Faccia a faccia

Il polso ha iniziato a tenere il tempo di ritmi normalmente insostenibili e indomite sincopatie gestite come mai prima e con disarmante semplicita’.
Forse la pioggia toglie polvere su superfici abbandonate a se’ stesse o solo quel poco di lucidita’ dalla troppo assente tranquillita’, mente sgombera e pura passione nei gesti, nei pensieri.
Si, pensieri, anche pensieri liberi e veloci, tuffo in mondo frattale perfettamente definito, matematicamente coerente e inscrivibile eppure misterioso ed affascinante, infiniti antri da esplorare con altri e sempre nuovi universi in essi racchiusi e da scoprire a loro volta.
Giocattolo mio e solo mio, forse solo bella sensazione ma a volte serve, a volte ce n’e’ bisogno.
In fondo al cuore la consapevolezza che e’ stanza d’albergo e non casa, film stupendo in sala di borgata, sinfonia dentro radiolina, ma e’ farsi maestro di minuscoli luoghi che da’ saggezza, e’ la piccola roccia in cima al mondo sulla quale sedersi che rende dominatori di quanto giace laggiu’, per quanto lontano, per quanto profondo.

Blu vermiglio

E se ogni singolo istante della propria vita fosse a ripetizione infinita?
Non e’ il male, non e’ il dolore, non e’ la rabbia ad uccidere ma le grandi passioni, gli amori eterni, le gioie infinite.
Tanto tempo fa ho scelto e ho scelto per sempre.
Non sapevo neppure di farlo, non intendevo essere cosi’ assoluto in fondo e guardo la mia ombra per ritrovarla esattamente dove e come la avevo lasciata.
Contrasto evidente e nettissimo, nero profondo, profondissimo, si muove con me, rapida scivola dove cammino e con me percorre strade e osserva al di la’ delle nuvole, al di la’ del firmamento, al di la’ dei monti e dell’asfalto.
E’ che talvolta mi confondo e ci scambiamo di ruolo, posizione, destino, in certe occasioni striscio quando dovrei correre, in altre rimango impettito e immobile mentre dovrei sinuoso aggirare gli angoli e avvolgere gli ostacoli.
E’ che in certi momenti non mi sento infelice come dovrei, non sono depresso come vorrei, non vago sconsolato, incompreso, sconfitto come sarebbe giusto essere.
Forse e’ per questo che prediligo l’oscurita’ alla luce.
Il sole allo zenith nasconde l’ombra ma e’ un istante, un quanto inesprimibile di tempo troppo breve per essere compreso ma di notte no, di notte io e la mia ombra torniamo uno, fusione in cio’ che non sono mai stato, in colui che doveva essere al posto mio.
Hello image
Sing me a line from your favourite song
Twist and turn
But you’re trapped in the light
All the directions were wrong

Caraibi

Comprendo si possa confondere un ombrello col sereno, un sorriso con una risata, occhi chiusi col riposo, davvero lo comprendo.
Capisco che ho trascorso troppo tempo dietro sole ed acciaio per non trovarli mescolati al mio sangue, alla mia carne, lo capisco sul serio.
Pero’ ancora mi sorprendo, cosi’ non dovrebbe ma mi sorprendo ogni volta sia cosi’.
Sono grande ormai per attribuire doveri, responsabilita’ e la causa – effetto gioca solo nei tempi supplementari delle ore un po’ piu’ buie delle altre.
No, davvero non importa, sul serio non interessa, anzi se cosi’ deve essere sia.
Del resto il sole splende sempre in tv, metallo pesante nei filamenti di rame e pasta al pomodoro per cena; cosa altro posso desiderare mi componga e mi definisca?
Intanto Glass minimalizza il mio tempo e la mia prosa, io invecchio e lui no, questo va bene, questo e’ saggio, questo e’ necessario, importante il basso profilo pero’, tanta discrezione pero’, soffio di tuba e oboe circospetto e lentissimo, danza su melodia fischiettata tra me e me e cosa altro…
Si dimenticavo, domani e’ un altro giorno di sole e gia’ rido felicemente al solo pensiero e questo e’ il mio inno, il mio regalo, il mio ringraziamento alla vita.
Arrivo l

