Luci solitarie, pallide

Sovente vado sulla spiaggia virtuale, specie quando mi sento molto stanco e un po’ solo.
Attivo la mia minuscola frazione di mondo fittizio e non e’ finzione la pace che provo, non e’ una promessa lo spirito sospeso in un luogo cosi’ ambito.
Autunno probabilmente, mattina giovane, mare calmo, cielo coperto da nuvole pesanti portate da vento leggero ma costante.
Sole velenoso, stanco molto stanco, con luce del doverci essere ma bramoso di oscurita’.
Sento gabbiani e li vedo sfrecciare alti, veloci, unica presenza viva oltre al vento, meglio brezza e la loro presenza mi conforta, sfuma il confine tra realta’ e fantasia.
Sabbia compatta sotto i piedi e posso sentire affondare le suole tra lo scricchiolio del suolo che cede debolmente e mi aggiro tra rocce, alghe e legno spezzato.
Non provo la tristezza che dovrei davanti a quel mare minacciosamente tranquillo e senza vita; all’opposto ne sono affascinato e placidamente osservo, mi placo, ritrovo il gusto del viaggio, di quelle case abbarbicate sulla collina e delle vite che dovrebbero abitarle.
Niente e’ vero ma se la finzione e’ un gioco dei sensi, allora i sensi si specchiano davanti allo schermo, dentro allo schermo, dentro me…
I look to the sea
Reflections in the waves spark my memory
Some happy, some sad
I think of childhood friends
And the dreams we had
We lived happily forever
So the story goes
But somehow we missed out
On the pot of gold
But we’ll try best that we can to carry on

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