Se sapessi scrivere, lo farei ora e molto forte, urlo che cavalca onde di un destino curioso e malsano.
Trovarsi a miliardi di parsec dalla propria stella e’ frustrante e doloroso eppure non v’e’ motivo per raggiungerla.
Invero sarebbe unica cosa da fare ma il dubbio che le gambe non siano abbastanza robuste serpeggia nella testa come virus letale in circolo sanguigno.
Calmarsi, riflettere, passi lunghi e lenti e distanza da coprire con ampi respiri senza scordare, impossibile scordare, assolutamente non scordare e non confondere mai e poi mai il tempo col tempo, lo spazio con lo spazio, il fuoco con il mare.
Il mare… Nuovi sogni si diramano innanzi e c’e’ sempre una distesa d’acqua in movimento, cielo che volge a tempesta ed il tramonto, nero e oscuro tramonto da guardarsi in abiti pesanti eppure mi sento bene, in pace, entusiasmo di esserci, di vivere e di cio’ che avverra’.
Fossero premonizioni ucciderei il futuro che non mi appartiene e saprei, si saprei alzarmi su quelle gambe apparentemente fragili e stanche e donare l’eternita’ del mio cuore seguirebbe solo il donare dell’anima.
A volte mi domando se sono illusioni spavalde e mal riposte le mie e dubbi atroci minano le gia’ deboli certezze, ma c’e’ quel sorriso a cui mi aggrappo e sul quale edifico il castello delle speranze e non importa, non importa quanto cedevole sia il terreno perche’ e’ il costruire che da’ forza, innalzare innanzi a se’ stessi il tempio del proprio futuro e non fermarsi ai tralicci spogli, spaventosi a volte quando il sole calante proietta ombre sinistre e lugubri, ma vedere in essi sostegno e rinforzo di mura e finestre, protezione da vento, pioggia, caldo e fame ma non dal mare perche’ il mare e’ comunque amico, sempre un dono, specchio del firmamento da toccare e stringere, unico tramite per portare tra le braccia la stella, quella stella cosi’ lontana…
You will come to save me
C’mon and save me
If you could save me
From the ranks of the freaks
Who suspect they could never love anyone
‘Cept the freaks
Who suspect they could never love anyone
But the freaks
Categoria: dblog
Equilibrio
Fronte compatto e lineare di nuvole stagliate nel buio come stringa d’energia, aliena forma di luce, ultraterrena presenza proveniente chissa’ da quale dimensione dell’omniverso.
Ho voluto crederci ma e’ qui che l’eta’ fa male e da quella sublime ed incatevole energia si e’ fatta strada luna dispettosa lasciandomi conoscenza del cosmo quando l’esigenza e’ nella magia.
Paria senza storia ne’ dimora ho smarrito il cammino trovando invece stelle pallide e annoiate, luci troppo deboli ed inutile calore.
Ho ricordato quel viale alberato che pareva cosi’ lungo nella corsa mia lenta e l’aria caldissima sul volto, sul petto attraverso la maglietta colorata, odore intenso di olio bruciato tra ingranaggi roventi e ruote dentate sfrigolanti.
Li’ si e’ fermato e ancora me ne sono andato perche’ incapace di cogliere l’essenza del momento, giorni di epica gioia ed immense possibilita’ e chissa’ se l’oblio divorera’ l’ennesima prova di aver toccato un mondo oltre il muro e quel calore sulla mano abbandoni anch’esso i giorni piu’ difficili.
E’ che inizio a confondere le fessure crepate sui muri con portoni di oro zecchino e se certi errori si pagano cari, anche il fio dovuto e’ fonte di confusione, perplessita’ e sconcerto in stanco amplesso, sforzo genitore di patetica e tragica apatia, castrante realta’ che nemmeno percepisco piu’ tale.
Vento che spinge a tempesta?
No, bonaccia e stasi e fuoco attorno che irradia secca ed inerte ventata di rovente nulla, mi sfiora, mi sorpassa e onnipotente domino vuoto e sussurri, segreti inutili di cenere leggera sospesa nell’attesa di movimento, sussulto, rami sbattuti con tenera violenza e un varco per la’, laggiu’…
Save me from this shallow land, take me out of tempers hand
Drag me from the burning sand, show me those that understand.
Rest in shade, no sound his made,
Where silence is played, sound of silence played.
Fuggire l’attenzione
Vetro satinato innanzi i pensieri e fastidiosa foschia in ogni direzione.
Bruciano gli occhi e lacrimano, palpebre pesanti e doloranti, pupille incapaci di accettare piu’ luce della penombra ma e’ il chiarore che voglio, che desidero, che merito.
