Grigio salone

L’albero in giardino, quello che si affaccia innanzi la finestra si presenta rigoglioso e possente.
Mesi fa pochi rami spuntati e ancora meno foglie e ora che differenza, che incredibile cambiamento.
Mesi fa era a stento primavera, pochi mesi e sembrano giorni, giorni che trasformano e rendono irriconoscibile quanto circonda.
Resto ad osservare e guardo meglio nel verde e noto foglie diverse, diversa sfumatura di colore, diversa foggia dai lembi contratti e sbeccati, diverso orientamento, plasticita’ mutata.
Dapprima non comprendo poi rifletto, ricordo, collego.
Gia’ trascorso il solstizio d’estate, impercettibili le stagioni si susseguono e anche l’albero parla, l’albero racconta e ciclicamente muta e ritorna.
Ecco il suo giro di boa ed e’ facile similitudine, banale affinita’, triste ed inevitabile raffronto, inutile paragone che invero da’ senso di lento cambiamento e sgradita presa di coscienza.
Il sole ha passato lo zenit ed e’ inversione placidamente inevitabile, per ora tenero declivio, sardonico sorriso di onnipotenza non ancora espulsa, non completamente, certo non per l’albero.
Diverse stagioni ma sono solo diverse tacche, dissimili dimensioni di un solo fenomeno rappresentato su scala alternativa, contratto periodo di cui riconosco segnali e modi ed e’ attesa, non passiva certo ma credere e’ difendere, non pensare e’ avanzare, non ricordare e’ speranza.
Polvere, troppi ricordi, e’ meglio esser sordi
e forse e’ gia’ tardi per togliere la
polvere dagli ingranaggi, dai volti dei saggi
coi pochi vantaggi che la mia condizione mi da’.

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