E’ capacita’ di avere torto e conviene starsene nella giusta nicchia in silenzio non rassegnato ma dovuto, meritato forse, inutile sforzo di ribellione che affonda e seppellisce e atterrisce e soffoca e zittisce.
E’ conca liscissima, arena plumbea, occhio di bue abbagliante che lascia li’ al centro, occhi chiusi, mani contratte contro buio seviziato e plagiato, piegato e distrutto.
I giocattoli giacciono a terra, non troppo rumorosi, non troppo invadenti, un po’ di polvere, qualche luccichio angolare, giochi che conosco bene, giochi che so gestire, giochi con pochi segreti seppur concreti perche’ il mistero e’ ancora riflesso che restituisce concreto senso e benessere.
In piedi osservo senza parole, senza espressione, neutra figura apparentemente padrona del suo immobile stazionare, solo rassegnata di un luogo che non porta a nessun luogo.
Poi le labbra si schiudono ed e’ canzone senza musica, lirica perfetta nel silenzio che nessuno vuole udire, voci troppo vicine che urlano, schiamazzano, giudicano, ribaltano e nessuno da maledire in un tempo che non vuole etichette, responsabilita’, doveri e ingoia i bisogni come pane caldo.
Ancora parlo ed e’ l’orgoglio l’interlocutore, testardaggine la sua compagna, molta stupidita’ come tramite, sottofrequenza sulla medesima portante e nulla importerebbe se non fosse forte, mortalmente avvincente l’illusione di riconoscimento che comunque non saprei accettare ne’ gestire.
Bisettrice del mio giorno, perno immobile ed indistruttibile scudo e barriera per aria al minimo, per luce al minimo, per minima gioia che trapela da angoli bassi ed inutili, perche’ essere qui, perche’ restare qui, perche’ scrivere qui non basta mai, non basterebbe comunque.
It’s not what you thought
when you first began it
You got, what you want
now you can hardly stand it though
well now you know
It’s not going to stop
It’s not going to stop
It’s not going to stop
Til you wise up
Categoria: dblog
Veloce possibilita’
Fredde notti d’inverno col fuoco che bruciava ogni mio secondo.
Piccole ruote su asfalto ghiacciato eppure il vento mi seguiva, rallentato ed arrendevole mentre la corsa era virtu’, sfida, forza, indomita cavalcata.
Facile vivere quando bruci le giornate con la consapevolezza di essere eterno, perfetta simbiosi con lo spazio occupato, col tempo passato.
Facile ridere nel tempio che conserva e protegge, spada di sola luce che nulla chiede e tutto concede, oasi smeraldina, sabbia d’oro e incenso, frutto acerbo e dolcissimo, controsenso che e’ dote nel suo breve respiro.
Incredibile quanto il mondo possa essere minuscolo eppure completo di tutto ed oltre ancora, maestosamente ammantato ed e’ istante ora che sono cosi’ lontano, ora cosi’ disperso.
C’e’ molta nebbia, nebbia trafitta da lampioni, superfici sudate, viso punto da milioni di aghi e negli anni questo rimane ed e’ strano, molto strano come in fondo non importasse affatto, come se dall’aria oscura traessi nutrimento e sostanza, coesione, giustificazione.
Le canzoni, si le canzoni trascinano strade e ghiaccio, sciabolano energia nello stomaco e quei lampioni fanno piu’ male oggi che allora ma ricordare e’ obbligo non del tutto spiacevole.
Masso che trascina sul fondo ma la corda che ci unisce ci rende l’uno dell’altro, simbiosi con immagini che finiranno con me e io che non saprei cosa essere senza aver attraversato quell’unica strada che davvero ha avuto un significato.
Mere illusioni forse, oceano che mi ha inghiottito quando nemmeno piu’ ricordo e non so perche’ polmoni funzionino, perche’ occhi guardino, perche’ pezzi di note siano oramai pezzi di me.
Sono perche’ sono stato, basta solo confondere il sopra col sotto, il dentro con la finzione…
You drift into the strangest dreams
Of youthful follies and changing themes
Admit you’re wrong, oh, no, not yet
Then you wake up and remember that you can’t forget
Notte senza treni lontani
Guardo alberi veloci, si muovono coprendo l’ultimo sole, intervalli di luce, tunnel alla fine del giorno e improvvisa la voglia di sdraiarsi da qualche parte e respirare, si respirare.
