Suono, Non-Suono

Cause scatenanti e approccio pratico-teorico all’Audio Particellare


 

Esigenza di suono non-suono.
Mai sentito il bisogno di forme d’onda che avvolgano senza parlare, senza suonare, senza portare carichi informativi da processare neppure distrattamente?
Io si.
Vi sono sere nelle quali non esiste una voce amica, non c’e’ canzone che esalti o rilassi, non un commento di qualche genere che distragga.
Il silenzio e’ una possibilita’ ma cosa sappiamo noi del silenzio in fondo?
Neppure nati ed un battito di cuore materno e’ la prima percezione del cosmo.
Siamo fuggiti dal silenzio prima di essere uomini e nel voler divenire Dio abbiamo inventato macchine sempre piu’ rumorose ammantandole d’efficienza.
Abbiamo creato la musica e con essa il comando di dormire prima ancora di avere coscienza di noi stessi.
Il silenzio e’ orrore e solitudine, e’ allarme, e’ gola scoperta e per questo lo concediamo a chi conosciamo bene e ispira fiducia.
No, l’uomo non sa affrontare il silenzio ma manca d’equilibrio, difetta di controllo, nel terrore abbonda e nell’egoismo sviluppa mostri di decibel vivendo con dramma il conflitto che scaturisce dall’esigenza di ascoltarsi contro il non sentirsi soli.

Rumore: rumore come suono senza informazione puo’ risolvere ma solo a meta’ quando fuggire dal quotidiano e’ fuggire anche da quel rumore che sovente protegge seppur soffocando.
Suoni: passare forse per la destrutturazione ritmica e tonale e’ talvolta soluzione, seguire schemi e casualita’ di una musica moderna che ha fallito non comprendendo che musica non e’ cultura e i suoi canoni non risiedono nella capacita’ cognitiva bensi’ in quella istintiva quindi finisce per avvolgersi del manto di rumore risultando inutile ai nostri bisogni o terminando in schemi, altrettanto inutilizzabili.

Serve uscire da sapere e consuetudine.
Sentenziare che rumore sia suono senza informazione e’ ingiusto e sbagliato malgrado l’approssimazione aiuti a definire.
Potremmo persino affermare che rumore in questa accezione non esiste perche’ rumore puo’ essere somma variabilmente grande di segnali decodificabili ma sovrapposti quindi  solo un problema meccanico ne impedisce la giusta separazione da una codifica all’altra.
Rumore
e’ anche somma di segnali indefiniti ma sappiamo che iterando n volte la generazione di due numeri casuali atti a fornire frequenza e ampiezza, ho sovrapposizione di forme d’onda non prevedibili e non schematizzabili, rumore appunto ma cosa c’e’ di meno casuale di un algoritmo seppur creatore di casualita’?
Del resto e’ noto che gli algoritmi casuali richiedono un seed, un seme generatore dal quale svilupparsi autonomamente ma sempre in ambito deterministico che solo l’enorme difficolta’ ad essere previsto rende misterioso.
Forse un domani computer quantici riusciranno a generare vere casualita’ ma per ora Dio non gioca a dadi quindi prendiamone atto.

Non potendo scindere l’informazione dal rumore, nulla resta eccetto non elaborare l’informazione stessa.
E’ possibile ascoltare qualcuno parlare ma non comprendere cio’ che esprime e chi parla una lingua straniera ottempera al nostro desiderio di restare soli eppure non-soli.
Sia allora radio, siano onde corte, lunghe e medie, siano onde lontane pero’ perche’ di quell’umanita’ distante ed ignota pretendo presenza non messaggio.
Dire onde lontane implica viaggio e non e’ ipotetico raccogliere lungo il tragitto ulteriori modulazioni, scostamenti di fase, variazioni d’ampiezza e il giungere sino a noi cariche di disturbi puo’ essere visto come bagaglio d’informazioni ulteriori a variarne sostanza, intellegibilita’ nella decadenza di un messaggio che per necessita’ non desideriamo e con cio’ il rumore aggiunto diviene suggestione a sospingere il non-messaggio sulle affascinanti rive del sublime.
Se il non-suono ha carne di non-informazione, ha invero ossa delle armoniche raccolte durante il viaggio.
Questo e’ quindi Etere,  una cronaca senza interferenze, la negazione fatta affermazione, un anello che inizia nel momento in cui finisce.

