Non fermarsi non e’ essere in movimento e non silenzio non e’ frastuono quotidiano.
Il silenzio puo’ ferire quanto un rombo esplosivo ed assordante, fermarsi logora mente e corpo quanto estenuanti turni di immani sforzi.
Esiste il non silenzio pero’ ed e’ pieno di rumori lontani, strumenti accordati suonati dal vento, dai motori, da voci stridule attenuate dallo spazio.
Esiste il non fermarsi ed e’ ossigeno roteante e sfuggevole, luce che avvolge e sposta come meridiana, foglie il cui moto e’ relativo all’esistere, mondo in movimento attorno al quale farsi centro e moto.
Vicino, piu’ vicino ma sempre troppo lontano quando l’esterno e’ fuori dalle consuetudini.
Trovarsi nel consueto ed e’ come vacanza, nuovi colori, nuove forme, nuovi odori.
Stupisce la semplicita’, sorprende come diamante nel carbone il cui luccichio sovrasta il nero e incanta.
Forse e’ oscurita’ nella luce o luce nell’ombra ma e’ inaspettato fascino e se e’ poca cosa, perche’ e’ poca cosa, c’e’ bisogno anche di questo, uscire dal ruolo assegnato, deviare dal percorso e poi rientrare certo, sempre, comunque ma dopo, solo dopo, tra un po’ magari…
We fired the gun, and burnt the mast,
and rowed from ship to shore
The captain cried, we sailors wept:
our tears were tears of joy
Now many moons and many Junes
have passed since we made land
A salty dog, this seaman’s log:
your witness my own hand