Ci sono stati giorni in cui muoversi era opzione non accettabile, mente lontana, molto lontana dal corpo.
Io ricordo, io ero li’, io sento ancora l’aria nei polmoni che schiaccia cuore e stomaco.
Asettico esistere, visione distanziata, terza persona inerte e paralizzata, peso del cosmo in minuscola particella al centro esatto del petto, atto incapace, impossibile reazione.
Come nuovo apprendere passi e coordinazione dopo infinita stanchezza, senza barriere, senza protezione, senza pudore, dignita’ barattata con biglie colorate e talvolta basta un sorriso, anche beffardo va bene.
Mi domando cosa avrei fatto se qualcuno avesse cercato davvero di comprendere, di aiutare, di allungare una mano, una stramaledetta mano e staccarmi da quel pavimento gelido.
Cosa sarebbe stato del mio oggi, del mio domani, dei luoghi e dei volti, dei gusti e delle scelte.
Pensare e’ avvicinare, ricordare e’ appoggiare nuovamente la calda guancia sulla terra e abbandonarsi, tentazione persino, nemico oggi risorsa ed e’ stupore, inconfutabile prova di quanto profondo sia il dolore che niente, niente puo’ guarire, non illusioni, non salti prodigiosi, non giardini sempre verdi e fioriti e se v’e’ condanna questa e’ profusa attorno, dentro e fuori ogni carezza, ogni bacio, ogni tocco.
Poco risentimento, alzata di spalle che tutto giustifica e irride, scherno che sa d’amaro lo so, lo so bene, gratuita menzogna, minaccia ridicola come bastone sulla tempia ma quel bastone ha colpito molto piu’ duro di quanto possa pensare, di quanto possa sopportare…
What have you got to say of shadows in the past?
I thought that, if you paid, you’d keep them off our backs
Where do we have to be, so I can laugh and you’ll be free?
I’d go anywhere
Baby, I don’t care
I’m not scared
Aurora
Le luci vanno a tempo, ritmici lampi, emozione senza luogo, spazio assente di piena potenza colmo e riverso su se’ stesso.
Ci sono stelle ma sono macchie sbiadite su fondo brillante e multicolore, iridescente tappeto di tinte mai vedute prima e suoni, suoni diversi.
No, non diversi, non alieni, non sconociuti e curioso ritrovare, violento rinvenire di anni lontani, di sigarette gia’ fumate d’aroma persistente e bramoso profumo.
C’e’ azzurro ed e’ profondissimo come un brivido, come la voce di un dio antico che ti sveglia nella notte ordinando di alzarti e combattere, bruma che attende pelle nuda e scaglie di condensa innanzi occhi assonnati.
Alzarsi, ancora alzarsi e fondersi col gelo, con la terra, sciogliere il ghiaccio nel ghiaccio piu’ freddo ancora perche’ il freddo ha limite nella paura, ha senso nei pavidi cuori, negli arti scheletrici dei codardi, nella menzogna che la mente sia tutto, che il pensiero sia infinito quando e’ la forza che ha creato stelle e galassie, e’ energia la fucina delle stelle, e’ violenta la nascita, e’ spaventosa la vita e solo la morte si nutre di pensieri, ricordi, paure.
Un tempo c’erano eroi, un tempo c’era il sole, un tempo c’era l’acciaio, tamburi possenti, echi di cuori in tumulto, gambe come acciaio, schiene su cui poggiare un’intera sfida alla vita.
Vita, cos’e’ forse la vita, questa e’ vita?
Dov’e’ l’urlo, chi ha strappato dai polmoni l’aria degli eoni, il respiro degli oceani?
Dov’e’ il fuoco, chi ha svuotato le vene da linfa della roccia, anima dei vulcani?
Dov’e’ la tempesta, chi ha prosciugato le nubi, tifone che spazza i pavidi che fuggono?
Io chino mi nutro, suono le mie corde, occhi chiusi e nessuno mi stia davanti, nessuno mi ostacoli, nessuno soffi sulle mie braci perche’ mille sono i modi per respirare, ma solo uno di vivere…
“Sai cos’e’ un piumino?”