Rapidamente efficace

Ho riascoltato quella canzone… quanto tempo, mio Dio quanto tempo, quanto tempo…
No, non credevo fosse ancora sospesa su me, non credevo…
Eccomi qui, grande e libero, forte come non pensavo di poter divenire ed improvvisamente in ginocchio nel pantano di cio’ che e’ stato, nella fossa di quello che era.
Come millenni fa non riesco a stancarmi, non posso fare a meno di infilarla nella carne viva, squarciarmi il petto e affogare nel sangue che sgorga copioso.
Non e’ piu’ nemmeno terapia, tantomeno sublimazione del dolore: un brindisi, si un brindisi a cio’ che ero, a cio’ che ho fatto, a dove sono arrivato… all’esserci ancora ma ad aver imparato a sopravvivere…
Poi si, cospargere il capo di olii profumati lascia afrore di pulito ma niente altro e ancora e’ profezia, speranza, movimento sotteraneo di emozioni e sensazioni che non finiscono mai, mai, mai, ciclo vitale di ecosfera interiore, motore, carburante di perpetuo moto e luce sul grigio pavimento ancora accesa.
Forse e’ vero, non fu capita, non completamente e anche di questo mi sono fatto scudo, eppure qualcosa deve essere sfuggito anche a me se tutt’oggi ho ancora paura che un raggio di sole che ho sopra la testa, sciolga le ali di cera e mi abbagli la vista…
e ora non starmi a sentire
tanto guarda ho anche paura di farti capire
sono bene o male solo soltanto parole
come gocce che non cambiano il livello del mare
non scende e non sale
ma sotto qualcosa si muove
e sono tutte quelle voci che tornano nuove
e tornano pi

Sistema inerziale

Apologia della partenza o forse esaltazione della stessa.
Difficile stabilirlo, difficile parlarne, cosi’ allettante pensarci.
Corse che stabiliscono legami antichi, elastico teso e fionda potente in luoghi piu’ immaginati che visti.
Punti condivisi, il cielo ad esempio.
Non e’ un problema di clima ma di sfumatura, digradare d’intenso blu in rosso, nero, grigio, desiderio.
Partenza che non e’ fuga ma evoluzione, rivoluzione certo ma nello stato dell’esistere non della permanenza.
Concetto oltre al movimento, ricerca e ritrovamento di radici bramose di acqua, terra, aria.
A volte penso basterebbe un balcone, una panchina, vento caldo al tramonto, luci di auto senza fretta, bagliori da vetrine che stanno per chiudersi, coppie tranquille con piccole smanie di rientro rilassante a casa.
Ho guardato dentro quelle case attraverso finestre socchiuse e ho veduto cio’ che volevo vedere, ho invidiato cio’ che volevo invidiare, ho immaginato storie e racconti quotidiani, ho rubato zolle d’erba e costruito colline fiorite.
E’ in quei momenti che credo d’afferrare qualcosa che bramo senza sapere cosa sia, e’ quel ricordo dimenticato eppure mai vissuto realmente, vivido, dipinto con tavolozza di diamanti e stelle e poi…
… poi rimango con le mani contratte verso il cielo, grigio che non riconosco e trama mai vista.
Forse un passo piu’ vicino o forse ancora un’illusione, pero’ mi sento meglio e quello squarcio nella realta’ chissa’ non divenga sentiero…

Deve essere li’

