Lento, lento, lento, lentissimo, bavosa traccia alle spalle del tempo che passa scivolando in fessure sporche, forse inventate, forse annoiate in dormire senza sogni, catalessi che somiglia ad incubo di nebbia e nulla a sostenere realta’ apparentemente liscia, invero carica di bigio vuoto che ferisce ed atterrisce.
Lento, lentissimo, caparbio procedo, nell’ombra osservo, non commento, leggero disgusto, combinato sguardo, consolazione minima solo augurata, bramata senza alcuna convinzione e come automa rispondo a misteriosi comandi dettati da necessita’, compulsivo restare, silente permanere come sopportazione meritata, fio da espiare in silenzio e sottomissione, ribellione rimandabile a tempi migliori e piu’ consoni.
Rientrare combattendo tra sonno e jazzata chitarra perche’ qualcosa ancora non torna e ben piu’ di una domanda attende risposta, nel muoversi che non sento avvicinarsi o lasciare ancora piu’ indietro e quanti inutili tentennanti e fragili sguardi oltre torbida parete, illudendosi che solo li’ vi sia limite vero, timore di solitudine edificata oltremodo spaventosa, consapevole non sia crescere ma invecchiare, attesa di punto di rottura dal quale non tornare, non tornare piu’.
Leggo disappunto, leggera condanna, diverso giudizio racchiuso in cacofonico vento e non v’e’ rifugio nella spaventosa stanza degli incubi colma di malattia e aria nucleare, non c’e’ posto tra fiati imponenti di film lontani, non so raggiungere quel mare ai cui piedi riposano barche colorate e castelli distrutti di pietra comunque eterna e in ogni luogo lontano rosso sole morente, gorgo di tempo e spazio comunque fine degna e ben accetta perche’ se morte separa e amplifica distanze e valori, cosmo ridotto a battito di ciglia e’ pura poesia di materia ed energia, e’ rivincita assoluta del niente sul tutto, maledetto dna inutilmente sparso, perduto e infine troppo tardi ritrovato, walzer ultimo cadenzato da timpani possenti che realmente ci vedra’ felici e abbandonati nel bianco calore di un fuoco infine nostro, nostro davvero.
Shades of night fall upon my eyes
Lonely world fades away
Misty night, shadows start to rise
Lonely world fades away
Lento, lentissimo, caparbio procedo, nell’ombra osservo, non commento, leggero disgusto, combinato sguardo, consolazione minima solo augurata, bramata senza alcuna convinzione e come automa rispondo a misteriosi comandi dettati da necessita’, compulsivo restare, silente permanere come sopportazione meritata, fio da espiare in silenzio e sottomissione, ribellione rimandabile a tempi migliori e piu’ consoni.
Rientrare combattendo tra sonno e jazzata chitarra perche’ qualcosa ancora non torna e ben piu’ di una domanda attende risposta, nel muoversi che non sento avvicinarsi o lasciare ancora piu’ indietro e quanti inutili tentennanti e fragili sguardi oltre torbida parete, illudendosi che solo li’ vi sia limite vero, timore di solitudine edificata oltremodo spaventosa, consapevole non sia crescere ma invecchiare, attesa di punto di rottura dal quale non tornare, non tornare piu’.
Leggo disappunto, leggera condanna, diverso giudizio racchiuso in cacofonico vento e non v’e’ rifugio nella spaventosa stanza degli incubi colma di malattia e aria nucleare, non c’e’ posto tra fiati imponenti di film lontani, non so raggiungere quel mare ai cui piedi riposano barche colorate e castelli distrutti di pietra comunque eterna e in ogni luogo lontano rosso sole morente, gorgo di tempo e spazio comunque fine degna e ben accetta perche’ se morte separa e amplifica distanze e valori, cosmo ridotto a battito di ciglia e’ pura poesia di materia ed energia, e’ rivincita assoluta del niente sul tutto, maledetto dna inutilmente sparso, perduto e infine troppo tardi ritrovato, walzer ultimo cadenzato da timpani possenti che realmente ci vedra’ felici e abbandonati nel bianco calore di un fuoco infine nostro, nostro davvero.
Shades of night fall upon my eyes
Lonely world fades away
Misty night, shadows start to rise
Lonely world fades away