Lo zio Agostino

Ognuno ha in famiglia uno zio Agostino.
Lo zio Agostino si fa vedere durante le feste e le grandi occasioni, sempre perche’ invitato, mai per sua iniziativa.
Dispensa grandi sorrisi di circostanza e fa pesare il suo non volerci essere con ogni movimento del suo corpo.
Parla lentamente, cadenza le parole esprimendo solo concetti di base, riducendo l’interlocutore a un minorato mentale dopo pochi secondi.
Le donne di casa sono le uniche a cercare un varco nella perfidia, sforzo sempre vano ma dovuto, affinche’ la natura materna abbia sfogo e compimento.
Gli uomini no, non ignorano ma parlano tra loro, con voce stentorea da farsi sentire e perche’ no, sperare di coinvolgere, magari sulla propria linea di pensiero.
I bambini odiano lo zio Agostino.
Egli li ignora con la forza dell’intolleranza e loro lo sentono, lo percepiscono ma peggiore e’ il contatto diretto ove lo zio ti osserva con lo sguardo piu’ ironico e falso che possiede, mostrando un’accondiscendenza viscida e unta, generata dal fastidio piu’ totale.
La sua voce diviene sciroppo marcio che scivola nelle orecchie, blocca ogni tentativo di interazione successiva, crea disagio che in giovane eta’ muta presto in timore.

La vera potenza dello zio Agostino e’ invero a tavola.
Nessuno lo ha stabilito ne’ deciso ma sempre suo il primo piatto, portato dalla donna piu’ anziana.
Egli lo osserva fastidiato, solleva lentamente la forchetta. Il silenzio dura un istante ma il peso specifico e’ altissimo. Assaggia.
Lo zio Agostino ha un suo metro di valutazione espresso in ordine inverso dai comuni mortali.
Cio’ che adora viene liquidato seriamente e fastidiosamente con affermazioni perentorie del tipo “manca sale” oppure “la carne non e’ buona”.
All’opposto, quando non gradisce qualcosa seppur estremamente raro che avvenga, il sorriso si fa enorme e carico di pieta’ come a dire “ti perdono perche’ non sai quello che fai”.
In mezzo milioni di sfumature, di parole, gesti, sorrisi.
A questo punto si scatena il dibattito, per consolare la/le donna/e artefici della pietanza, ridotte ormai a cumuli di depressione.
Grande solidarieta’ dalle altre donne, capaci persino di rimbrottare verso lo zio Agostino sempre pero’ con tono materno, indulgente e un poco sottomesso mentre gli uomini si dividono tra il pro e il contro, a maggioranza pro anche se con estrema cautela, con pacatezza e una sottile ricerca di complicita’ del tipo devodareragioneallamogliemalapensocomete.
Tutti sanno che lo zio Agostino adora quei piatti, ma come un grande libro o un grande film di cui conosciamo gia’ il finale, ci si fa comunque trascinare nella finzione come fosse vita vera, perche’ lo zio Agostino sa condurti nel suo gioco ammaliatore e raffinato.
Lo zio Agostino non esprime mai altri giudizi, solo al commiato rilancia con tutti i denti possibili i complimenti alla cuoca ed e’ qui che la confusione si fa grande, nasce il dubbio che davvero non abbia gradito e come un getto di acqua gelata, sferza le volonta’ a fare ancora meglio la volta successiva, dimenticando che il meglio e’ gia’ stato raggiunto e che la perfezione e’ solo un gioco dell’anima.

Da tanto tempo lo zio Agostino non c’e’ piu’ e ambisco prenderne il posto.
In parte riesco; i bambini mi temono, le donne tengono per me il migliore riguardo, gli uomini bendispongono ma in cuor mio so di non possedere la dosata cattiveria, il sano cinismo, la regolata crudelta’ e non per ultimo, l’essere un figlio di buona donna al punto giusto.
Con gli anni miglioro, cresco di abilita’ ma lo zio Agostino e’ inarrivabile, lo zio Agostino e’ assurto al ruolo di leggenda, lo zio Agostino e’ unico e immenso.
Ciao zio Agostino, sarai sempre il piu’ grande.

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