Baciando la pioggia

Alcune volte, sempre piu’ spesso, vorrei uscire e lasciarmi solo in questa assurda fornace e non preoccuparmi piu’ di tanto di cio’ che accade.
La sensazione di aver gia’ dato tutto alla vita e che la vita mi abbia gia’ dato tutto lascia spazio a sardonico sorriso di compatimento, esausto vuoto avvolto in manto di stupidita’.
Cosa consola, cosa sostiene, cosa importa del momento, quando inizio a perdere il senso del tempo passato e il futuro e’ amalgama grigio e furibondo.
Inizio a pensare che perdero’ la battaglia col senso dell’esistere e combatto tra sorpresa e irritazione.
C’e’ stato un inganno e so gia’ tutto, senza spiegazioni ulteriori e la passivita’ delle mie reazioni incute oltremodo rabbia e nervosismo.
Mancano i fondamentali, insostituibili colonne che non voglio e mai ho voluto e qui l’ironica sequenza di eventi da cui non si esce, non si trova pertugio per raggio di sole, goccia di rugiada, luminoso blu da stampare nell’agenda dei giorni a divenire.
Solite cose, ennesima ripetizione di noiosa e interminabile e davvero insostenibile nenia ma serve, ogni molecola serve a caricare cinetica energia e occhi aperti catalizzano e concentrano.
Le tenebre coprono, cancellano, celano l’orizzonte inghiottendolo ma non vi sono segreti nel buio che ovunque rivela luce senza ombra e in questo buio permango, vegeto, attendo basso, coperto di stracci di cui sbarazzarsi facilmente e so che niente puo’ farmi male, perche’ l’oscurita’ quando amica e’ anche fedele, tranquillizzante nutrimento, eterna reggia che potrei anche sentire mia…
Lose me in the dark
Please do it right
Run into the night
I will lose myself tomorrow
Crimson pain
My heart explodes
My memory in a fire
And someone will listen
At least for a short while

Ragionata felicita’

Sembra un’immensa onda cha avanza piu’ lentamente di quanto dovrebbe o forse sono io che incantato perdo nozione del tempo e non mi rendo conto di cio’ che avviene.
Alterazione sensoriale che basta per domandarmi cosa stia avvenendo, quale incanto mi stia imprigionando e se attorno a me stia curvando nuovo e imperscrutabile cammino.
Gocce rallentate e acqua che plana e scivola tracciando percorsi improvvisati e sempre diversi, come sangue trasparente che dona vita al suo passaggio ed e’ vita quella che entra nei miei sogni ad occhi aperti scambiandosi con essi.
Fusione di cio’ che non e’ con cio’ che potrebbe essere ed e’ confusione che fa bene, che aiuta, bisogno interiore ed esteriore, si esteriore…
Osservo senza riflettere ed e’ puro istinto che muove la macchina, ma la macchina rimane al suo posto senza sapere il perche’.
Stanchezza, eccessivo decisionismo, magari equilibrio da non turbare perche’ troppa e’ la fatica di riportare, di ripartire, di posizionarsi su nuovi blocchi di partenza in gara che non voglio disputare, che non interessa disputare.
E’ piacevole azzerare e partire daccapo e nuovi inizi come espiazione d’indesiderate giornate, compenso, forse compenso inaspettato, anticipo di cio’ che lontano in altri mondi sta avvenendo, riflessione su sfaccettato presente, infinito adesso da cavalcare, ispezionare, studiare, piegare a bisogni impossibili da soffocare perche’ la corsa e’ partita da un pezzo e non e’ fermare, non e’ interrompere, solo capire su quale banchina attendere, su quale binario far correre energie e voglie.
Everything about you is how I wanna be
Your freedom comes naturally
Everything about you resonates happiness
Now I won’t settle for less

