Incendio bianco sporco e azzurro oltre la collina del monastero, aria di qualcosa che sta finendo, voglia di iniziare, desidero di un simile cielo dentro me.
C’e’ un balcone e’ c’e’ curioso mistero, vento caldo da chissa’ quali terre e atteggiamento di chi tutto vuol sapere senza merito ed onore, illusione che non voglio delusione.
In qualche modo e’ continuo rimando a semplicita’ innata e complessita’ acquisita delle quali ora non ricordo e distinguo genesi, ragioni, obiettivi ed e’ tramonto impossibile da dirsi finito se non a buio completo, nessuno stacco, transizione incompleta di luce che comunque non cessa mai d’esistere.
Mi piace pensare a nuove strade, timido crescendo d’ancestrali bisogni, liberarsi di innanto controllo, modestia giustificata o meno, non so ma condizionamento imposto che deve andarsene e con esso imprecazioni ed urla, capo chino al di sotto del pensabile, del gestibile, del sensato e semmai domandarsi il perche’ di un recinto che a nessuno giovava.
Parole di poco vuote, grottescamente incomprensibili ma definiscono accordi di canzoni che bastava poco per ascoltare, storie che solo allungando la mano si sfiorano, si accarezzano, si possiedono ed incantevole forma e’ cio’ che assume il semplice solo un poco diverso, alternativa realta’ spostata, neppure nascosta, medesimo raggio di luce scomposto in arcobaleno da prisma da alzare ed interporre a meta’ tra voglia e coerenza..
Cosi’ gioco come bambino curioso, ignaro che la realta’ e’ anche fatta d’ombra, di domande senza risposta, di valichi insuperabili dalla ragione e indosso gioia e scarpe sportive, fiero e spavaldo verso un mondo che mai e’ stato tondo, mai irraggiungibile e come nella sapienza antica posso raggiungerne confini altrimenti lontanissimi nell’idea d’infinito sovrumano ora ad un giro di pagina nel suo piatto esistere.
Quando il giorno ritornera’
vedro’ il mio volto riflesso
in frammenti di vetro
ascoltero’ il suono che batte lontano
che arriva dal cuore,
il futuro nasconde il passato dentro di me.
Categoria: dblog
Dolce ora
C’e’ chi narra che il vento porti con se’ profumi di terre lontane, sapori di inesplorate colline, foglie e polvere di racconti in lingue sconosciute ma a questo non credo se aria veloce strappa dalla mente pensieri e voglie.
Lassu’, sospeso tra quotidiano e intimo sospiro odo fruscio di civilta’, m’illumino di sereno familiare, latrati astiosi testimoni di antichi riti sono punti scuri su tela immacolata, intervalli di caos nella perfezione di racconto antico quanto l’uomo, necessari riferimenti per distinguere silenzio da paura.
Percio’ silenzio e’ acqua fondamentale per vivere, quando troppa uccide soffocando nell’istante impalpabile in cui ci si sente invincibili ed immortali e si, con silenzio c’e’ solitudine sua compagna, regina indiscussa di danze e canzoni, parole ed immagini, prostituta ammaliatrice che da’ chiedendo sempre qualcosa in cambio, pagamento di tempo ed illusioni, unica moneta che accetta e vuole.
E’ che non mi fermo mai abbastanza, non ascolto mai abbastanza, non respiro mai abbastanza ed e’ giusta condanna della perduta anima che faticosamente cucio attorno ad ossa e stomaco, baluardo patetico ma necessario a difendere battito di palpebre tra digrignati ghigni e pugni chiusi.
In fondo so essere musica che comprendo, ma e’ sinfonia che richiede sforzo e dedizione di giorni passati, sacrificio di ricordi in qualche modo da affrontare, bambino con vele di plastica, ragazzo troppo veloce perche’ aria lo sfiori, dolore troppo profondo per elevarsi dal terreno, poco tempo per divernire adulto freddo e saccente, padrone di anime e movimenti, signore del terrore e della notte.
Non fuga ma carezza, tragitto breve ma necessario tra un dentro e l’altro, dispensa di minuscoli miracoli sorretti da illuse dolci speranze, conquista che posso accettare, corona che sorregge e non schiaccia, dono del tramonto in giorni troppo avari e silenti.
My blood’s sweet for pain
The wind and the rain bring back
words of a song
And they say wave goodbye
Wave goodbye
I treni di Ozu
Immergersi nel cinema di Ozu e’ rifugio eppure viaggio, dimensione intima, toccante contatto con materni ricordi, dimenticati piaceri, assoluta ed ineguagliabile pace eppure, eppure, eppure e’ straniante visione, alieno cosmo in cui ogni sequenza e’ fantastica ed immaginifica, irrealta’ persino tattile, talvolta sconvolgente ma affascinante ed ipnotica come nulla e mai prima.
Visione d’autore che sorge visione d’uomo, memoria impressa ed indimenticabile d’istantanee nei quadri fissi che non sono scorci bensi’ interi microcosmo nel quale particolare e’ protagonista, ombra e luce a definire forme in geometrie asimmetriche invero perfette nel non trascurare alcunche’, nell’esaltare senza nascondere, fiere e certe che cio’ che non compare e’ ininfluente, non importante, persino inesistente.
