Diamante

Poco al mondo e’ piu’ radioso ed esaltante di un oceano di archi e fiati su un 4/4 martellante e sei corde elettriche.
La grancassa demolisce i bassi e attorno, un poco piu’ in basso, nascosta ma esaltante la Fender.
Un sussulto, quattro battute e trombe ovunque, ottoni esplosivi che stordiscono, bulldozer apripista per un esercito di violini li, proprio li’ al centro del campo sonoro.
Come un maglio sfondano frontalmente lo spazio e a pochi millimetri dall’esatta equidistanza dell’udito, si scompongono in infinite particelle luminose, in ogni dove, in ogni quando, un imbuto perfetto e fluorescente di toni dalle sfumature lisergiche di albe aliene.
Lo sciame ripiega e la schiena d’acciaio del basso e batteria sostiene il rientro dei fiati ora piu’ misurati ma non meno efficaci.
Cosi’, cosi’, niente cede, nulla si arrende e non c’e’ respiro, non un solo micron tra le fessure dello spartito ed e’ corsa forsennata, inseguimento furioso, guerra di contrappunti, fisica e selvaggia.
Non c’e’ tempo di respirare ma chi ha bisogno di farlo, non serve, non e’ necessario quando la portante sonora sostituisce sangue, carne e tempo che scorre.
Quanti temporali in quarti ritmici ed ecco una nuova realta’ piu’ spaziosa e luminosa, apoteosi di passati eroici e futuri infiniti, mondi sempre piu’ rari e per questo piu’ preziosi, universi che nutrono, danno vita, forse l’unica che realmente ha senso vivere.

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