Leggero in un angolo

Distante, distante da qui, solo pochi mesi che sembrano millenni.
Posso immaginare, sentire, si sentire con tutti i sensi, in tutti i sensi come animale inconsapevole d’esserlo.
E’ tempo si, e’ spazio indefinito e non riconosco quel luogo ma e’ come fossi li’ da sempre, come se ogni motivo fosse spiegato nel convergere, come domande placate da onniscienza, come tempesta su foschia.
Rovine al tramonto ed e’ maestoso spettacolo, immenso nella forza dei secoli e so che come marmo e’ destinato a durare, resistere, oltre me, oltre tutto quanto.
L’intorno si ferma e posso lasciarlo li’ perche’ il movimento e’ spreco d’energia, gesto finalizzato a ricerca e la ricerca e’ conclusa vanificando moto, spostamento.
Stasi finalmente come effetto e non causa, immobile e sensibile ad ogni spostamento, meritato riposo anche solo per pochi minuti.
Si, poco tempo davvero perche’ e’ ora di andare verso quel sole oltre le rovine, afferrarlo prima che sparisca del tutto, tra le mani conservarlo e poi non so, oltre non oso e la fantasia non ha forza per spingersi ancora piu’ in la’.
Sogni limitati per evitare dolore, perche’ l’impossibile sia sprono e non frustrazione, perche’ le onde fredde possono anche uccidere.
Ho questa visione pero’ e fronteggio il mare con gioia, tra schiuma e ombre tiepide in un impatto che non fa male perche’ niente puo’ piu’ avvenire senza controllo di una vita cosi’ come e’, cosi’ come dovrebbe essere e li’ al centro, avendo tutto cio’ che desidero allora non potro’ piu’ cadere, piu’ ferire, mai piu’ chiudere gli occhi…
Occhi stanchi di fissare orizzonti fermi
come se non ci fosse neanche il tempo di dover rincorrere
Certe volte anche un soffio di vento
cambia il corso delle cose

Dipendere

Testardo ed arrabbiato, refrattario al buon senso e conoscere aggrava, sincretica percezione quando sarebbe cosi’ semplice, maledettamente semplice.
La chiamo autodistruzione, accezione debole ma reale a partire dall’inutile presa di coscienza che non conduce a nulla, nulla di significativo, nulla che davvero cambi qualcosa.
La chiamo volonta’, mancanza d’essa, comodo rifugio perche’ comoda la vita e’ nella tana dei propri umori e ricevere e’ pagamento dovuto e meritato.
La chiamo rabbia, rabbia inutile in inutile bersaglio, frustrazione che fugge con ogni mezzo, questo incluso, mefitico sfogo maldirezionato eppure necessario, prezzo che non serve pagare ma meglio dell’immobilita’ assoluta.
La chiamo stanchezza, conseguenza di spirali e vortici e capitomboli e sorrisi smaglianti e menzogne su quanto non s’e’ mai capito, mai accettato, mai desiderato, trappola nota ma una scodella non avvelenata e’ gia’ vittoria e guadagno.
La chiamo incomunicabilita’, maledizione di parole su strade sbagliate, groviglio di pensieri ed emozioni che non si sbroglia nella matassa di frasi sensate, paura, paura, paura del troppo e del troppo poco, misura mai acquisita, mai imparata e oramai e’ tardi se non nella speranza di chi sa sentire, leggere oltre grammatica e sintassi.
Ora la luce si spegne e ancora ricordare, ancora sperare, ancora rami veloci a salutarmi e resto a cavallo di ieri e di domani perche’ qui e ora non c’e’ nulla che possa chiamare casa, con gioia esclamare di essere arrivato.
Si, il viaggio e’ nel percorso e non mi sono fermato, non mi fermero’ e’ che non mi sento ancora pronto, non pronto del tutto…
I’ll always be hunting high and low
Hungry for you
Watch me tearing myself to pieces
Hunting high and low

