No, il vento non mi fa paura.
Il vento e’ preludio di cambiamento ed e’ potente nel suo circondare le case, gli alberi, le auto parcheggiate, e’ maestoso quando avvolge le persone e porta via i vestiti, i cappelli, gli ombrelli, i pensieri.
Quando ci si ritrova nel vento, i bisogni tornano primari: rifugiarsi, coprirsi, proteggersi, difendersi.
Si sgretola ogni sovrastruttura nel vento, i preconcetti, le nozioni, le esperienze si dileguano e con esse le riflessioni, le considerazioni, ogni profonda analisi, le argute ellissi tracciate laddove serviva un pensiero forte.
Nel vento muore cio’ che si e’ divenuti e si rimane con cio’ che si e’ e davvero e’ nuovo luogo da esplorare.
Forse quello che sappiamo non imbruttisce ma sovente cambia i connotati di uno spirito una volta puro, affamato di esistere, assetato di vedere, sentire, si sentire con l’udito, con l’olfatto, con il gusto, il tatto e il cuore.
E’ strano pero’ il vento…
Come porta lontano materia, abiti, membra e foglie secche, cosi’ ci ricongiunge con quei pensieri che mai si ha tempo di analizzare, ricongiunge figure scomparse, frasi dimenticate, volti in passato noti, fotogrammi persi non per sempre, solo smarriti nella confusione del correre.
Invoco il vento perche’ fermi il turbinio incessante di domande, plachi le troppe gole urlanti, dia requie all’anima per un minuscolo frammento di tempo…
Categoria: dblog
Inventare la rugiada
L’arte e’ acqua su terreno impervio e mobile.
Piano semovente, oscillante, vibrazioni multiassiali di supeficie vasta quanto una vita intera con impervie cime e profondi canaloni aridi, foreste e deserti, laghi, fiumi e firmamento quando il sole non agita il suolo.
Vita che muove se’ stessa in diverse incarnazioni, motore autoalimentato, circolo virtuoso, volano a rotazione perpetua, ecco la corsa senza fine, innanzi a me il mistero eppure voglio oltre e cerco la scintilla primeva, ragione che sostiene la genesi e cosi’ osservo distaccato il moto che io stesso subisco, esperimento e ricercatore, padre e figlio, scrittore e testo, linguaggio e metalinguaggio di un racconto che sempre meno comprendo.
Esiste pero’ un fluido che scorre come sangue vermiglio nelle vene delle giornate, si insinua nelle crepe, in fessure celate dalla polvere, in sentieri battuti da impronte dimenticate o quotidiano percorrere.
Esiste energia violenta e delicata, dolce fiume in piena dai greti sempre diversi e per questo importanti per non cadere nell’insensato scorrere delle ore, acqua mai torbida che rinfresca, acqua limpida di bagno ristoratore, acqua che come oggi sommerge ma non annega, fluido amniotico in cui rinascere.
Disteso sulla terra umida
Mi perdo tra le nuvole
Sento la pioggia sulla pelle pungere
Il volo degli uccelli
Rude distanza
E’ difficile supporre quanto senso vi sia attorno, dall’orizzonte a quel giro di aria che accappona la pelle.
E’ difficile trovare equilibrio tra cio’ che arrivera’ e l’adesso.
Potessi fermare solo per qualche ora la giostra e pretendere, solo pretendere, ogni tanto pretendere, spazio, tempo, immagini, pagine scritte.
Poi no, non e’ cosi’…
Talvolta si squarciano i veli tra le realta’, mi ritrovo dove non son mai stato e osservo sopreso e incantato quei suoli solo immaginati e non comprendo se sia bene o male.
C’e’ un po’ di timore, c’e’ un po’ di pudore, molta perplessita’, corsa nel vuoto quando cosi’ non dovrebbe essere.
A volte preferirei chiudere gli occhi perche’ piccoli pezzi di eden spalancano le porte del purgatorio, limbo grigio come fitta nebbia percorsa a velocita’ troppo elevata.
Poi no, non lo faccio, non lo faccio mai perche’ troppa e’ la voglia di esserci almeno un po’, di sapere come sarebbe potuto essere e se dopo sto male non importa perche’ anche questa e’ vita, la migliore in fondo…
Nuvole volate via
Mi impedisco di finire qui, attesa di indefinibile redenzione.