Come tra cristalli, immobile per non turbare, non guastare, non agitare, non fare male.
Inopportuna sensazione d’inutile presenza, ruolo non voluto ma cercato nei fatti anche se non nelle intenzioni.
Non amo questo stato di cose e mi aggiro nervosamente tra il pattume sparso di cio’ che rimane dopo l’ennesimo fallimentare giorno.
Sinergie tra passato e presente, ricordi che si fanno attuali e trappole nelle quali non finiro’ mai di cascare e cosa altro rimane del resto se non la costanza dei miei sbagli.
Consapevolezza non rammarico e per questo una tranquillita’ forse immeritata o forse l’unico frutto che il mio albero puo’ produrre e gustarlo puo’ essere poca cosa ma persino importante.
Piccolo habitat e tenero incedere di coscienza determinata se non forte e mi fermo qui, mi accontento di questo.
Incomprensione di parole sotto incipiente apatia o forse apparente apatia.
Troppo fermo, troppo soddisfatto, non resa ma restio a sbilanciarmi in posti anche solo diversi, figuriamoci ignoti ed e’ un limite, un forte limite allo spirito inquieto, all’aria mai troppo calda o fredda che respiro a pieni polmoni, irrorando sangue e pensieri di realta’ non abbastanza reale, non quanto vorrei almeno.
Time slips away
And the light begins to fade
And everything is quiet now
Feeling is gone
And the picture disappears
And everything is cold now
The dream had to end
The wish never came true
And the girl
Starts to sing

Nel fiore, nella pelle

No non va tutto bene, non va mai tutto bene, forse non lo merito neppure.
Campanellini nell’aria, soavi voci riempiono il campo sonoro e non vedo piu’ bene, non muovo il corpo, a stento le dita scivolano automatiche ed e’ cristallo che si ricompone dall’urto che sara’.
Rifletto su come questo istante sintomatico dell’essere, ronzio su melodia, disturbo accettato ed accettabile.
Incapace di dirmi che non e’ normale e non importa se cosi’ deve essere.
Urlare non ci sto, e’ inutile perche’ sarebbero urla a uno specchio ed inutile piangere sul raccolto dopo il seminato.
Accorgersi dell’abisso e non evitarlo, non importa del resto, cosi’ il dado fu tratto e io risi quel giorno.
Quanto resta non lo so, chi lo sa, ma puo’ andare cosi’ sino ad allora?
Puo’ essere un si, potrebbe bastare il si.
Diviso ancora mi ripeto che buio e luce non competono, non differiscono, non divergono, si riflettono e si identificano negli opposti, negli antagonismi compenetrano, nelle tinte si mescolano e cio’ che rimane e’ quanto e’, quanto sara’.
Un po’ come questi suoni hanno gettato fondamenta e sono fondamenta solide, che lo sia anche il nulla, il bisogno, il desiderio, la stanchezza e un pensiero che riposa li’ ora, da sempre.
So ya
Thought ya
Might like to go to the show.
To feel the warm thrill of confusion
That space cadet glow.
Tell me is something eluding you, sunshine?
Is this not what you expected to see?
If you wanna find out what’s behind these cold eyes
You’ll just have to claw your way through this disguise.

Trasparenza silenziosa

Come una scatola vuota avida di essere riempita, gia’ mi sazio della potenzialita’ delle offerte presenti innanzi a me, ma non so, credo rimarro’ nella contemplazione di cio’ che non faro’.
E’ che mi sento esausto, incapace di offrire alcunche’.
Inutile, inutile cercare qualcosa che ora non c’e’, qualcosa che non posso dare, qualcosa che non ho voglia di esternare.
Un po’ e’ arrendersi lo so ma imperativo ignorare cio’ che dovrebbe e riconsiderare cio’ che non e’.
In fondo e’ trovarsi in freddo campo arato nel cuore del silenzio e’ c’e’ il suo fascino, contemplazione e lunghi respiri o luce abbagliante e frontale, azzurra, arida ma almeno diversa se non altro.
Questo e’ quanto, questo e’ cio’ che rimane, questo deve bastare e al diavolo il resto.
Combattuto un po’ lo ammetto ma cerco capacita’ di lasciare dietro un po’ di doveri e il resto a venire.
E’ che mi sento lontano come la visione di un film di Natale in pieno Agosto, come una risata sguaiata nella santita’ di una cattedrale, come fango su lucido marmo.
Ricercare qualcosa di sbagliato e’ una opzione da considerare ma che alternative ho del resto.
E se invece di leccarmi le ferite lasciassi che la brezza le rinfrescasse e che sia quel che sia.
Si puo’ fare, oggi si puo’ fare e se e’ solo voglia di farsi compatire, di sopportarsi, di piangersi addosso allora si, che sia, davvero che sia…
This machine will, will not communicate
These thoughts and the strain I am under
Be a world child, form a circle
Before we all go under
And fade out again and fade out again