Malgrado il verde

Immagini da concerti non troppo lontani ma non c’e’ rimasto abbastanza ritmo nel braccio, non abbastanza forza per spremere almeno un po’ d’adrenalina.
Chitarra acustica e forse dovrei abbandonarmi un po’ se potessi fermarmi davvero e non parvenza di calma nemmeno esteriore.
E’ quando girare a vuoto stanca caricando peso dell’inutile e cio’ che fa piu’ male e’ stornare dare con avere mediandolo con quanto rimane del giorno e immeritatamente i conti non tornano.
Scaricare inutile vivere su chi non merita aggrava e insopportabile fardello peggiore delle forze necessario a sostenerlo e ammetto vorrei fuggire qualche ora da me stesso.
No, non e’ codardia, necessaria ricarica che vorrei fosse di orologi senza lancette, silenzio totale e oceano di luce da smorzare con parole scritte dalle quali imparare, divertirsi, emozionarsi.
Sono banale e retorico, un po’ compiaciuto magari ma la mia supernova e’ composta da vento caldo e luogo in cui nessuno domandi e con nulla da domandare, contemplazione di bianche macchie fino a non poterne piu’, sino a stancarmi di cio’ che intimamente non desidero.
Poi cosa sono i desideri se non stupidi clown capaci di nascondere piccole verita’ dentro grandi menzogne, veloci salti per celare copiose lacrime, illusioni peregrinanti, apolidi bisogni di giorni in cui desiderare aveva ancora un senso.
Poi che senso ha desiderare se gia’ ogni desiderio appartiene a queste mani che non sanno piu’ afferrare, sfiorare, accarezzare, solo distruggere, tremanti artigli fatti da carne, ossa e frustrazione.
Io sono solo questo e se ho da offrire di piu’ allora c’e’ un tempo lontano da raggiungere, terra di minimalismi e semplici ieri perche’ l’oggi appartiene a domini a me ancora sconosciuti…
When I was younger, younger than before,
I never saw the truth hanging from the door.
And now I’m older, see it face to face.
Now I’m older, gotta get up, clean the place.

Attendere pazientemente

Non dovrei comprendere ma comprendere e’ la parte piu’ facile da eseguirsi.
Non so davvero che sia, da dove provenga l’acquitrino immobile e stagnante che invade anche il salotto buono e conviverci non sempre e’ soluzione.
Vorrei poter dire che migliora col tempo ma cosi’ non e’ e semmai forzata convivenza spinge ad accettare l’inaccettabile mentre l’odiosa pozza si allarga e respira facendolo, si stira come gigante stupido e pericoloso e la scelta cade nel quando e come, mai nel se.
Adattarsi diviene facile e a battaglia persa lo e’ ancora di piu’, quindi quale passo puo’ seguire oltre il triste convincimento che al di la’ di quel confine, di quel baratro sull’oceano non esiste alcuna terra promessa, nessun’ isola su cui approdare e infine smettere, smettere di cercare luogo che non esiste, ma esistera’.
Conosco tutte le domande e persino ogni risposta e giu’ a correre sperando di sbagliarsi che la sola certezza sia cercare oltre, un po’ piu’ in la’, sino ai confini dell’universo e della volonta’, caparbio colpo di testa e orgoglio a fiumi, ma siamo uomini e forse i giochi non cambiano mai, si evolvono forse con il tempo e le opportunita’ ma bastoni rimangono lance e coperchi in plastica invincibili scudi.
Il tempo aumenta le illusioni e azzera le energie affinche’ abbagli siano realta’ ma la mente non ha ore, non ha peso, non ha giornate grigie alle spalle e una parola, una carezza, azzurro terso striato di vivo arancione e’ ancora felice contraddizione, attesa di piccole parole e non ultimo sangue che scorre e con esso coscienza che l’impossibile e’ sempre dietro il giorno, tra le pieghe del fato e delle scelte sbagliate, tra il piombo e l’oro, tra il presumere e l’esserci.
Same old song
just a drop of water
in the endless sea
all we do
crumbles to the ground
though we refuse to see
dust in the wind

