Capire, cosa c’e’ mai da capire.
Insidiosa imperfezione s’interpone tra la vista e il pensiero, mancanza di prospettiva, linee che infine non sono mai parallele e maledizione non si spiega il perche’.
Sorriso che rimane a meta’, sospeso in un limbo grigio e fumoso, parole strascicate, insufficiente lessico e logica da rivedere, da riponderare, da riformulare.
Facile rimanere nel fresco della soffitta senza bisogni ne’ calore.
Il vento della stagione si fa amico e la sua venuta e’ in qualche modo da ricordare, il tepore e’ da conservare per quei giorni in cui caldo e’ ricordo, caldo e’ lontano ed inevitabile avversario, tesoro da non disperdere e stringere con affetto.
Ci sono giorni in cui quelle linee imperano stagliandosi nette e precise su bianco, millimetrica gestione, automatismo perfetto, persino non umane, silicio genitore.
Ci sono giorni in cui incapace mi domando da che parte abbia volto lo sguardo, se le stelle non siano gia’ allineate tracciando strada celeste e sorridente cammino non fosse bassa distorsione al limite del campo sonoro, vibrazione che passa per lo stomaco, insidioso disturbo che colpisce vigliaccamente da dentro, erosione controllata e scientifica, goccia che uccide scavando e scavando rivela zone sempre piu’ oscure, sempre piu’ tenebrose, angoli da non guardare, neppure concepire.
E’ che quel suono rimane nutrimento, sostentamento necessario, alba sulla quale aprire gli occhi e tramonto a cui donare speranze, liscia atmosfera di stanza luminosa.
Qual suono e’ forse la parte migliore di me.
I used to think that the day would never come
I’d see delight in the shade of the morning sun
My morning sun is the drug that brings me near
To the childhood I lost, replaced by fear
I used to think that the day would never come
That my life would depend on the morning sun…