“Una trapunta…”
“Una trapunta, solo una coperta…
Perche’ due come te e me sanno cos’e’ un piumino?
E’ essenziale alla nostra sopravvivenza nel senso cacciatore e raccoglitore?
No. E allora che cosa siamo?”
“Siamo consumatori?”
“Esatto, siamo consumatori.
Siamo i sottoprodotti di uno stile di vita che ci ossessiona.
Omicidi, crimini, poverta’, queste cose non mi spaventano.
Quello che mi spaventa sono le celebrita’ sulle riviste, la televisione con 500 canali, il nome di un tizio sulle mie mutande, i farmaci per capelli, il Viagra, le calorie…”
“L’arredatrice Martha Stewart…”
“‘Fanculo Martha Stewart!
Martha sta lucidando le maniglie sul Titanic.
Va tutto a fondo bello!
Io dico, non essere mai completo.
Io dico, smetti di essere perfetto.
Io dico… dai odiamoci e le cose vadano come devono andare…”
Mai una foglia
Capire, cosa c’e’ mai da capire.
Insidiosa imperfezione s’interpone tra la vista e il pensiero, mancanza di prospettiva, linee che infine non sono mai parallele e maledizione non si spiega il perche’.
Sorriso che rimane a meta’, sospeso in un limbo grigio e fumoso, parole strascicate, insufficiente lessico e logica da rivedere, da riponderare, da riformulare.
Facile rimanere nel fresco della soffitta senza bisogni ne’ calore.
Il vento della stagione si fa amico e la sua venuta e’ in qualche modo da ricordare, il tepore e’ da conservare per quei giorni in cui caldo e’ ricordo, caldo e’ lontano ed inevitabile avversario, tesoro da non disperdere e stringere con affetto.
Ci sono giorni in cui quelle linee imperano stagliandosi nette e precise su bianco, millimetrica gestione, automatismo perfetto, persino non umane, silicio genitore.
Ci sono giorni in cui incapace mi domando da che parte abbia volto lo sguardo, se le stelle non siano gia’ allineate tracciando strada celeste e sorridente cammino non fosse bassa distorsione al limite del campo sonoro, vibrazione che passa per lo stomaco, insidioso disturbo che colpisce vigliaccamente da dentro, erosione controllata e scientifica, goccia che uccide scavando e scavando rivela zone sempre piu’ oscure, sempre piu’ tenebrose, angoli da non guardare, neppure concepire.
E’ che quel suono rimane nutrimento, sostentamento necessario, alba sulla quale aprire gli occhi e tramonto a cui donare speranze, liscia atmosfera di stanza luminosa.
Qual suono e’ forse la parte migliore di me.
I used to think that the day would never come
I’d see delight in the shade of the morning sun
My morning sun is the drug that brings me near
To the childhood I lost, replaced by fear
I used to think that the day would never come
That my life would depend on the morning sun…
Senso possibile
Seduto sul bianco e voci entusiaste accompagnate sul fruscio, sul sussurro del tempo che scorre, della vita che passa, del bisogno che resta.
C’e’ un punto rosso in lontananza, plastica sottile che anela liberta’, che teme liberta’ nel suo vincolo che e’ catena e salvezza, indeciso su sorte comunque incerta, mai sicura.
Cos’e’ la sicurezza in fondo se non stanza imbottita ed indolore, senza finestre ne’ vie di fuga, cibo riscaldato sempre nel piatto e acqua tiepida di nulla sapore.
Seduto osservo curioso, compassato ma non serio ripenso a quanto sto vivendo e non riesco a farlo completamente mio, non attribuisco il giusto senso dell’epico, dell’eterno ricordo e passa piu’ freddo di quanto vorrei.
Sono solo e dispiace pur sapendo sia giusto cosi’ ma c’e’ una luce che penetra le coltri e riscalda nel vento pungente, c’e’ aria di festa terminata ma la pace che segue e’ mia, solo mia.
Difficile non desiderare altro tempo cosi’, altro vento cosi’, ulteriore occasione di guardarsi dentro, guardarsi davvero e per una volta il cielo come specchio, l’onda come coscienza, il desio della stagione che muore come confidente.
