Esigo solo essenziali presenze.
E’ come se ogni pietanza oltre il pane divenisse indigesto boccone, mefitico intruglio da evitare per avere vita salva.
Cosa aspetto, il fine settimana forse, la fine di qualcosa, l’inizio di altro, non so, non so davvero.
Servirebbe un boato di timpani tra un esercito di archi per suscitare emozione e voglia, crescendo in crescendo, turbamento di ore incoerenti nella contemplazione di cio’ che non merita ma ora immenso come un unico dio.
Potrebbe essere attesa, potrebbe essere sana tensione emotiva, potrebbe essere un cuore libero.
Potrebbe manifestarsi pero’ in qualcosa che brucia, qualcosa che non dovrebbe, qualcosa che si agita nell’ombra, maledizione senza luce, reietto fantasma tra stanze deserte e abbandonate.
Si, potrebbe ma posso dimenticare, posso stogliere lo sguardo e immaginare un luogo immerso in questo solo vento tiepido che porta con se’ aroma di limoni, di erba fresca, di natura che riposa senza dormire.
E’ che non ho altro rimedio al desiderio di un po’ di requie laddove non una singola parola viene compresa, non un gesto correttamente interpretato, dove scientemente si desidera colpire per noia, per frustrazione, per strana forma di rivalsa.
Poi non comprendo, difficilmente mi adeguo tantomeno mi interrogo, forse mi dico che sono inezie e me ne convinco perche’ e’ la verita’, poi basta un po’ di aria calda e profumata affinche’ ne valga ancora la pena.
We move in circles
Balanced all the while
On a gleaming razor’s edge
A perfect sphere
Colliding with our fate
This story ends where it began