Dominare il mattino

Circondato eppure ancora dentro me stesso, conto occasioni e strumenti, ascolto cio’ che poco a poco consuma dolore chiedendo piccoli pezzi di vita ancora una volta sacrificati a orrendo silenzio.
Bisogni primari, soluzioni rivoluzionarie in spazio sufficiente a contenere vita intera, esigenza sempre piu’ forte di non lasciare nulla di se’, sparire liberando poche immagini, qualche parola, infiniti pentagrammi, essenza piu’ che sostanza perche’ oltre rimangono decenni di immane fatica, potenti lampi che qualcosa hanno eppur illuminato, fortificata corazza di cuore pavido e grasso ventre, parvenza e potenza, miscidata sostanza che ha retto e sostenuto sguardi troppo bassi e silenzi profondamente imbarazzanti.
Tecniche eccelse di sopravvivenza che domino e dominano frangenti d’orrore in cio’ che puo’ solo definirsi dorata fuga, privilegiata e fresca oasi in inferno d’esistenza confinato altrove finche’ dita sanno muoversi, fintanto occhi filtrino ancora luci da nebbie e stomaco non urli di arrendersi a strisciante nausea, eccesso di resistenza, giusto che confonde piu’ dell’errore che si ostina a cacciare, fintanto coscienza si annulli tra lenzuola sempre troppo calde, sempre troppo fredde, sempre troppo strette, sempre troppo ampie, sempre troppo buie, immerse in milioni d’errori, in frase mai dette, in troppe parole, in carezze non date, in canzoni rimaste chiuse in tremanti mani come colombe in trappola, in telefonate aride, in sole che sa arroventare senza scaldare, in desideri uccisi da un voto, in paura di vivere, in terrore di essere felici, in maledizione di chi ha potuto bruciarsi nel fuoco delle proprie passioni sacrificando ad esse ogni possibile entusiasmo, eredita’ che pare ragione e sostanza, in fondo cio’ che di ogni resta.
Del resto ho solo parole da pronunciare quando nessuno ascolta e in questo tempo asincrono imparo a benedire quanto e’ concluso e cio’ resta che scivoli, che s’accasci tra le pieghe d’altrui felicita’, che parli a chi ancora vuole sentire, che illumini e protegga perche’ se un senso esiste, anche se non qui, sia comunque sufficiente, passione restante.
Cosa ci portera’ domani
se non ricordi troppo usati
Cosa ti apetti da quel cielo di nuvole incrinate
elettricita’ costante
per mantenere la tensione
disconnessione tra i pensieri
programmazione dei miei desideri
stati d’ansia persistenti
cresce la paura, cosa senti?

Qualcuno in piu’

Manca senso d’appartenenza e manca dai freddi pomeriggi di Dicembre, ricordo di fari riflessi sull’asfalto come fiamme antiche, nero santuario di preghiere e suppliche, gioco di vita impossibile da interrompere, da ricominciare, da rinfrescare con lacrime e ginocchia al suolo, con alberi che piangono lacrime di cielo.
Si cammina senza sapere di vivere, trasparente a tutto eccetto il dolore, ammantati d’illusioni cucite col passato nobile e fragoroso di quando illusione sembra presente e futuro di eterna epoca destinata a non finire mai, mai, mai.
Lava, magma mortale e fremente sostituisce fango viscido a coprire fondo instabile di cio’ che ancora chiamo anima e basta movimento poco piu’ brusco dell’ordinario per soffocare di rovente miasma, per morire di liquido incandescente  che esplode dentro stomaco e cuore, per spianare nell’orrore cio’ che a fatica si raccoglie da terra e in alto porla ad avvicinare il cielo e attendere alba che forse nascondera’ nella luce cio’ che buio malignamente evoca.
Eppure osservo persone e so esattamente che l’irrealta’ sono io, sfalsata dimensione, piccoli salti di frequenza tra universi irripetibili e qualcosa finisce, qualcosa inizia, la porta alle spalle si chiude e immobile scivolo con la lentezza di chi conosce la verita’ del momento, la formula di eterno passo, cio’ che conduce a orizzonte degli eventi di totale consapevolezza, giusto suono, perfetta onda di bianco frastuono.
Strada immutata da allora, innumerevoli occasioni per uscirne, nascondersi dietro volonta’ che non basta e non bastera’ mai, trascinarsi stancamente protetto da roccia dura, durissima, sempre piu’ pesante, sempre piu’ rumorosa, battaglia che finira’ in desiderio purtroppo realizzato in attesa di notte senza stelle, di asciutte lenzuola, d’incontro fortuito e occasione di troppo per perdere inedite battaglie e riempire di silenzio furiosa verita’ che mai ho saputo sottacere in tutti quei giorni che da allora sono e saranno sempre giorni di troppo.
E il volto poi si scoprirà segnato
da tante storie che nessuno ha raccontato
senza finale: un commedia musicale
di solitudini a Natale
con chi non ti capiva mai.

