Resistente al trauma, trauma resistente

Sospeso su un accordo lunghissimo mi sento felice, al sicuro, protetto dalla tentazione di svendere ricordi sbriciolati in coriandoli multicolori, virati leggermente al grigio magari, solo un po’.
Potrei persino illudermi che la ruota non giri oltre e che la testa cessera’ di girare con essa, abbandonarmi si, abbandonarmi, lasciarmi cadere morbido senza timore di non potermi rialzare piu’.
Non so se potrei realmente farlo perche’ sono troppo vecchio, troppo cosciente di me e onde ghiacciate hanno consumato la voglia di sole, di calore.
Si e’ vero, non posso piu’ essere determinato e incosciente e troppo, troppo, troppo, troppo presto mi hanno insegnato a non esserlo e a volte basta un 45 giri, un telefono bianco, la calda primavera che lascia spazio all’estate.
Troppo forte per farmi male, troppo debole per essere ferito: la corazza ha giunture logore vulnerabili e si, si, lascia stare li’, li’ com’e’, chiudi gli occhi, piano.
Oggi puo’ bastare, puo’ andare bene cosi’ come stanno le cose e domani nuovi accordi e la primavera sempre piu’ lontana, un giorno in piu’…

La grande piazza vuota

Non trovo logica in palesi illogici fatti.
C’e’ da perdere la ragione nel cercare di comprendere cosa non si riesce a comprendere.
Forse e’ possibile essere una particella tra miliardi e illudersi sull’Assoluto ma se davvero lo si vedesse l’Assoluto, magari perche’ invero e’ piccola cosa?
Sul serio l’Assoluto e’ cosi’ inesplicabile e indecifrabile da farci rinunciare nel capirlo, nell’analizzarlo, nello spiegarlo.
E se un giorno qualcuno si alzasse urlando “Io So”, dietro quale ipocrisia potremmo nasconderci? Quale preconcetto alzeremmo a scudo? In quale nozione nasconderemo la testa?
Se il Grande Inganno fosse che non esiste nessun grande inganno sapremmo accettarlo?
Potrei pormi infiniti quesiti e girare attorno come animale pazzo, senza pause, senza riposo, senza fine, per anni, secoli, interminabili secondi oppure accettare il semplice fatto di avere ragione, no di avere Ragione.
Descrittore di me stesso forse ma e’ un inizio dal quale partire.
Stupidi esseri decerebrati si riempiono la bocca e lo stomaco degli altri, del fuori, del diverso volendo abbassare ogni essere senziente allo stesso livello ed e’ cosi’ maledettamente facile partire dalla propria Ragione per innalzarsi sempre piu’, ogni giorno di piu’, forti della convinzione che una societa’ simile guarderebbe le stelle, non la terra.
Gia’ facile, ma iniziamo da qui intanto

Impaziente rintocco

Ancora sogni su viaggi da intraprendere e ancora una volta in ritardo, in tremendo ritardo.
Si ritardo, vecchie stanze, musica pesante della mia vita e mescolanza di oggetti ed elementi.
Ritardo e angoscia, qualcosa o qualcuno da raggiungere e pezzi di passato, volti del passato, luoghi del passato.
Gia’, ritardo, ma ritardo per cosa, cosa e’ rimasto indietro, magari incastrato in qualche piega imprevista, un contrattempo infido, un sospiro che avrebbe dovuto essere un urlo ma giuro, mi e’ sfuggito, non me ne sono accorto e forse quell’urlo era importante, si poteva essere importante.
Mi rendo conto di qualcosa anche se non vedo, non sento, non tocco.
Poi voglio essere letterale e mi sforzo di pensare al viaggio, al ritardo e percorro velocemente prima, lentamente poi e piu’ mi sposto piu’ rimango immobile, insabbiato in un labirinto inesplicabile.
Cio’ che esiste si confonde col sogno, cosi’ come non so piu’ se voglio seppelire qualcosa che emerge o far emergere il seppellito, se mi muovo affondo e paralizzato affondo di piu’ quindi cosa rimane mai da fare?
Sfiorare delicatamente la superficie increspata del sogno e pezzo per pezzo condurla qui, qui da me, davanti a me e ricavarne chissa’ cosa poi.
Credo di sapere cio’ che devo fare, io so, io so, io so dove sono ora, so come ci sono arrivato, quello che mi e’ costato e allora mi domando perche’ sono in ritardo, cosa mai ho dimenticato.
Lo inseguirei se lo sapessi, giuro che lo farei davvero, ormai la mia forza e’ questa del resto.
Se solo potessi iperventilare i pensieri, i polmoni, la mente…
E’ cosi’ chiaro dopo, cosi’ semplice dopo, cosi’ tranquillo dopo, potrei persino desiderare di farmi aiutare dopo.
Forse pero’ e’ proprio il dopo il problema, un dopo che prolunga il presente in un eterno domani stirato e allungato come elastico troppo teso, un dopo che non mi interessa scoprire perche’ da scoprire c’e’ ancora tutto qui, oggi, ora, si ora perche’ le macerie non interessano a nessuno ma e’ l’istante del crollo che affascina e incanta…
Tutto cio’ e’ molto stupido, ma stanotte ho bisogno di farmi male…