Occasione per non barattare il presente con l’illusione di sempre, delusione fatta infine leggero fumo da spazzare con battito di ciglia e non precipitare ancora, non svegliare sensazioni solo ipotizzate, vaneggiate come leggende di dimensioni dimenticate dal tempo e da Dio.
Ora ricordo, forse comprendo davvero, forse sono troppo stanco per non voler vivere…
I’m just the pieces of the man I used to be
Too many bitter tears raining down on me
I’m far away from home
And I’ve been facing this alone for much too long
I feel like no-one ever told the truth to me
About growing up and what a struggle it would be
In my tangled state of mind
I’ve been looking back to find where I went wrong
Verita’ ultima
Impossibile ruotare, inaccessibile sequenza di immagini e sorrisi ma ancora di piu’ profonda e orrenda, no ridicola la mia incapacita’ di esprimermi, di realizzare, di gratificare, soddisfare, solo pronunciare.
Io sono il mio grottesco buffone, pantomima d’inesplicabile e ingiustificata presenza, impalpabile cuore in fumo di pensiero e non c’e’ ragione, nessuna diversa ragione.
Poche parole replicate ed e’ osservarsi osservato, sottospecie di vita, di felicita’, di essenza da centellinare mentre v’e’ un cosmo da spendere.
Sento di perdere terreno e nulla ha piu’ valore quando il valore si misura in intenzioni e non in gesti, pensiero e non abbraccio.
Capisco sempre meno, giro attorno alla coda come se quanto e’ trascorso avesse colori piu’ vividi, forme piu’ definite, soggetto che non sia coacervo di parole e concetti frammezzati da caos e desolante banalita’.
Inseguo ombre abbandonando la strada maestra, demolisco alte mura quando porta conduce a lucente verita’ a due passi da questi occhi che rimangono socchiusi per non apprendere, per timore di spazio che vorrei percorrere ma non posso.
Potere, desiderare, assenza di suono e tragica consapevolezza di aver smarrito l’attimo, ancora una volta arretro e cedo il passo innanzi alla semplicita’ che non so cullare, non riesco a stringere forte se non come ricordo freddo ed abbandonato, lacrima asciutta in cui immergo malinconie e gioie, consolazione di cio’ che non ho avuto e che non ho saputo amare abbastanza.
Toccami, magari solo in sogno
soffia
sussurra un’altra volta: vivi
io lo saro’
Guardami, tra le nuvole e i veli
soffia
sussurra un’altra volta: “vivi”
io vivro’
Prospettiva di sole
Congelo il frammento di selce e l’osservo come diamante purissimo.
E’ vaso di cristallo che si ricompone innanzi ai miei occhi perche’ controllo e gestisco cicli, stagioni, emozioni, sensazioni, bisogni.
Il tunnel e’ serpente finito, mutante e sfuggente, senza logica, senza criterio ma lo schema pare ora noto, la matrice definisce ed esplica grondanti significati, sfuggevoli brame, intricate trame, pelle squamosa di alieno esistere.
Referenziare oggetti e strutture ed e’ talmente semplice nella teorica costruzione che il come pare non esistere, non sussitere, non vagabondare per anfratti umidi urlando e battendo i piedi, strillando immonde ed arcane maledizioni che scuotono monti e cieli, sprofondano abissi e distruggono mondi.
Mi ripeto che son mezzi da capire, dominare e il controllo e’ semplice se puo’ bastare il cuore, la passione, l’anima, le ossa.
Poi non basta, non basta quasi mai e vecchi valori che dovrebbero appartenermi spingono forte nei bisogni ma e’ materia e rifuggo cio’ che incorporeo non e’, inseguo l’eterno alternarsi di luci e ombre chiudendo gli occhi e lanciandomi nel vuoto, gettando alle spalle quanto non appartiene.
Binari scomposti, divergenti e diversamente distanti e non e’ semplice seguire, impossibile non cadere e non rimpiangere terra e banale tranquillita’ ma i polmoni respirano aria, gambe nate per volare non accettano, non comprendono, non s’arrendono.