Occhi che cercano cosa, braccia ansiose di stringere il rapido avvicendarsi delle ore aggrappandosi all’indefinibile comparsa del giorno dopo, aspettando che domani sia chimera, paradiso scintillante e meraviglioso.
Poi non e’ che non voglio raccontare ma come te non ho parole malgrado tante ne siano state inventate e profuse per il piacere del prossimo.
Premesse, di premesse e ancora antefatti, presupposti, congetture ed eventualita’ e ancora non serve e se non serve ecco uno stacco netto, qui ora e infine il crollo, la catastrofe di chi e’ cio’ che e’ stato, progressione del divenire, filosofia spicciola di volo in direzione errata, sottostima di montagne e sovrastime di pianure, fuoco spento nel ghiccio e condensa giacciata da tizzoni una volta ardenti.
Indifeso, muto con ancora un po’ di sangue in circolo e vorrei offrire tempo, giorni, settimane, mesi e riprodurre sequenze di storia, della mia storia e finalmente, finalmente buttare tutte quelle parole e lasciare milioni di foto a raccontare e poi se non basta, perche’ comunque non basta, li’ si gettare tutto al vento e tentare ancora una volta di ripartire, magari non da me, non questa volta…
I believe that when the hurting and the pain has gone
We will be strong, Oh yes we will be strong
And I believe that if I’m crying while I write these words
Is it absurd? Or am I being real
I believe if you knew just what these tears were for
They would just pour like every drop of rain
That’s why I believe it is too late for anyone to believe.
Profondo defluire
Volevo pompare un po’ di calore nel cuore coi Marillion… Qualcosa dentro non capisce piu’…
Dentro, fuori, giusto, incorretto non sono piu’ concetti ne’ domande da porsi, semplicemente arcani vocaboli rimasti nel mio dizionario sui quali ripasso ogni tanto e riderci su, proprio come si fa con parole dimenticate il cui sapore antico talvolta sfiora il ridicolo.
Non vorrei, non dovrei neppure pensarlo ma, si forse mi sono arreso a cio’ che sono una volta di troppo e non mi sento ancora pronto ad accettarlo.
Non parlo piu’ e quelle poche parole cadono nella polvere disperdendosi in ampi raggi non circoscritti e come posso biasimare chi non raccoglie, peggio chi non coltiva come se vi fosse valore alcuno in cio’ che proferisco.
Ormai basta latrare perche’ conta il volume, spinta di decibel come schiaffo, sensibile dichiarazione di presenza e niente altro, poco meno che altro.
So che non e’ vero, maledizione se lo so, eppure i risultati sono talmente simili e simili gli effetti che qui la resa trova gioco facile e il resto e’ banale conseguenza.
Davvero mi fermo qui e prosegua chi ascolta se vuole, pungolandomi, costringendomi forse perche’ da qualche parte ci sono ancora pensieri degni di essere formulati, canzoni da essere ascoltate, paesaggi che brillano come smeraldi e sabbie bianchissime che degradano in vita.
A me non interessano piu’, ma volendo…
Gia’, volendo…
Might like to go to the show.
To feel the warm thrill of confusion
That space cadet glow.
Tell me is something eluding you, sunshine?
Is this not what you expected to see?
If you wanna find out what’s behind these cold eyes
You’ll just have to claw your way through this disguise.
Viaggiatori e mistero
E’ come un velo sottilissimo, impercettibile, impalpabile, presenza muta, in po’ inquietante, sospettosamente vicina, troppo vicina talvolta.
Insetto tra i capelli, invisibile tela impigliata al volto, riflesso diretto di specchio lontano e continua ad infastidire, tormentare, disturbare.
Spostarsi un po’ piu’ in la’ e’ una soluzione rapida che puo’ persino funzionare e quando cessa l’effetto allora mi allontano ancora un po’.
Delirio di sole e sudore ma c’e’ acqua, basta cercarla e smettere, smettere di pensare a impropri giorni, epoche in cui il sole aveva lo stesso colore di oggi.
Portarmi lontano…
E’ che il lontano non e’ lontano abbastanza e forse e’ vero che lontano e’ solo differente, divergente, rette con troppe direzioni ma una e una soltanto destinata ad essere giusta, come se il giusto si inquadrasse in schema sensato senza che sterminate ed innumerevoli fontane di luce ne celino la vera natura, progressione naturale o scherzo crudele che sia.
C’e’ un filo, un filo azzurro e non posso raggiungerlo, non voglio ragiungerlo ma e’ li’ che mi serve, li’ a saziare i desideri, accontentare i capricci, soffiare sulla fiamma della certezza.
And just as the smile’s returning
After all the pain
The fire inside stops burning
Just to burn again
In moments of madness
Returns that softly sighing lament
Cosi’ divertente
Dalle cassa una voce dolcissima ma aliena.