Curve

E’ una linea che non riesco a passare cosi’ come l’adrenalina non scende e non c’e’, non c’e’ nulla che mi calmi.
Gli occhi non percepiscono le giuste forme, i giusti colori.
Certa materia pare composta da vapore, altra piu’ densa del diamante e ho perso i legami fisici e logici di buona parte attorno.
Le mani, le mani sembrano strane, curiosi segni che non riconosco, nuove forme inseguono sentieri scavati di fresco, eventi veloci, forse troppo veloci, cosi’ veloci che non so.
Strano, in circostanze simili so rilassarmi, so carpire schegge di domani e possederli oggi ma evidentemente non oggi e non resta altro che un telo bianco e poca vernice.
Vetro opaco e zigrinature e cosi’ un tocco di cio’ che e’ stato che non guasta mai…

Volo, volo e suolo

Confusione sovrana sopra e sotto il cielo.Impercettibili cambiamenti che a stento percepisco se non nella sovrapposizione di differenti ere.
Imperfetta solitudine amplificata da forme d’onda analogiche sepolte chissa’ dove, digitalizzate nell’ossigeno elettronico e miscuglio di silicio e tempo diretto chissa’ dove.
Senza riferimenti arranco e annaspo, giro attorno e mi perdo in un rondo’ che non so piu’ gestire e miro muto e attonito il nero tappezzato di storie, travi intrecciate contro il tramonto su terre perdute.
Il cielo puo’ essere viola, il mare verde come prato sepolto dalla neve e la sabbia giallissima e perche’ non dovrebbe essere cosi’.
Del resto i ricordi sono fatti della stessa sostanza dei sogni e come i sogni intimamente riempiono buchi d’esistenza adattandosi alla forma e al bisogno.
Non c’e’ bisogno di essere formali, magari leggermente irrequieti, questo si…

Rilievo stampato

Incomprensibili eventi e noiosi sviluppi.
Quando le sfide divengono piatta cacofonia, informe contenitore di nulla, mal di testa pungente e null’altro allora bisogna cambiare.
Ammettere la propria normalita’ non e’ pero’ semplice e cosi’ rifugiarsi nel riguardo, circospezione d’intenti e sostanza, vuoto a perdere di giornate solo in apperenza diverse.
Almeno vorrei capire quale pezzo non combacia anzi basterebbe essere certi che esiste un pezzo fuori posto.
Illusione di anni che dovrei scordare o indugio opportuno se proprio non meditato?
Effluvio di fumo ancora sulle pareti e gia’ a dirsi che niente e’ uguale, abbaiate piu’ simili a latrati soffocati ed ecco il nuovo eroe, del nuovo tempo, dell’infinito mondo.
Quanto puo’ cambiare l’ordinario osservandolo con occhi diversi o l’ennesimo inganno d’inquieta veglia, taglia le gambe a raffronti inopportuni.
Dormire, dormire, dormire…
Risolve, si risolve ma non cura perche’ solo cio’ che non esiste tacita i bisbigli delle ossa, dello stomaco, di sensi abbandonati al sole di una finestra aperta sul passato.
Non so bene non so cosa
non so quando non so dove
non so pi

Incredibilmente semplice

Non focalizzo e disperdo energie.
Dipendera’ dagli Ash Ra Tempel che spingono in avanti e ritrovate poesie in musica di Fiumani che travolgono indietro ma sono un uomo senza tempo, lacerato tra pensieri inconcludenti e sublime inarrivabile.
Non riesco a concentrarmi e ho curiosi desideri di foto tra archeologia industriale, di palazzi in vetro, legno e acciaio, forse di quegli spazi in carta patinata su riviste del settore.
La contraddizione e’ solo apparente se solo ricordo la voglia, la fame di futuro che ho da sempre e l’architettura avvolge e avvolgeva le storie come lucente carta da pacco; nessuna sostanza, solo speranza di un desiderio.
Risuonano le voci di un passato futuro o di un futuro anteriore, chissa’.
Voci cosmiche e mille luci al di la’ del soffitto bianco, allineamento astrale come millenni fa e come i millenni che saranno.
Il ciclo si ripete ma non si esaurisce, spirale a chiudere vede cio’ che e’ stato senza ripercorrere ma solo ricordando impara crescendo in rimbalzo esistenziale.
Il movimento e’ inerziale, definitivo, inviolabile e non oppongo resistenza, cavalco l’impossibilita’ di pensare lucidamente e ne faccio destriero leggendario, felice persino del controllo perduto e dei pensieri che, sempre troppo poco, non mi appartengono.
Il tempo che splende e ci insegue ancora
e queste voci che consumano in fretta la mia vita
mi lasciano solo al centro
fra un passato che non conosco piu’
un passato che rivive in ogni istante
e il futuro che si nasconde di fronte a me… a me…
a me..

