Sottile nostalgia ma dita troppo intorpidite per eccessi di razionale ed inusitale raccontarsi.
Colpo diretto e frontale nel centro esatto di un bersaglio che io stesso non trovo e non riconosco, viaggio su strade a lungo abbandonate per mancanza di voglia, di interesse, di viaggiatori.
Misantropia che non acceca ed e’ inusitata lunghezza d’onda, estranea informazione, non la sua assenza, spettro di visibilita’ traslata non ridotta, tantomeno assente.
Rifletto sul senso d’estraniante analisi che in parte tormenta ed affligge, pesante fardello da portare per ancorarsi a realta’ distante, questa certo aliena, incomprensibile talvolta.
Difetto insito nel metodo, schiacciamento di realta’, puntiforme risultato finale che unendosi divide, restringe e non allarga, minuziosa ricerca di macrocosmo invisibile alla lente posta innanzi agli occhi.
Trovarsi quindi agli antipodi della punta della biro a distanze siderali, incapace di scendere, forse paura di precipitare, di non frenare, di non saper piu’ planare dolcemente per gli impervi e scoscesi viottoli tracciati degli anni.
Chiedersi improvvisamente chi davvero sia interessato qui, senso di curiosa impotenza, risveglio di parole sepolte sotto pesanti drappi neri nell’angolo piu’ buio della stanza, fotografie ingiallite di volti spauriti e senza eta’, amalgama di vite cosi’ diverse, sovente inespressive perche’ nulla si puo’ esprimere nell’attimo come nella parola quando esistere e’ ininterroto flusso d’informazioni, libro sempre aperto di inchiostro appesantito.
Poi ci si getta un po’ via, sorriso di antica comprensione, forte di sincero sguardo perche’ preparazione e’ in fondo belletto che mai mi e’ appartenuto, testardo appeso ad estremo manifestarsi ma in fondo e’ offrire cio’ che si esige, coerente prezzo, direttiva unica come unica la mano che porgo, l’io che sono.
Non so dei vostri buoni propositi
perche’ non mi riguardano
esiste una sconfitta
pari al venire corroso
che non ho scelto io
ma e’ dell’epoca in cui vivo