Se solo sapessi accettare la vita…
E’ una valanga che travolge cio’ che incontra, onda di ghiaccio su fuoco ardente, su roccia antica, su alberi pacifici.
Ho distrutto quasi tutto nei miei giorni e ho ricostruito ogni volta e ogni volta diverso non piu’ forte.
Slittare, precipitare forse ma e’ la lentezza che inganna la vista e invece di esaltarne i dettagli, sfumature marcate chiudono le porte alla comprensione.
Forse non e’ bene ma la mancanza di chiarezza circoscrive i confini del vivibile dal fossato d’ombra e un po’ sono spettatore del palco su cui recito.
A volte mi illudo e seppur distante dalla natura mia matrigna, il tempo mi ha insegnato a goderne e perche’ non renderlo scudo, non farlo coperta.
Abbandonarmi e non cadere: forse e’ possibile ma voglio scoprirlo domani… si domani sara’ il giorno giusto…
Bisognerebbe adesso darsi delle regole
ricordarsi di essere uomini fermarsi e ridere
cos
Tap dance
In fondo gli inconvenienti sono il sale del quotidiano.
Vorremmo non ve ne fossero ma si vive per la sensazione di quando se ne esce.
Infastidisce forse il gradino emozionale, spinge dal fondo l’istinto di conservazione, il recondito mantenere status e possedimenti.
Nelle piccole e occasioni grandi, i dislivelli che percorrono la curva di cio’ che avviene definiscono le cime e i precipizi, niente che non segue e non sia seguito e se fermarsi ha un senso e’ la fatica a darlo.
Poi si, lasciare i pensieri slittare sinuosi al dopo e non pensare mai che non c’e’ un dopo e se non ci fosse allora cosa mai saremmo, che faremmo di ore troppo lunghe con statica presenza.
Forse il trucco e’ non prevedere tutto, ignorare i fallimenti senza dimenticarli, ascoltare la fortuna come una amica e staccarsi da terra per raggiungere il primo cielo disponibile, il primo blu incontaminato.
I’m sure you’ll have some cosmic rationale
But here you are with your faith
And your Peter Pan advice
You have no scars on your face
And you cannot handle pressure
Notte solare
Qualcosa striscia tutt’attorno e non so ancora cosa sia.
Qualcosa si muove da tempo, non ho percepito la partenza e questo mi urta.
Tra non molto chiudero’ gli occhi e non mi piace pensare sia una via di fuga, un’alternativa e non cantuccio buio.
Mollo tutto, smetto di scrivere e mi tuffo in qualcosa e non importa cosa.
Non e’ neppure sentirsi giu’ e nemmeno stanco; e’ la fastidiosa sensazione che non tutto sia sotto controllo, e’ l’ombra di cio’ che non si trova al suo posto, l’alone sfumato di controluce indefinibile nel contrasto.
Vorrei comprendere se desidero spegnere o accendere uno degli interruttori o solo guidare la mano al giusto controllo.
Poi un eco, piu’ sussurro che suono e un pensiero: non farai in tempo.
Cosa non faro’ in tempo, esiste l’irrinunciabile o irrinunciabile e’ quello che non si puo’ fare?
Il peso non e’ massa, il peso si definisce nella gravita’ e senza e’ trascinarsi di numeri senza significato, numeri orfani di base, astrazioni, sintassi senza linguaggio.
Perdo tempo quando dovrei spenderne e se vedo limiti allora abbatterli, abbatterli, altrimenti perche’ essere qui…
And it’s something quite peculiar,
Something that’s shimmering and white.
Leads you here despite your destination,
Under the Milky Way tonight
Contemporaneamente
Oggi e’ freddo davvero e sento il tempo fuggire via…
…mi sento non felice…
Ti parlo di frammenti, briciole d’esistenza e di cio’ che dovrebbe essere, racconto non senza un briciolo di malinconia del miglior mondo possibile, di una vita che malgrado tutto e’ poesia anche se non e’ quella immaginata.
C’e’ un pensiero detto piano, il desiderio di qualcosa tenuto a freno dal freddo di tutti i giorni e girarsi un poco per dirsi almeno ci sono.