Il saluto dell’aviatore

Compressione, compressione, compressione.
Confusione di morti che danzano con vivi, nomi scambiati, invertiti, ricordi giusti in situazioni sbagliate dentro citta’ distrutte, sorrisi falsi, sorrisi veri in guerre solo immaginate, presunti crolli, ancore scoperte nel senso d’abbandono, nel sentirsi soli una volta di piu’, una volta ancora, attendendo la volta di troppo.
Seguire oro che non c’e’ piu’, vigliaccamente tradito, come Pietro rinnegato o restare nel comune miscuglio tra tazze sporche e parole svuotate, entusiasmo accondiscendente di quotidiano al quale in fondo sono ormai abituato mentre modellini grezzi inneggiano preludio a sconosciuto avvenire ed e’ incertezza che vincola, forse salva, si salva, deve salvare, deve motivare e lasciare ogni singolo oggetto immobile, incerati divani, spogli tavolini a reggere inutile materia e polvere come pelle opaca e leggera, immateriale seppur visibile e palpabile.
Il tempo, se solo sapessi cos’e’ il tempo lo inseguirei e non importa quanto impervie possano essere vette d’immisurata altezza quando giungere con rivelare e’ tutt’uno, se rinunciare e’ conquistare, possedere, conoscere, statico vortice perche’ si puo’ persino osservare caos senza distogliere sguardo da punto fisso.
In fondo e’ solo un altro viaggio del quale non conosco luci, quelle che m’accompagnano di notte nel ritorno a casa, poesia al tungsteno, croma di nero pentagramma, tenera canzone, nenia di un mondo che vive oltre paure, dietro televisori, dentro ricordi, fuori mura come prigione barattata con protezione.
Chi dice che sogni sono guida e’ colui che mai ha avuto incubi e se oggi, proprio oggi iniziassi ad indistinguere, potrebbe persino essere giorno nuovo, un po’ piu’ forte, un po’ piu’ debole, un po’ diverso, passo nel buio ma avanti, ancora avanti, indomiti e curiosi, estranei a se stessi nell’infinita scoperta, nel solitario arrivo, nel nulla che e’ silenzio.
Joy or sorrow what does revolution mean
To save today is like wishing in the wind
All my beautiful friends have all gone away
Like the waves they flow and ebb and die