Grande neon

E’ un po’ di nebbia, nebbia fastidiosa davanti gli occhi ma non importa, posso sopportare.
I pensieri viaggiano confusi su sinusoidi ripidissime e girando la testa e’ sorprendente non scovare appigli, elementi immutabili, immobili, statici e saldi agganci.
Qualcuno parla ed e’ voce proveniente da decenni fa e d’un tratto quel tempo e’ vivido piu’ del presente.
Sottoscala e bar rumoroso, caotica fine mattinata e giganti che non importa conoscere e colui che conosco mi e’ indifferente.
Affascina il traffico rumoroso e fumoso, ferodo e smog disgregati e ricostituiti in incessante movimento quando non v’e’ requie alcuna in coloro che mi circondano e persino le pareti paiono animate.
C’e’ gioia nell’aria ed empaticamente ne godo, mi adeguo e seguo il flusso delle emozioni ed e’ quanto di meglio so fare, e’ quanto mi e’ concesso fare.
Comprendo il lessico ma non il senso e avanzano bisogni primari mentre acconsento fiducioso, saldo, sicuro, protetto desiderandolo ma quella strada e la liberta’ che l’attraversa e’ calamita di una vita sin li’ impensabile ed inconcepibile e talmente distante da sembrare irrealizzabile.
Ora che rimane, poco ed e’ normale ma lo stupore non declina negli anni, forse si dirada ma lascia spazio a consapevolezza, chiara visione anche nelle sere nebulose e confuse quando l’indefinibile m’assale e un ritorno alle semplici luci d’un tempo diviene bisogno.
Vorrei provare ancora quel senso di protezione ma antepongo ad esso la liberta’ di quella strada e di quello smog, morte e vita in strana predestinazione e non doveva essere cosi’ ma ora va bene, ora e’ diamante di dura conquista e chiedere oltre adesso e’ tardi.
Swirling pictures of never ending dreams
I can’t see what these images mean
Locked inside can’t set the rainbow free
Like perishing flowers they sag and twist and die

Echi

E’ vero, gioco a fare il cinico anche se forse giocare non e’ il giusto verbo.
Adattarsi, ricondursi, imporsi, costringersi a volte ed e’ una parte che combatte duramente, incessantemente, soccombere perche’ cosi’ ho deciso, cosi’ ho scelto, scelta senza scelta, natura, istinto piu’ forte della ragione e della volonta’.
Cosa dovrei raccontare? Forse che quella cascata di timpani e fiati non frantuma piu’ l’anima come un tempo?
Che ho scordato, che non so piu’ cosa avvenne quel giorno?
So bene cosa accadde, come mi sono sentito, quale valanga ha seppellito anima, pensieri, vita, emozioni che ora mi ucciderebbero e non scherzo affermandolo.
Oggi non sono forte come allora, questa e’ la realta’ nel suo gretto realismo e non sono fiero, non lo sono affatto ma se pare resa invero e’ sopravvivere, e’ consapevolezza delle proprie forze, e’ cuore che non sopporta pulsazioni in eccesso, emozioni devastanti.
Cuore, eta’ che importa nel monolitico giorno, nell’unico corpo che sorregge in tenace e caparbia volonta’, forte di battaglie gia’ conseguite, a fronte di guerra che ancora non so vinta o persa, combattuta o fuggita, utile passatempo o tremenda prova.
Per adesso non guardo, non guardo piu’ anche perche’ cosi’ chiari aleggiano i ricordi e se accantonati non sono dimenticati, significa giorni migliori, no giorni diversi, giorni in cui coraggio e’ quella sequenza, quella canzone, quel senso di onnipotenza ora relegata a bramoso ricordo.
If I was a sculptor, ha but then again, no
Or a man who makes potions in a travelling show
I know it’s not much but it’s the best I can do
My gift is my song and this one’s for you