Suoni ipnotici e delicati, seta su seta ma alcun significato noto.
Sforzarsi di ascoltare ma vedere solo divergenti raggi di luce dal centro esatto della nuvola innanzi ai miei occhi.
Sforzarsi di capire, comprendere una parola, tramutare suono in discorso per infine giungere che ero io incapace di ascoltare, troppo il bisogno di lasciarsi andare senza bisogno alcuno di proseguire oltre.
Percorrere lo spazio come il tempo, una sola direzione, una sola costante velocita’, immutabile e precisissima scansione di vita, metraggio i cui fotogrammi delineano quanto rimane alla fine del film, alla fine di cio’ che resta.
Io non ho visto, invero neppure sperato.
Soggiogato dagli eventi scopro costanti universali come unica protezione e con esse tento di ristabilire un ordine naturale delle cose ma e’ illusione, illusione, stupida illusione di chi non comprende l’aggiungere una unita’ sull’altra ed e’ cosi’ che dovrei agire, comportarmi, adeguarmi.
Uno su uno, kilometro su kilometro, giorno su giorno, musica, parole, immagini, cibo, letto poi cos’altro?
Dimenticato nulla? Gia’ piena la valigia? Gia’ carico il bagagliaio?
Qualche tramonto, molti lampi, troppi tuoni rimasti nei cassetti ma so che tornero’ a prenderli o a spargere nuova naftalina, fa sempre meno differenza e comunque l’odore di stantio non cessa di farmi lacrimare gli occhi stanchi, sempre piu’ stanchi…
Broadcast me, scrambled clean
Or free me from this flesh
Let the armchair cannibals take their fill
In every cell across wilderness
We’ll trip such a strangled tango
We’ll waltz a wonderland affair
Let’s run to meet the tide tomorrow
Leave all emotion dying there
In the star cold beyond all of your dreams
Silos bianco
Sono fuggito di casa e mi sono rifugiato nell’unico luogo in cui riesco a non pensare, nel solo posto dove tutti miei i doveri e i piaceri, le colpe e i meriti e cio’ che compio o meno ricade per un verso o per un altro solo e unicamente su me.
Non e’ mai fatica, non c’e’ sudore o dolore; e’ la sensazione di tranquillita’, l’appagamento che cresce laddove v’e’ sacrificio e dovere, consapevolezza che non c’e’ risultato se non ci si mette in gioco.
Poi terminare e stemperare la pelle in acqua fresca e lasciare che il respiro si blocchi nello stomaco, il sangue stesso si fermi e permettere alle ansie di sciogliersi, sospensione emotiva ed emozionale, dipendenza infranta dal quotidiano.
Era un anno che aspettavo quel momento…
Mi sono mosso lentamente e alzando lo sguardo al cielo, da una parte il sole mi e’ esploso negli occhi e all’opposto nuvole grigie spaccavano l’orizzonte correndo longitudinalmente nell’algido blu.
Ora fermo, naturalmente immobile, non mi e’ parso vero che quel tempo fosse mio e l’assenza totale di voglie e desideri mi ha estasiato come raramente accade, come un premio ambito e meritato.
Ancora sole rovente, tanto sole e libro che scivola via tra lampi accecanti e sudore copioso e cosi’ ancora, ancora, ancora fino a sentire l’ombra rotolare sul fianco e via via attraversarmi, oasi lussureggiante nel deserto in fiamme e alfine silenzio, conclusione solo rimandata ad altri giorni, a quando spezzero’ ancora le mie abitudini, lasciandomi spazio, aria, libri, qualcosa che amo, per me, solo per me…
I am a face
in the painting on the wall
I pose and shudder
And watch from the foot of the bed
Sometimes I think I can
Feel everything…
Quel che succede
Luci lontane nel poco chiarore rimasto, fari di trattori nella fresca campagna, nella verde e gialla campagna e una moltitudine di stelle ancora nascoste, attesa di buio dal quale emergere.
Aria umida malgrado la velocita’, malgrado il gelo nello stomaco e nonostante tutto ancora un po’ di kilometri nelle braccia, nelle gambe, negli occhi stanchi, cosi’ stanchi…
Non mi e’ rimasto molto, quel tanto che serve per arrivare a casa, quel posto carico di silenzio da infrangere, luci spente da accendere, immagini da proiettare e pagine da sfogliare.
Avere voglia di cosi’ tanto che nulla accontenta ne’ soddisfa e scoprirsi in una di quelle sere in cui le voci non si placano, i dolori non passano e persino la musica non ti avvolge come dovrebbe, non lenisce il disagio come consueto.