Termoregolazione animale

Caldo, caldo asfissiante, pareti umide, depressione, sudore veleno viscido sulla pelle, sciabolate di sole da vetri incandescenti, pavimento cedevole, trappola per voglia di fuggire, salvezza e condanna, troppo stanco per decidere, troppo confuso per scegliere, annientarsi in azione da non compiersi, incompleto gesto.
Ogni musica e’ frastuono e di frastuono sembra composto volume d’aria arroventata a restringersi, collassare in materia d’enorme specifico peso, irrespirabile ossigeno, fiato di dea malvagia, mortale spira che toglie vita, sottrae energie nel nome di arcaico rito, nel caos generato, nell’orrore pasciuto.
Ogni canzone passa distorta tra mani che non sanno piu’ afferrare, tra braccia di cartone bagnato e fragili, occhi infiammati, abbagliati, perduti, irrimediabilmente persi tra figure distorte, bocche che s’aprono invocando chissa’ quali sortilegi, malefici per non comprendere, per disconoscere propria umanita’ nella perduta ragione.
Forse lasciare ogni oggetto immobile e’ soluzione, forse spegnersi nella culla vibrante d’oblio ed infecondo riposo potrebbe donare pace, forse sussurrare minuscolo basta e’ cataclisma quando niente piu’ si sa riconoscere, se tutto cio’ in cui si crede e’ eco disperso in greto fangoso, se ultime forze sollevano lacrime e null’altro verso costellazioni crudeli e curiose, spirali metafora di circolare esistere, percorso obbligato all’interno di tunnel senza fine.
Si incertezza, si confusione, si smarrimento e poco a poco disagio antico del quale non dimentico fetore e come belva acquattata nei recessi piu’ profondi dei pensieri ecco paura di perdere, terrore di smarrirsi urlanti e sconvolti su sentieri irriconoscibili e lontani, troppo lontani per tornare indenni dentro casa,
Poi rabbia, poi carne flagellata e a brandelli, poi pentagramma ricomposto, infine acqua gelida nell’inutile battaglia ancora una volta combattuta e vinta, nessun orgoglio, coerente in fondo nel frugale pasto del ritorno e questo si puo’ essere fregio, indifferenza come medaglia in sempre piu’ immobile e freddo petto.
I’ve got a plug in baby
Crucify my enemies
When I’m tired of giving
God is in me
With broken virtual reality
Tired of giving

Simmetria tetragonale

Io sono equilibrio, sono centro esatto d’infinito vuoto e rovente esplosione di materia e tempo.
Io sono ogni strumento, ogni corda pizzicata su legno antico, accordo d’impossibile estensione, canto di popolo dimenticato, dialetto perduto, significato smarrito.
Sono capogiro che assale guardando il fondo, temendo precipizio, puntando dito al cielo e nel buio piu’ totale cercare orientamento e segno di vita, fuga da presente, manifestazione d’introvabile gioia.
Sono pagina bianca, immacolato niente che niente raccoglie, nulla descrive, superficie troppo, troppo liscia, impossibile lasciare segno, impossibile interpretare abbagliante candore, alone di cio’ che deve ancora essere, che potrebbe non avverarsi, che sara’ diverso, comunque, sempre.
Cerco parole inascoltate, incomprese ed incomprensibili perche’ in esse e’ nuovo linguaggio, inedita grammatica, caratteri come ideogrammi antichi, civilta’ genitrice di ere in cui umanita’ fu sogno e fantasia, filosofia che mal si adatta a tempi illuminati e illuminanti come gli oggi costruiti su echi e scheletri virulenti, gusci d’inutili concetti, polverosa intelligenza.
Cerco citta’ deserte, vuote lande di sterpi e cemento accatastato in cio’ che fu forse arte, a volte bisogno, altre profitto, luoghi di cui diffidare in quanto fragili, tenacemente propensi a desolante abbandono, possibile gioia, sovente rovina, lungo silenzio da non cercare, da non aspettarsi nel buio sempre piu’ profondo della ragione.
Desidero cio’ che dimentico di avere, riflessioni presto lasciate scivolare nell’assoluto ma se traccia resta tra giorno e oblio sia immersione amniotica e genitrice di nuovo pensiero foriero d’alternativa visione, chiara missione.
Desidero schiavitu’ d’irriconosciuta passione, elitaria prigione a ingabbiare mai compreso universo di forza e debolezza, esclusione immotivata forse ma so che questa vita rimane comunque mia e se una e non un milione, cio’ mi basta.
Take your time and you’ll be fine
and say a prayer for people there who live on the floor.
And if you see what’s meant to be,
don’t name the day or try to say it happened before

