Come questa notte non so se piovere o nevicare e sono sferzate dure, dolorose queste gocce gelate che colpiscono con sadico piacere, disinteressato male e per questo piu’ provato e subito, certo sgradito e terribilmente intenso.
Aria di taglio sul volto e sulle mani, mi muovo a fatica ma immobile e’ condanna, arrendersi anticipato di ore che non meritano molto, quasi nulla e voler essere solo diviene preghiera, speranza come cibo che manca, appetito che sa d’antica paura, ritorno ad orrori narrati e mai davvero compresi come concetto di silenzio tra acciaio stridente e fiamme danzanti nel ricordo di quanto non e’ mai stato, nel momento in cui materia muta di stato in stato, gioco che nulla insegna sulla vita, sull’erba, sulle colline abbandonate da un sole sempre piu’ stanco, sempre piu’ rassegnato, occhi chiusi, occhi chiusi senza scintilla e slancio, riflesso d’acciaio e pietra anch’esso a svanire, sfumare lentamente persino dai ricordi piu’ audaci, dai resoconti di sorriso dispensato nel sabato qualunque di un ombrellone qualunque innalzato tra asfalto e voglia d’andarsene lontano, lontanissimo.
Stato d’esistenza e’ striscia di finita lunghezza, estremi sfaldati, disgregazione dimensionale, visione d’antico fumetto europeo forse ma efficace rappresentazione di cortissimo immenso, cosi’ piccolo ed irraggiungibile da confondersi coi venti siderali dei quali ignota e’ provenienza, mistero e’ destino nel domani e nel profondo ieri.
Certo trappola, forse ineluttabile fantasia di cui si ha bisogno, senza la quale il giorno urlerebbe di granitico dolore in perenne desiderio di fine, morte e paura fratelli infine voluti e chiamati, perenne disfonia di gutturali suoni, inutili sillabe accatastate nella ricerca di frase sensata, qualcosa che almeno io posso comprendere, cacofonico giorno al quale non appare posso abituarmi, non del tutto, non sempre, non facilmente almeno.
Oggi a stento basta una canzone e la musica non finisce ma trascino dita sempre meno agili in guerra d’unico colore, unico sconfitto e se campo incolto grigio e’ cio’ che resta, nel grigio cerchero’ dura roccia che almeno sappia far male, molto male…
It’s not the human walk
It’s the human race
If you’re livin’ on the edge
You’re takin’ too much space
Aria di taglio sul volto e sulle mani, mi muovo a fatica ma immobile e’ condanna, arrendersi anticipato di ore che non meritano molto, quasi nulla e voler essere solo diviene preghiera, speranza come cibo che manca, appetito che sa d’antica paura, ritorno ad orrori narrati e mai davvero compresi come concetto di silenzio tra acciaio stridente e fiamme danzanti nel ricordo di quanto non e’ mai stato, nel momento in cui materia muta di stato in stato, gioco che nulla insegna sulla vita, sull’erba, sulle colline abbandonate da un sole sempre piu’ stanco, sempre piu’ rassegnato, occhi chiusi, occhi chiusi senza scintilla e slancio, riflesso d’acciaio e pietra anch’esso a svanire, sfumare lentamente persino dai ricordi piu’ audaci, dai resoconti di sorriso dispensato nel sabato qualunque di un ombrellone qualunque innalzato tra asfalto e voglia d’andarsene lontano, lontanissimo.
Stato d’esistenza e’ striscia di finita lunghezza, estremi sfaldati, disgregazione dimensionale, visione d’antico fumetto europeo forse ma efficace rappresentazione di cortissimo immenso, cosi’ piccolo ed irraggiungibile da confondersi coi venti siderali dei quali ignota e’ provenienza, mistero e’ destino nel domani e nel profondo ieri.
Certo trappola, forse ineluttabile fantasia di cui si ha bisogno, senza la quale il giorno urlerebbe di granitico dolore in perenne desiderio di fine, morte e paura fratelli infine voluti e chiamati, perenne disfonia di gutturali suoni, inutili sillabe accatastate nella ricerca di frase sensata, qualcosa che almeno io posso comprendere, cacofonico giorno al quale non appare posso abituarmi, non del tutto, non sempre, non facilmente almeno.
Oggi a stento basta una canzone e la musica non finisce ma trascino dita sempre meno agili in guerra d’unico colore, unico sconfitto e se campo incolto grigio e’ cio’ che resta, nel grigio cerchero’ dura roccia che almeno sappia far male, molto male…
It’s not the human walk
It’s the human race
If you’re livin’ on the edge
You’re takin’ too much space