Per sua definizione, il MOVIMENTO PARTICELLARE e’ ricerca di differente angolazione o metodi diversi nell’osservare quanto ci circonda.
Filtrare non e’ necessariamente diminuire se eliminando il superfluo esaltiamo quanto resta, elaborare non e’ deformare se si evidenzia, se si e’ capaci di sottolineare visioni marginali elevandole al rango di protagoniste.
L’elaborazione dell’immagine insegna e ad essa siamo abituati ma applicare metodi e principi grafici al suono non e’ forse fornirne una “visione”, termine curioso parlando di audio, alternativa?

Di fronte a me una forma d’onda, rappresentazione di un senso alterato in un altro e nella trasformazione trasformo, nella mutazione applico criteri impropri e osservo, si osservo come il passaggio tra domini possa condurmi in quello che vuole essere l’obiettivo ultimo di altro modo di vedere.
Ecco come Ampiezza Modulata aggiunge un grado di movimento attorno all’asse suono, percorrendolo a destra e sinistra oltre al proprio alto e basso, riuscendoci con l’introduzione di effetti in frequenza e ampiezza di varia natura.
Il risultato e’ affascinante, talvolta sconcertante come accade quando ad una dimensione se ne aggiunge un’altra, quando ruotando un oggetto se ne svelano verita’ che il piu’ delle volte appaiono simili a trucchi, magie.
Non ci si faccia ingannare dall’essenzialita’ dell’effetto o della sua applicazione perche’ sappiamo bene quanto a distanza di cento e piu’ anni, il semplice trattino posto da Minkowski tra spazio e tempo, ancora sia folle esoterismo per gran parte dell’umanita’.

Di dimensione in dimensione mancava definire l’ultima, ennesima rotazione su differente asse, passo molto lungo nella cosmogonia di un viaggio.
Osservato l’oggetto-suono nel centro del movimento, spostandosi in ogni punto della superficie e sulla superficie corso e strisciato, bisognava allontanarsi ed immergersi in esso fino alla piu’ remota delle indivisibili PARTICELLE.
Affondare
e’ lo strumento adoperato, il microscopio ad infiniti ingrandimenti col quale cogliere l’essenza di cio’ che si ascolta.

E’ bene porsi subito una domanda: si puo’ scendere all’infinito dentro a un suono?
La fisica elementare insegna che ogni suono ha lunghezza d’onda posta in relazione con frequenza e tempo e azzerare il tempo significa azzerare ogni possibile emissione sonora.
D’altro canto e’ ipotizzabile che la materia non sia infinitamente piccola non scendendo sotto la lunghezza di Plank eppure per descriverla si passa sovente per strumenti infiniti come i frattali e proprio i frattali meglio descrivono la sensazione del calarsi tra le pieghe del suono anche perche’, parafrasando Mandelbrot, la forma d’onda dipende dallo strumento con la quale la si osserva.
Tralasciando la teoria che impegnerebbe su concetti non del tutto pertinenti al contesto, l’operazione e’ stata eseguiti con facilita’ eppure con estrema precisione, ritrovando il fascino dell’osservare la materia ingrandita migliaia di volte o gli effetti di minuscola distorsione su suono compresso poi inflazionato, sempre con la soddisfazione nel pieno conseguimento delle regole del MOVIMENTO PARTICELLARE: altri punti di vista.

Non ho la pretesa d’inventare suoni come del resto mi limito a ritrarre e non dipingere.
D’altro canto negare una forma d’onda ne cambia fase ma non sostanza e se l’udito non coglie altri sensi si e quale miglior cambio di prospettiva.
Teorizzare una dualita’ tra cio’ che sembra ma non e’ con cio’ che non e’ eppure lo diventa potrebbe apparire pura accademia, invece l’esigenza del non-suono, del non-messaggio spalancano le porte a quella che potrebbe rivelarsi una importante nuova sfida: non-silenzio

Ci stiamo lavorando, lo stiamo cercando perche’ e’ li’ da qualche parte, in mezzo al frastuono…

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