Sbavatura

Ho gia’ scritto di ghiaccio persistente su vetri, come impossibile sia scioglierlo, persino toccarlo.
Osservare, osservare con ossequioso silenzio, mistica concentrazione, evocante mistero, generosa dotazione d’inesauribile natura capace d’intrecciare mondi lontanissimi, livelli d’energia con emozioni, impossibili calcoli di operatori tutti da inventare invero funzionanti e ottimizzate nel descrivere, tracciare contorni con linee marcate ed inequivocabilmente perfette in sintesi ed efficacia.
Ho gia’ ascoltato canzoni che sono inni, differente strato d’esistenza, angolare prospettiva di medesima visione, occhi per ciechi, orecchie per sordi, sospiro di chi non possiede altro se non quel ghiaccio per difendersi dal vero freddo, dall’inesauribile notte senza luna e vento, rami come scheletro al corpo della follia, agitati e nervosi perche’ anche orrore ha carne che trema, mostri che mordono, silenzi che atterriscono, strato su strato d’atavica paura, infiniti livelli ed ecco matamatica multidimensionalita’ a uscire e urlare che uomo e’ calcolo, risultato e addendo, subtotale sempre nel centro d’elaborata operazione, completo solo in interminabile somma e per questo intimamente incompleto, inevitabilmente insoddisfatto e comunque solo nella consapevolezza di gelo e notte, ricerca con sapore di sconfitta e desolato cammino, gambe sopra poca e fragile terra quando conoscere e’ restringere percorso su infinita striscia di sapere.
Ho freddo ma son riparato, morbido panno di brina e placido gocciolare di ninnananna stagliata come nuvola nel silenzio, ho voglia di fuggire ma tutto esiste e coesiste e inamovibile persiste a farsi toccare, a urlare di fortezze e tempi antichi, di morte e sortilegi, benigno fato e ringraziamento dovuto.
Forse, si forse perche’ mare resiste a ghiaccio, mare e’ acqua che ha osato evolversi e se salvezza e’ fluido resistere, posso essere, posso confondermi in confusione che e’ salvezza, in caos ordinato, in voglia come potere.
Read while the letters still remain
Sip from the wine of youth again
Oaths made in silence still return
Only for you

Naviglio nel centro dell’estate

In qualche modo credo di aver compreso o forse sono in procinto di riuscirci, magari invento comoda verita’ o disvelo banale realta’, apro gli occhi per la prima volta o giro il capo nella giusta direzione.
Divertente e ironico percorso, variegato ed imprevedibile trascorso e ancora una volta fantasia gareggia con goliardico fato disvelando circonvoluzioni e planimetrie impensabili, stanze di folle abitazione nella quale comunque e’ facile orientarsi invertendo stellari riferimenti, sovrapponendo fantasia a ragione, sovvertendo logiche precostituite, forse da sempre esistenti, forse da poco evidenti, quando impossibile era prevedere, indirizzare.
Ecco, fermare l’istante al giro di boa, sfere senza imperfezioni e riferimenti dalle opposte direzioni provenienti e non si puo’ dire, non si puo’ indovinare, neppure scommettere, solo interpolare frammenti di passato con tendenze al futuro e poi stare a guardare con umilta’ e pazienza.
Concorrere per la terra, concorrere per l’aria, spinti dal fuoco, rinfrescati dall’acqua ma cosa sono terra e aria se non diverse cardinalita’ di cosmo tutto da decifrare ed e’ questione d’istante smarrire orientamento e confondere partenza con destinazione, volo con volonta’, spinta inerziale inebriante a sostegno di ruoli definiti eppure erroneamente interpretati se infine invertiti nella sostanza e nell’obiettivo.
E cosi’ eccomi ad ascoltare fisarmoniche francesi, vedo strutture architettoniche collocate tra le piu’ informali delle arti e parole che non hanno dimora oltre cio’ che da qualche parte sento di dover costruire e altrove, in opposta direzione, calici scintillanti, tecnologia di lusso, spreco ed abbondanza, calcolata esistenza in nuova logica, nuova direttiva, algida voce in nebbioso tempio, luogo che un po’ mi pento di non aver debitamente conosciuto, esplorato, tempo perduto forse ma le menti distrutte errano nei fatti e nei luoghi.
Ora che ogni cosa e’ girata, mentre si invertono speranze e desideri, un po’ vorrei conoscere quei posti purtroppo evitati, quei volti spocchiosamente temuti ed osservando cio’ che non sono, infin capire quel che mi ero illuso di essere, felice di essere altra cosa, due riflessi per unica appartenza ed almeno in questo cio’ che vidi fu giusto.
La separazione puo’ essere…
…una cosa spaventosa…