Piccoli rimpianti su qualcosa che non avrebbe potuto essere, destino giusto ma sfasato nel tempo e in fondo va bene cosi’; poteva divenire orrendo mentre ora e’ solo in ritardo.
Sorrido e un po’ mi arrendo nel farlo ma non smetto di pensare, di volere un modo per indietreggiare le lancette avanzando nel contempo.
Lampi repentini sembrano quelli giusti e ancora non li afferro.
Veloci ma inizio a comprendere la direzione, il movimento, lo schema di fondo ed e’ li’ davanti e non manchero’ la presa al momento giusto.
Questa e’ la forza che serve: il resto e’ tempo inutilmente sprecato.
Running all my life
Running all my day
Running through the night
Seems like forever
Take me now
I’m so tired
Take me now
This time, forever
Diamante
Poco al mondo e’ piu’ radioso ed esaltante di un oceano di archi e fiati su un 4/4 martellante e sei corde elettriche.
La grancassa demolisce i bassi e attorno, un poco piu’ in basso, nascosta ma esaltante la Fender.
Un sussulto, quattro battute e trombe ovunque, ottoni esplosivi che stordiscono, bulldozer apripista per un esercito di violini li, proprio li’ al centro del campo sonoro.
Come un maglio sfondano frontalmente lo spazio e a pochi millimetri dall’esatta equidistanza dell’udito, si scompongono in infinite particelle luminose, in ogni dove, in ogni quando, un imbuto perfetto e fluorescente di toni dalle sfumature lisergiche di albe aliene.
Lo sciame ripiega e la schiena d’acciaio del basso e batteria sostiene il rientro dei fiati ora piu’ misurati ma non meno efficaci.
Cosi’, cosi’, niente cede, nulla si arrende e non c’e’ respiro, non un solo micron tra le fessure dello spartito ed e’ corsa forsennata, inseguimento furioso, guerra di contrappunti, fisica e selvaggia.
Non c’e’ tempo di respirare ma chi ha bisogno di farlo, non serve, non e’ necessario quando la portante sonora sostituisce sangue, carne e tempo che scorre.
Quanti temporali in quarti ritmici ed ecco una nuova realta’ piu’ spaziosa e luminosa, apoteosi di passati eroici e futuri infiniti, mondi sempre piu’ rari e per questo piu’ preziosi, universi che nutrono, danno vita, forse l’unica che realmente ha senso vivere.
Anche se serve
Sssshhh… fai piano…
Serve silenzio, bisogna essere cauti.
Passi nel silenzio come luce nera nel buio, un po’ di chiarore ma assenza di suoni.
Non parlare, non fiatare neanche, non muovere aria perche’ l’aria e’ pesante, perche’ l’aria trasmette movimento, perche’ l’aria e’ viva e puo’ raccontare, narrare di cose, persone, pensieri e sensazioni.
Serve calma, infinita calma.
Cio’ che circonda deve rimanere, statico e stazionario, mantenere, mantenere senza turbare, senza spaventare, non agitare.
Silente e sfumato, io acconsento, fermo i pensieri e spengo la parola, l’anima, l’essenza dell’esserci.
Struttura di niente e in niente rimango in attesa, nella pace del nulla.
Veliero
Rimango nella penombra di una luce riflessa con la punizione di una posizione ingestibile per scrivere.
Dormire, ma quale sonno rimane se rimbalza dentro il desiderio di esorcizzare il giorno, se anche solo un sospiro, forse un rantolo immerita il riposo.
Lontano dai miei luoghi soliti ma non distaccato completamente, realta’ alternativa in fondo, leggero brivido per allargare leggermente, poco i confini.
Inutile ma un po’ funziona e piccole magiche scintille trasformano la ventola in soffio di vento sul mare, lampada in tramonto, silenzio in tranquilita’.
Gia’ nel rientro godevo dell’arrivo domandandomi cosa avrei voluto una volta a casa e nell’indefinibile un pensiero troppo grande: essere migliore.
Perche’ no in fondo… eppoi con queste stelle, con l’anima grigia, le spalle ricurve e il passo incerto, potrebbe persino divenire realta’ e se cosi’ non fosse mi bastera’ averlo voluto, ambito, respirato.