Un problema di meno

E’ come ripercorrere i propri passi cambiando la strada, non il percorso.
Ho bisogno del mio passato, cresco e prospero sul mio passato e il passato e’ un lungo ininterrotto filo del quale si possono dimenticare pezzi e tratti senza eliminarli pero’.
Riconfigurare, ridisegnare allora, cronologia bypassata, storia non come la si aveva lasciata ma alternativa nuova ed inesplorata, studiata, riadattata ma almeno diversa.
Ma non e’ la partenza, la destinazione disturba quindi volere fare cosa, illudersi di cambiare cosa, tormentarsi perche’.
Quante inutili considerazioni pero’, che stupido modo di rovinare la serata.
E’ che certe porte aperte andrebbero non chiuse ma accostate anche se bisogna poi convivere col proprio egoismo, con la faccia dell’ingratitudine e dell’irriconoscenza.
Che fare quindi e cedere sotto il peso di qualcosa che non appartiene piu’ non e’ possibilita’ contemplata, prevista.
Un treno e’ passato, io sono salito e qualcosa, qualcuno importante no, ecco tutto.
Ho sbagliato, devo tornare indietro, devo cambiare, devo, devo…
Devo fare finta di niente, devo ignorare, devo chiudere gli occhi e poi si vedra’, si sentira’, si capira’…
Well, it’s not far down to paradise, at least it’s not for me
And if the wind is right you can sail away and find tranquility
Oh, the canvas can do miracles, just you wait and see.
Believe me.
It’s not far to never-never land, no reason to pretend
And if the wind is right you can find the joy of innocence again
Oh, the canvas can do miracles, just you wait and see.
Believe me.

Pietre allineate all’imbrunire

Non fermarsi non e’ essere in movimento e non silenzio non e’ frastuono quotidiano.
Il silenzio puo’ ferire quanto un rombo esplosivo ed assordante, fermarsi logora mente e corpo quanto estenuanti turni di immani sforzi.
Esiste il non silenzio pero’ ed e’ pieno di rumori lontani, strumenti accordati suonati dal vento, dai motori, da voci stridule attenuate dallo spazio.
Esiste il non fermarsi ed e’ ossigeno roteante e sfuggevole, luce che avvolge e sposta come meridiana, foglie il cui moto e’ relativo all’esistere, mondo in movimento attorno al quale farsi centro e moto.
Vicino, piu’ vicino ma sempre troppo lontano quando l’esterno e’ fuori dalle consuetudini.
Trovarsi nel consueto ed e’ come vacanza, nuovi colori, nuove forme, nuovi odori.
Stupisce la semplicita’, sorprende come diamante nel carbone il cui luccichio sovrasta il nero e incanta.
Forse e’ oscurita’ nella luce o luce nell’ombra ma e’ inaspettato fascino e se e’ poca cosa, perche’ e’ poca cosa, c’e’ bisogno anche di questo, uscire dal ruolo assegnato, deviare dal percorso e poi rientrare certo, sempre, comunque ma dopo, solo dopo, tra un po’ magari…
We fired the gun, and burnt the mast,
and rowed from ship to shore
The captain cried, we sailors wept:
our tears were tears of joy
Now many moons and many Junes
have passed since we made land
A salty dog, this seaman’s log:
your witness my own hand