Onirico rituale

Allungo le braccia, occhi serrati e afferro qualcosa, io lontano, il resto vicino, inspiegabile distanza e il metro che conto trascorso e’ continente sulla strada, oltre ogni collina che stancamente ho attraversato.
Rovesciato mondo, piccolo e divertente cumulo di sentieri e case, coacervo d’inutili sorprese dove essenziale e’ aria viziata mentre concetti palesemente alieni muovono idee ed emozionano, tardiva scoperta forse, giusta eta’ per comprendere, anni in cui l’inutile puo’ persino trovare spazio e considerazione.
Fuori fase e fuori tempo esploro dorati pertugi, passaggi polverosi da stupide epoche abbandonati e solo ora percorribili nel silenzio di gente distratta da scaffali e colori, bandiera in mano a pulir coscienza, innalzati da sempre meno a dir cosa e’ giusto e saggio, antitesi paritetica a tesi quando contrapposizione si sostituisce a pensiero realmente libero e tra queste rovine imparo l’arte di chi le ha rese tali e specchiandomi fronteggio nemico gia’ sconfitto, raccolgo armi abbandonate e mie, mie ora, intono nuove strofe, nuove linee da recitare a chi non ascolta, a chi non comprende, a chi potrebbe ricoprirsi d’emozioni ma giace a brandelli tra ingranaggi preziosi e privilegiati.
Traccio cerchio e asintotica linea, poi un’altra ed infinite ancora, qualcosa si materializza e narra vicende in lingua sconosciuta che non comprendo ma so essere importante e il nero e il bianco e millimetrici spessori su rugosa carta dicono che separazione puo’ dipendere da metodo e non idea, dal fondo a domandarsi se pensiero e’ piu’ forte di libri che non ho letto, di insegnamenti che ho rifiutato, di oggetti ritenuti forma senza concetto, di visione forse giusta, forse incompleta, certo da verificare, da sentire e fare propria.
Il resto, il resto solo retorica e spazzatura, parole di chi non sa agire e non vuole uscire da ordinari schemi, coraggio di cambiare lingua, di osservare gli astri dall’alto, di mettersi nell’esatto centro dell’esistere.
And the love that I feel is so far away
I’m a bad dream that I just had today
And you shake your head
And say that it’s a shame

