico di silenzio da infrangere, luci spente da accendere, immagini da proiettare e pagine da sfogliare.
Avere voglia di cosi’ tanto che nulla accontenta ne’ soddisfa e scoprirsi in una di quelle sere in cui le voci non si placano, i dolori non passano e persino la musica non ti avvolge come dovrebbe, non lenisce il disagio come consueto.
Un po’ di rock, quello antico, quello di sempre, quello di tutta la vita e se il brivido ugualmente non arriva, le mani almeno si muovono e un po’ di nulla rotea e fugge soppiantato da basso e batteria, un sorso di fiele e’ sputato da chitarra molto elettrica e quelle parole scivolano come miele tra cocci di vetro.
Voglia di sentire ancora, vedere ancora e come da ragazzo considerare ogni minuto il minuto buono per provare stupore, nuova energia che brucia senza distruggere, fuoco che crea e non consuma e domani altra energia, ancora fuoco, ancora un nuovo domani.
No, niente di tutto questo ma il mio rock e’ ancora qui, almeno lui rimane a prendere il posto di cio’ che manca, di cio’ che non c’e’ piu’, di cio’ che non c’e’ mai stato e sempre piu’ sono convinto che non solo sia importante, ma forse e’ quello che piu’ conta.
Out here in the fields
I fight for my meals
I get my back into my living
I don’t need to fight
To prove I’m right
I don’t need to be forgiven

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