Un po’ di rock, quello antico, quello di sempre, quello di tutta la vita e se il brivido ugualmente non arriva, le mani almeno si muovono e un po’ di nulla rotea e fugge soppiantato da basso e batteria, un sorso di fiele e’ sputato da chitarra molto elettrica e quelle parole scivolano come miele tra cocci di vetro.
Voglia di sentire ancora, vedere ancora e come da ragazzo considerare ogni minuto il minuto buono per provare stupore, nuova energia che brucia senza distruggere, fuoco che crea e non consuma e domani altra energia, ancora fuoco, ancora un nuovo domani.
No, niente di tutto questo ma il mio rock e’ ancora qui, almeno lui rimane a prendere il posto di cio’ che manca, di cio’ che non c’e’ piu’, di cio’ che non c’e’ mai stato e sempre piu’ sono convinto che non solo sia importante, ma forse e’ quello che piu’ conta.
Out here in the fields
I fight for my meals
I get my back into my living
I don’t need to fight
To prove I’m right
I don’t need to be forgiven
Equilibri impossibili
Per due minuti, due soli minuti non mi e’ importato piu’ niente di niente.
Sole, sole caldissimo fuori da quelle alte mura cariche di aria viziata e gambe affaticate, zavorra di sudore e stanchezza addosso, peso inumano.
Un po’ di orgoglio, un pizzico di amor proprio, testarda determinazione ma che rimane, che resta veramente alla fine dell’ora, nel centro esatto di cio’ che vogliamo e siamo, non so, non definisco eppure ero ancora li’ volendo solo concludere ed essere altrove.
Ah la mente, la mente, la mente e’ cosi’ potente quando vuole, quando puo’, quando riesce e serve poco, suoni industriali, basso vertiginoso, batteria dall’urlo lontano ma imperioso e le parole giuste, quelle parole che non hai saputo raccontarti, che nessuno, nessuno, nessuno, nessuno al mondo sa dirti, sa sbatterti tra i pensieri nel mezzo del dolore, nella trappola dei giorni, nel recinto delle piccole consuetudini, parole che spalancano i cancelli della rabbia come arcane formule sepolte dal tempo e da stupidi uomini.
Dolore all’anima come fredda lama tra le costole e non ho visto piu’ nulla, qualcosa e’ esploso e ogni frammento rovente ha inciso carni e cuore.
Ho corso, ho corso come mai prima in vita mia e non era abbastanza, niente lo e’ per quanto faccia male ammetterlo e ogni passo demoliva montagne, ogni bracciata svuotava oceani, ogni respiro cancellava mondi fino a quando non e’ rimasto piu’ nulla da distruggere, niente da abbattere e l’infinito vuoto come casa.
Non e’ rimasto neppure l’esserci ancora o il tamburo battente arginato nel petto ed e’ stato un grande niente, un niente che sempre piu’ spesso vale piu’ del tutto.
E’ necessario che io sia coerente con me stesso
per dare il peso giusto e un senso a tutto il resto
ed e’ importante che non faccia cose in cui non credo
per non confondermi e dover tornare indietro…
e’ necessario, e’ necessario…
Superare il meglio
Il piede sta sfiorando l’acqua e inaspettatamente e’ ricordo duraturo, uno da portare con se’ nei giorni e quando si cercano ragioni e motivi.
So, so benissimo dovrei terminare il giro su questa infinita ellisse e non precipitare nella trappola tesa a rinchiudermi ancora una volta in inutile tragedia, in corsa verso la polvere.
E’ che purtroppo ho imparato a nuotare sin troppo bene e trattengo il fiato ancora meglio.
Acqua come aria fresca e fango come fuliggine, turbini che si muovono come brezza e gorghi spaventosi di sottile movimento.
Amo e odio, rapidissima successione di fotogrammi sovraesposti, gonfie deformazioni di psichedeliche immagini, eterna proiezione di medesime figure contorte ed esplico su esse tutto cio’ che conosco, quella misera cultura che mi appartiene giocata in due accordi e qualche campo lungo e che il resto passi a domani, nuovo tempo, nuova meraviglia su cui germinare in radici di nero fumo.
Confusione ma non basta perche’ la confusione non e’ mai abbastanza, la confusione e’ lucida nella sua indefinibile forma e caratterizzazione, quindi a me materia grezza da porgere in lacrime a chi vede, a chi ascolta, a chi si accontenta di poco o niente, buon tentativo fallito e via a riderci sopra in inutile gaudio, recrudescenza che almeno delinea lo stato delle cose.
Bilico…
Ho perso il mio controllo sulle cose di ogni giorno
e sento
la mia memoria vuota come aria da non respirare
ma ci vuole del coraggio per restare sempre in piedi
(ma mi senti)
in un momento
questo momento
solo in un satellite in costante movimento