Aureo evento

Mi sono sforzato di far uscire tempo dai miei occhi, dai ricordi e dai pensieri mentre sfioro argento caldo, seta impalpabile, gesto che non m’e’ consono eppure stavolta naturale, voluto, forse desiderato per tanto tempo, spostamento laterale di umanita’ perduta, illusoriamente ritrovata qualche volta, episodi che non smentiscono ma confermano, racconti di assensi e dinieghi, scelte come porte sigillate alle proprie spalle.
Non penso, no non penso all’unicita’ come evento, ricordo statico senza ripetizione o rimedio, forse un po’ di nostalgia in un’ora infinita, imperitura sezione di giorno cristallizzata nel difficile riconoscere scheggia d’eterno ritorno.
Immobile e freddo declinando palesi ma gentili menzogne alle quali credo senza alcuna riserva e non e’ altro che ingannevole tela nella quale felicemente desidero rimanere intrappolato perche’ se verita’ e’ vita, talvolta bugia e’ illusione che impregna speranze d’irrealizzabile futuro vivo quanto basta per sorriso, per dolce carezza.
Certi racconti fanno male, altri scatenano curiosita’, taluni confondono ricordi rendendoli piu’ vivi che mai e nelle vene scorre finalmente sangue che non imbratta e brucia, nella carne sento dignita’ e forza, volonta’ e potere d’infinite generazioni con ricordi ed esperienze improvvisamente mie.
Io sono il primo, io sono l’ultimo e ora non vorrei fosse cosi’, ma scelte proprie non fanno male, non troppo a chi ascolta oltre i gradini dell’incessante scala sulla quale seppur immobili si viene trascinati nostro malgrado, impercettibile spostamento ma innegabile, sorprendente magari ma indiscutibile e alla fine, oltre quel velo c’e’ mistero che inghiotte, baratro di luce di giorno in giorno piu’ vicino, voce leggera sempre piu’ grave fino a quando bassi profondi impediranno sonno e movimenti, forse pensieri, essenza stessa di cosciente definizione d’Io leggero e inconsapevole quando ringraziamento resta sospeso in aria, se ogni frase significa grazie, mentre mistero della vita e’ cortocircuito di sguardi.
Did you see the frightened ones?
Did you hear the falling bombs?
Did you ever wonder why we had to run for shelter when the
promise of a brave new world unfurled beneath a clear blue sky?

Giallo racconto

Entusiasmo di altre giornate altrettanto roventi, peregrinazioni dal sapore mistico e ricerca come gioco, scoperta come droga, espansione, espansione, crescita d’infiniti fattori, copioso sudore come battesimo, come sacrificio di rito antico mentre i miei colori si confondono con incisioni cinematografiche solo oggi inutili e dimenticate.
Movimento secco di polso e dita, sguardo troppo svelto per quanto si sia veloci ed ogni scatto e’ pezzo di speranza che muore, e’ pezzo di speranza che vive, osservare e conciliare sfrenati sogni con piacevole realta’, creare leggende, irripetibili momenti e tensione nervosa amplifica, esalta, sospinge di metro in metro l’ansia di vivere e sentire quando aveva senso confondere, mescolare, sovrapporre.
Grandi sporte quadrate, lunghi passi veloci alla ricerca di un minuto o per sempre ma merce rara e’ l’eternita’ se non la si sa cercare, se non si sa scegliere, se non si sa ascoltare e quanto poco importa il tempo passato se gli automatismi restano gli stessi, se dolcezza del gesto passa da necessita’ a dolce possessione, se toccare e’ sporcare e sfiorare e’ dono disinteressato, semplice stato delle cose, delicato dovere capace di essere simbolo, grande ed innocua ossessione, vitale speranza.
Perche’ quindi sentirsi liberi passeggiando in remoti giardini, forse paradiso perduto, forse eden oramai immeritato, forse e’ pura e semplice verita’ cosi’ pura e cosi’ semplice d’apparire irreale ed irraggiungibile come appartenesse ad altrui universo, racconto tramandato per dormire sereni, per pensare al domani, per ovattare il frastuono, per allontanare avvicinandosi passo dopo passo a un bisogno irrealizzato eppure mai assopito.
Almeno qualcosa resta ed e’ consapevolezza di speranza e volonta’, meraviglia moderatamente riproducibile ma e’ quanto basta, e’ tutto cio’ che occorre, leggero ossigeno di vita composto, di un domani nutrito qualunque esso sia, qualunque sia la forza di questa luce, brillare di lacrima che e’ speranza.
No reply
I’m trying hard to somehow frame a reply
Pictures, I’ve got pictures, and I run them in my head
When I can’t sleep at night
Looking out at the white world and the moon