Guardo avanti e sembra non vi sia piu’ nulla, niente che possa bastare in un oceano di compromessi, stanchi ricordi, spasmodico bisogno d’introvabile piacere, solitario osservare sconsolato ed annoiato perche’ cio’ che non c’e’ non torna, cio’ che non torna non appartiene, non e’ mai appartenuto, non sa disegnare archi colorati e nuvole, nuvole divengono unico cielo possibile, sola immagine da portare con se’ anche quando luce e’ bisogno.
Dipendera’ forse da immateriale tempo che non posso toccare, sentire, neppure vedere, muro, muro da penetrare ad occhi chiusi, piano piano, uno sguardo alla volta, sillaba che non diviene parola perche’ parola e’ segmento, suono e spazio in orrendo rincorrersi e qualche perche’ in troppa attenzione da prestare.
Resta cio’ che gia’ e’ stato nel miracolo dell’infinito frazionato, incomprensibile paradosso ma innegabile verita’ perche’ tra plastica e labirinto giacciono specchi e colori lisergici, tonde sfumature che non oso ricordare, forme che voglio evocare e canzoni che ho imparato a gestire, concepire, udire con la capacita’ di colui che ha dovuto imparare aliena e bellissima lingua, comunicare col silenzio per osservare dentro distesa ed incomprensibile landa circostante.
Immagine e’ terra screziata scura dal freddo, grigio, grigio e pietre, nero non piu’ erba, nebbia in eterno imbrunire, albero solitario al centro, inutile gesto di vita, offesa al silenzio, all’immobile cosmo che tale deve rimanere, nascere e cadere, crescere e morire, senza nulla oltre se’ stessi, intorno troppo, dietro coloro che sono stati, davanti corpi senza cuore, occhi spenti, piccole fessure impervie da non sfiorare, sempre che sia, sempre che fosse, sempre perche’ mai e’ parola proibita, unico termine inventato e per questo inutile, inutile come comunicare.
Del resto presente e’ piatto di cibo gia’ mangiato, ricordo di sapori, olfatto appena inebriato, dolce cedimento, sostentamento ed essenza eppure piacere, mattone si mattone piccolo ed ignorato invero necessario, griglia di ricordi allineati e decadenti, scarto di cio’ che humus e’, e’ stato, un ricordo, un presente, poco domani, tanto sempre.
Perche’ in questo mio risveglio, in questa nudita’
una lacrima si perde nell’ultima realta’
e nel chiarore del tramonto comprendo che
l’Infinito e’ un’illusione, l’Infinito e’ in me
Dipendera’ forse da immateriale tempo che non posso toccare, sentire, neppure vedere, muro, muro da penetrare ad occhi chiusi, piano piano, uno sguardo alla volta, sillaba che non diviene parola perche’ parola e’ segmento, suono e spazio in orrendo rincorrersi e qualche perche’ in troppa attenzione da prestare.
Resta cio’ che gia’ e’ stato nel miracolo dell’infinito frazionato, incomprensibile paradosso ma innegabile verita’ perche’ tra plastica e labirinto giacciono specchi e colori lisergici, tonde sfumature che non oso ricordare, forme che voglio evocare e canzoni che ho imparato a gestire, concepire, udire con la capacita’ di colui che ha dovuto imparare aliena e bellissima lingua, comunicare col silenzio per osservare dentro distesa ed incomprensibile landa circostante.
Immagine e’ terra screziata scura dal freddo, grigio, grigio e pietre, nero non piu’ erba, nebbia in eterno imbrunire, albero solitario al centro, inutile gesto di vita, offesa al silenzio, all’immobile cosmo che tale deve rimanere, nascere e cadere, crescere e morire, senza nulla oltre se’ stessi, intorno troppo, dietro coloro che sono stati, davanti corpi senza cuore, occhi spenti, piccole fessure impervie da non sfiorare, sempre che sia, sempre che fosse, sempre perche’ mai e’ parola proibita, unico termine inventato e per questo inutile, inutile come comunicare.
Del resto presente e’ piatto di cibo gia’ mangiato, ricordo di sapori, olfatto appena inebriato, dolce cedimento, sostentamento ed essenza eppure piacere, mattone si mattone piccolo ed ignorato invero necessario, griglia di ricordi allineati e decadenti, scarto di cio’ che humus e’, e’ stato, un ricordo, un presente, poco domani, tanto sempre.
Perche’ in questo mio risveglio, in questa nudita’
una lacrima si perde nell’ultima realta’
e nel chiarore del tramonto comprendo che
l’Infinito e’ un’illusione, l’Infinito e’ in me