No, io vado avanti…
Yesterday all my troubles seemed so far away
Now it looks as though they’re here to stay
Oh I believe in Yesterday
Suddenly, I’m not half the man I used to be
There’s a shadow hanging over me
Oh Yesterday came suddenly
Ieri
Mi aggrappo agli oggetti, alle fotografie, ai filmati, ai ricordi, alle spirali di cielo e d’azzurro, onde grigie di madreperla vestite.
Fetale posizione perche’ nulla deve fuggire, immagini circondate da oro e diamanti, tra me e l’io, immobile, terrorizzato, incapace di reagire alla perdita, alla dipartita.
Non so chi sono ma so cio’ che desidero e so che non so conservare, non so coltivare, non so soddisfare e mantenere ed e’ sempre paura di perdere, orrore d’abbandono e questo e’ l’antro oscuro dal quale mai sono fuggito, illusione di fuga tramutata in contemplazione di stelle vicine come fossero lontane universi interi.
Non so chi sono ma i desideri sono li’ a un giro di ruota, rassegnato e contento d’esserlo nella codardia della gioia, della gloria, del lampo che illumina e ristora.
Mi senti?
Lo sai che mi sono fermato lungo la strada perche’ era inutile correre oltre.
Potrei camminare ma non ne sono capace e scelta e’ tra la polvere e il vento e rimane la sola promessa di non distogliere piu’ lo sguardo quando basterebbe solo sorridere, lo so, lo so bene.
E allora mi aggrappo agli oggetti, alle fotografie e ai filmati scorporando le emozioni dalle sensazioni, dove io non io ma come dovrei e basta essere solo meno stupidi, meno egoisti e pavidi per vedermi a ruoli invertiti perche’ miei sono occhi bassi nel cielo terso, nell’aria fresca.
Io stagnante e malsano mi circondo di macerie che chiamo casa e m’innalzo orgoglioso tra crepe e macchie umide nel mefitico niente e ancora vuoi accarezzarmi…
Voi, voi che noi amiamo. Voi non ci vedete, non ci sentite.
Ci credete molto lontani eppure siamo cosi’ vicini.
Siamo messaggeri che portano la vicinanza a chi e’ lontano,
siamo messaggeri che portano la luce a chi e’ nell’oscurita’,
siamo messaggeri che portano la parola a coloro che chiedono.
Non siamo luce, non siamo messaggio, siamo i messaggeri.
Noi non siamo niente. Voi siete il nostro Tutto.
Fosse principio
Ordinario nello straordinario e mi sorprende, mi piace e penso e ricordo e immagino e continuo a cercare risposte a domande che sono stanco di pormi.
Si dimentica ed e’ soluzione ma non per fuggire, non per sopravvivere e assenza di considerazione e’ gia’ azione pura intrapresa liberamente e scientemente.
Mancano i fondamentali, alternative affascinanti pero’ e distinguere non e’ male, non e’ assurdo esercizio mentale, non e’ inutile movimento.
Ricordi o esigenze e gia’ anomalo quesito del quesito, incontro e incrocio d’interpretazioni equamente giuste, definizioni precise e non banali, distribuzione ordinata di verita’ ed e’ cio’ che confonde.
Limpide acque rifrangono il fondo, distorsione come prezzo di chiarezza, paradosso con cui convivere quando nera e compatta superficie semplifica e forse non mente, non mente affatto, non quanto potrei aspettarmi.
Poi e’ inutile scrivere perche’ cio’ che bramo ha prezzo e peso che non voglio sopportare e la domanda e’ perche’ non cosa.
Solo inerzia da combattere ecco quanto differenziare tra desideri e necessita’ e si, anche futuro a cui pensare e strane soluzioni che sorgono spontanee, inattese e tranquillizzanti quando non dovrebbero.
Io sono e non ero, forse basta questo perche’ ho gia’ visto e sono fuggito, ho gia’ provato e non ho resistito e radici guidano, conducono, sorvegliano e so hanno ragione, so non sbagliano ma conoscere non e’ convincere ma anche convinzione e’ statica e malsana condizione quindi dubbio e’ forza, dubbio e’ evoluzione, dubbio e’ esistere e resistere, dubbio potrebbe essere la parte migliore di me.
The dawn opened the play
Waking the day
Causing a silent hooray
The dawn will break another day
Now that it’s done
Are we going to see the reason why I’m here