Acqua increspata come carta usata e poi gettata, ruggine marcata a dare senso di tempo trascorso, intemperie, fatica e cieco utilizzo.
Questi odori non mi piacciono, sanno di cucina mal pulita, disinfettante e incrostazioni di miasmi calcificati negli anni, qualcosa che passa, felici sia gia’ passata e in malora cio’ che e’ stato.
Cemento sgretolato contornato da mura graffiate, intonaco oramai abbozzato e crepe come vene in corpo esausto.
Profondi canali di acqua sporca come vita non solo venuta e andata, anche ferita e dolorante e annoiata e malata e cattiva, inutilmente vigliacca e distruttiva.
Verde mutato e mutante tra fessure come squarci, vita che nel paradosso nega la vita, tangente simbolo di grigio vuoto d’amore e ribellione infettiva quando niente e’ importante, niente serve, niente ha piu’ futuro.
Futuro, qui non c’e’ futuro, non c’e’ presente, solo un incerto passato colmo di attese irrealizzate o forse esaurite, banco di pegni con scaffali vuoti di oggetti gia’ riscattati e altrove riposti eppure si sente ancora vita, posso vedere aloni quasi scomparsi di cio’ che e’ stato e come fantasmi aggirarsi tra la polvere degli anni che furono.
Invero non riesco a star male, non riesco a soffrire qui nel mezzo di questo decadimento perche’ statico e’ il riposo immobile il bisogno di equilibrio e se cio’ che vive deve anche morire, forse in questo limbo non c’e’ vita ma neppure la morte trova dominio e se questa fosse l’eternita’, allora la cullero’ come il primo e l’ultimo dei miei figli, la stringero’ forte a me perche’ nel nulla e’ l’unica eternita’ che mai avro’, che mai vedro’…
Sara’ l’idea
che il tempo si consuma
e all’improvviso sei solo,
come un attore hai scelto il ruolo
di chi e’ sicuro di se’,
ma sai benissimo che la tua arte
e’ nella parte fragile di te.