Amo la calma di certe notti.
Lo so, so benissimo che le notti sono tutte uguali, che i muri non centrano, che le stelle guardano il cosmo come sempre, che il mondo dorme e dentro, solo dentro i pensieri risiede la tranquillita’.
Mi illudo pero’ di essere condizionato dall’esterno, forse per sentirmi meno responsabile, forse assente a me stesso.
In queste notti mi rifugio nel jazz, nel minimalismo, talvolta nel pop piu’ lieve, altre in chillout laterale ed e’ acqua termale di pochi gradi inferiore al corpo, getti caldi sulla pelle, occhi chiusi, desideri pre-natali, epoche fatte di sensazioni e non pensieri.
Capita che un pianoforte mi scaldi come coperta d’inverno, come camino acceso con la legna che non sfiamma ma brucia piano e come fuoco balugina tra ombre misteriose ma non pericolose, arazzi di buio definiti dalla stanza illuminata a contornarli.
Spesso un pianoforte non giunge solo e piccoli gruppi d’archi, a volte quartetti, danzano tra loro come timidi amanti, a tratti smaniosi, altri timorati, sempre felici in un momento che pare eterno.
Nella calma di certe notti tutto e’ piu’ bello, tutto fa meno male, tutto e’ piu’ leggero, tutto tranne il presente che assume sostanza e carne, alfine palpabile e corporeo, persino amico.
Parole, parole per definire una singola nota sospesa qui innanzi, una sola nota in cui riporre la stanchezza, le illusioni, gli incubi, una sola nota ma a volte e’ grande abbastanza, a volte e’ forte abbastanza, a volte e’ abbastanza.