Tra casa e non so

A volte un po’ mi dispiace pensando a cio’ che non ho fatto.
E’ un sentimento strano; non e’ pentimento o tantomeno rimorso, non e’ rancore o autocritica.
Si potrebbe definire un volo a bassa quota su cio’ che poteva essere e una volta tanto non ci sono destini deviati o futuri perduti, qualche eventualita’ mancata, sfumature, vita di serie B che poteva essere.
Ancora piu’ strano dispiacermi dei particolari e affatto dell’intero quadro, particolari talmente insignificanti che non varrebbero che pochi secondi di ricordo, eppure divertenti da ingigantire, considerare, evocare persino.
Ecco, la ferrovia dismessa ad esempio.
Ruggine e cocci, plastica deforme e fogli incomprensibili.
Erba rada e disperata in pozze sconnesse e infettate dal tempo e dall’uomo.
Negozi fuori dal tempo comandati dalla fuliggine, bar sudici calpestati da una umanita’ piu’ rassegnata che disperata, capolinea di chi si e’ arreso, meta anticipata di chi non ce la fa piu’, inferno inconsapevole per qualcuno, il miglior mondo possibile per altri, l’unico mondo possibile.
Auto veloci, spietate, senza anima, senza destinazione, solo fermate intermedie tra un incubo e l’altro.
Marciapiedi deserti consumati dall’attesa di qualcuno che li calpesti, vecchio odore d’acciaio non ancora sedimentato piu’ nelle anime che nelle strade, semafori che paiono essere gli unici viventi tra mura scrostate e scritte comicamente e pericolosamente patetiche.
E poi, nel centro esatto di tutto questo, un ricordo lontano strappato dalla mia mente e divenuto luogo, incantevole oasi di cio’ che non e’ piu’, luce da stella esplosa da eoni.
Si, proprio li’, quasi sepolto dal grigio una piccola capanna di edera intrecciata nel filo di ferro e antichi pali scrostati.
Casse gialle e vuote accatastate in un angolo, tavolini in formica sbeccata dai bordi in alluminio, posaceneri in plastica dura col nome di liquori oramai spariti urlato sul fianco, cemento sotto i piedi quando ancora si pensava durasse in eterno.
Quella porta conduceva in un interno forse anch’esso anacronistico ma perche’ preoccuparsene quando tutto cio’ che volevo era gia’ li’ davanti a me.
Non mi sono neppure fermato a lungo, forse piu’ un breve passaggio e oggi so perche’; ho avuto paura, paura dei miei sentimenti, delle mie emozioni, dei miei pensieri e dopo sono fuggito, fuggito da quel luogo e da tutti i luoghi attorno, fuggito da cio’ che non mi apparteneva e a cui non sono appartenuto, eppure e’ stato emozionante, unico nel sapere di poterlo rivivere, unico nel sapere che invece non accadra’, unico perche’ sul serio mi manca…

Nero semplificato

Mi merito di piu’.
No davvero, dico sul serio, mi merito di piu’.
Si, va bene, faccio i miei sbagli, ho le mie colpe, certo pago azzardi e genuino entusiasmo, ma merito comunque di piu’.
Giusta l’accondiscendenza, attutire, sfumare ed ammorbidire ma c’e’ un limite, un limite a tutto.
Non vale neppure la pena prendersela e girare attorno e’ solo un mezzo per non cadere nel mezzo, per non girandolare come carta straccia nel deserto.
E’ che non si tratta di calmarsi, non bisogna fermarsi; semmai l’opposto e ritrovare voglia di liberarsi dall’apatia che nasce dal senso dell’inutile, dello sfogo dal ridicolo, dallo schifo dell’ingratitudine.
Sono talmente calmo che mi godo l’inutile fuori che in senso antiorario precipita nell’imbuto del nulla nella smaltata conca della notte.
Sono talmente calmo che persino i demoni fuggono inseguiti da un demone piu’ potente di loro, i fiumi si seccano e i mari si prosciugano.
Pesa pero’ che chi mi sta vicino, venga trascinato nell’intorno che cade e questo si, si che mi fa stare male ma ora non posso permettermi di preoccuparmene.
Fottuto stupido mondo…
I’ve got word of thanks,
thanks that I’d like to say,
for the rage that I feel,
the rage that I feel today.
Gotta stack, gotta stack, stack of chips on my shoulder,
in everything I do ‘cause I made, I made,
I made the mistake of trusting you.
People like you just fuel my fire.