Unica telefonata

Combattere il sonno e’ gia’ un ritorno al passato, passato recente eppure distante da togliere il respiro, da confondere intenzioni e pensieri, emozione non assopita, mai celata, forse contenuta e controllata.
Passato piu’ tenebroso del futuro, anomalia che accetto, che preferisco persino e non mi stupisco anzi ne sono felice.
Pensavo ne sarei uscito, supponevo che avrei affrontato con la forza e la sicurezza del presente eppure non di un solo passo mi muovo verso l’accettazione di mesi che ricordo esclusivamente nella considerazione di avermi sin qui condotto.
Non importa e non e’ trauma insuperabile, non incide sulle cose che sono e saranno, semmai e’ tempesta lungo il cammino, notte senza alcuna luce e demoni ovunque a tendere imboscate ed assalti, corsa alla sopravvivenza in attesa di un raggio di sole che avrebbe dissipato tutte le paure e i timori.
Fuori, finalmente fuori non c’e’ ragione per ricordare, per girarsi e farsi forti di incubi superati in fondo e respirare forte dopo lunga apnea col solo ricordo delle mie profetiche parole che tutto sarebbe solo potuto migliorare.
Eccoci quindi nel solo mio mondo possibile e vittoria e’ non domandarsi se potrebbe esserci meglio, non vedere sfumature e vivere di assoluti, placata sete di riuscita e un po’ di strada segnata.
Il mio paradiso e’ chiudere gli occhi, pensare, illudermi forse che esistono certezze, punti fermi sui quali orientarmi e mai, mai prima e’ stato cosi’.
Forse l’enfasi inziale e’ ora consapevole realta’ ma nella certezza v’e’ monolitica robustezza, stasi di chi urla al mondo che non vuole spostarsi mai piu’, monotona ma salda permanenza.
Affinero’ le mie armi, sbilancero’ l’equilibrio ma per ora ho ancora qualche brivido addosso e una volta terminato davvero il totale puo’ divenire il tutto.
Cerco di trovare la mia identita’
Senza chiedere aiuto, ma sono lontano.
Busso e non risponde neanche un’anima
Menomale che non ho paura del buio.
Non ho niente per me, ma non dispero.
Mangio solo pane e cattiveria ormai
E non e’ un buon motivo per esserne fiero.

Grigio salone

L’albero in giardino, quello che si affaccia innanzi la finestra si presenta rigoglioso e possente.
Mesi fa pochi rami spuntati e ancora meno foglie e ora che differenza, che incredibile cambiamento.
Mesi fa era a stento primavera, pochi mesi e sembrano giorni, giorni che trasformano e rendono irriconoscibile quanto circonda.
Resto ad osservare e guardo meglio nel verde e noto foglie diverse, diversa sfumatura di colore, diversa foggia dai lembi contratti e sbeccati, diverso orientamento, plasticita’ mutata.
Dapprima non comprendo poi rifletto, ricordo, collego.
Gia’ trascorso il solstizio d’estate, impercettibili le stagioni si susseguono e anche l’albero parla, l’albero racconta e ciclicamente muta e ritorna.
Ecco il suo giro di boa ed e’ facile similitudine, banale affinita’, triste ed inevitabile raffronto, inutile paragone che invero da’ senso di lento cambiamento e sgradita presa di coscienza.
Il sole ha passato lo zenit ed e’ inversione placidamente inevitabile, per ora tenero declivio, sardonico sorriso di onnipotenza non ancora espulsa, non completamente, certo non per l’albero.
Diverse stagioni ma sono solo diverse tacche, dissimili dimensioni di un solo fenomeno rappresentato su scala alternativa, contratto periodo di cui riconosco segnali e modi ed e’ attesa, non passiva certo ma credere e’ difendere, non pensare e’ avanzare, non ricordare e’ speranza.
Polvere, troppi ricordi, e’ meglio esser sordi
e forse e’ gia’ tardi per togliere la
polvere dagli ingranaggi, dai volti dei saggi
coi pochi vantaggi che la mia condizione mi da’.