Discorrendo

L’estate di quell’anno fu molto lontana allora e molto vicina oggi.
Ci furono giorni in cui mi sforzai di essere cio’ che non ero e di fare cosa non volevo fare, agire contro la mia natura e fu fallimentare.
Poi si impara, poi tanto serve tutto, poi non importa, poi si e’ giovani, poi aiuta a crescere, poi va bene cosi’ perche’ se ne esce sempre, pero’ se sono qui a scriverne evidentemente una piccola cicatrice e’ rimasta da qualche parte.
Passaggi di crescita, nuove prove per nuovi anni, per nuovi uomini, febbricine necessarie.
Mi riscattai pero’ e ora che ci penso non so sia stata piu’ ridicola la sconfitta o la vittoria.
La musica e’ ancora qui pero’ e se sorrido e’ andato tutto bene.
Cosa c’e’ che non va…
Forse il fango sognato non e’ profondo a sufficienza e quel cielo era grigio senza possibilita’ alcuna di ritorno.
Sento i pensieri adagiarsi sul fondo in lenta discesa e inevitabile sospensione di cognizione, di azione.
Tra poco spegnero’ quanto mi sostiene e mi tuffero’ in inutile film con colori brillanti e ridicole parole e potrebbe persino essere che quell’estate mi condizioni, che il sogno mi condizioni, che la musica, come sempre mi condizioni, che le parole di Tsukamoto mi condizionino.
Quanta fragilita’ pero’ se una frase sconnessa mi lascia esanime a terra, incapace di reagire accumulando minuti, accatastandoli come piccoli mattoni dietro i quali proteggersi.
La mia forza e’ altrove…
Il dolore e’ duraturo ragazza, ma ci fa sentire vivi.
A volte penso che tutta la faccenda del crescere si riduca solo a una gestione del dolore.

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