I confini piu’ difficili da scoprire sono quelli che ci si e’ posti, forse perche’ il tempo passa e i giorni che corrono sbiadiscono scritte ed intenzioni ma talvolta il quadro e’ piu’ confuso di quanto effettivamente appaia.
E cosi’ che importa, perche’ cercare sempre, sempre, sempre un significato, un senso, un desiderio da esaudire, una missione da compiere?
Che canzone di tantissimo tempo fa regredisca la mia coscienza ad epoca meno sazia, tronfia, al tempo in cui i suoni erano nuovi e i giorni sperperabili in superfluo benessere.
Canzone che porta pioggia, giro di chitarra e basso come danza propiziatrice, voce distorta che e’ voce di tutti, epocale esplosione sonora di rara potenza, d’incredibile impatto, scontro frontale che fa dimenticare, che invita ad andare oltre, a scavalcare ennesimo ostacolo.
Potrebbe essere campana nel verde di collina smeraldo, domenica di sole, festivita’ di primavera e quel profumo mi ferisce qui, adesso, lontano.
Casa fatta di legno, finestra su universo inesplorato, luogo che non mi appartiene ma vicino, dolcemente solidale, accostato al volto e al cuore mentre voci straniere ormai non mi toccano piu’, non mi sentono piu’.
Illudersi di esserci, uscire dal manto di nubi e vento, cavalcare un soffio tra le case, tra quei volti grigi, ritrovare quanto smarrito senza chiedere aiuto e perche’ no, essere quanto ci si aspetta da me, magari senza pagare troppo, senza rinunciare a troppo.
Difficile e’ deludere in silenzio, senza rancore, senza accondiscendenza ma ancora piu’ difficile e’ non deludere affatto nel donare comunque consapevolezza, certezza, costante nell’incostanza, inenarrabile, imperscrutabile, generoso perche’ io.
There might have been things I missed
But don’t be unkind
It don’t mean I’m blind
Perhaps there’s a thing or two
I think of lying in bed
I shouldn’t have said
But there it is