Egli racconta con l’estro del non-narratore, cronista perfetto incapace di mediare, di addolcire o inasprire, braccio senza mano, vista senza occhi, bocca senza parola quindi meraviglioso e purissimo tramite, vettore il cui unico compito e’ condurre e riprodurre, lasciando a chi osserva l’onere di sentimento, emozione, dolore o gioia e in questo, tragitto e’ dentro se’ stessi prima che in storia narrata.
Semplicita’ del quotidiano mai banale perche’ e’ la vita di ognuno, diversa, indifferentemente complessa o elementare ma di tutti e tutti i giorni, impossibile da giudicare se non vivendola e facendola propria e nello scrutare cosi’ lontano ci si allontana da qualsivoglia notorieta’, distante e sempre piu’ distante, viaggio talmente lungo da far dimenticare persino di essere partiti e quando nulla e’ piu’ noto e passato solo nebbia, guardarsi attorno e scoprirsi a casa col sorriso di chi ha capito, le lacrime di chi ha vinto.
Ripetizione di luoghi, storie, personaggi ma monotonia e’ lontana finche’ peculiare e’ il racconto, unico e straordinariamente semplice, piccolo ed immenso oceano nel quale fluttuano esperienze e parole, sublime porgere mani per sfiorare non afferrare, frasi che guidano senza costringere, irripetibile familiarita’ condivisa con intimo silenzio.
Stregato, ammaliato osservo e confondo, mi perdo nei sorrisi e nei gesti, rimpiango volti estranei e familiari, tocco architetture sospese nell’immaginazione e sento, sento emozioni scaturite dal semplice piegarsi di un capo, dal passo soave di donne che ancora custodiscono in loro primeva forza di creazione e d’amore, dal coraggio di chi sa rinunciare alla propria vita nel trascorrere delle stagioni, dall’impetuosa forza del crescere e comprendere, dall’onore fondamento dell’umano vivere.
Ho imparato ad abbassarmi per osservare e per la prima volta non c’e’ piu’ distorsione in cio’ che vedo, linee perfettamente perpendicolari e rette precisamente parallele e questa e’ lezione di un maestro di vita prima che d’arte, lezione che stringo forte al petto, orgoglioso e riconoscente, nobile e grato, onorato e raggiante. Eterno.
Giungo a Sakurai, pieno di foglie verdi
al tramonto, sulla riva di Hateo.
Fermo il mio cavallo sotto l’albero e penso al mio destino
che cosa scorre sulla mia armatura?
Lacrime o rugiada?
Recente concluso
Talvolta coperta di lacrime e’ la sola che scalda quando nebbia impenetrabile riflette giorni piu’ grigi, mentre stanchezza e’ compagna, quando emozioni distano piu’ tempo del disponibile.
Mi sono mosso veloce, veloce e sicuro, risoluto alla soluzione, spavaldo ed efficiente pensando invero a tutto cio’ che non volevo, scartando soluzioni ed alternative, incompreso ed incapace di collegare e decidere, appeso e circondato da scelte tutte ed ancora piu’ sbagliate, tesi ed antitesi annullate da pari opportunita’ comunque scartate, reietti pensieri, capricci, si capricci di bambino stanco di giocare all’adulto.
Computer impazzito su dati elaborati ed abortiti, come despota rifiuto e condanno, con tutto da perdere odio e disprezzo, sardonico e violento non perdono e non concedo.
Poi un istante senza inerzia e niente piu’ si muove, stridore di arresto senza prevviso e come lamiera esplosa, pensieri da contraltare si comprimono e unico punto luminoso pulsa, vivo, spasmodica attesa, divinita’ o demone alfine rivelato.
Ecco, esplosione di colori come epoca a cui non appartengo e questi ricordi che so miei, potrebbe appartenere ad altri ignoti eppur fraterni pensieri.
Colori, si colori in forme fluide, arrotondate, realta’ bombata e desaturata, spinte centrali di spettro visibile e sole che non esiste, non esiste piu’, impossibile eppure di null’altro sono piu’ sicuro.
Pietra e non cemento, imperfezione di dio-uomo sulla soglia dell’inutile, sogno sarebbe se prospettiva bassa non confermasse lineare ma non impossibile scambio di realta’, forse unica realta’ vissuta, nell’unica vita vissuta, retrospettiva posteriore, futuro passato in terra arancio, simbiosi perfetta con l’impossibile vicino ed amico, stanca illusione madre e genitrice smarrita, sfiorata, cercata.
My Prussian-blue electric clock’s
alarm bell rings, it will not stop
and I can see no end in sight
and search in vain by candlelight
for some long road that goes nowhere
for some signpost that is not there
And even my befuddled brain
is shining brightly, quite insane
Crepuscolo mutante
Vago senza meta ne’ sosta tra troppe risposte senza domande, parco giochi esclusivo e limitato in desideri che non ho, cosciente di un mondo che non ho voglia di visitare, percorrere svogliatamente forse, calci a barattoli arrugginiti e senso d’inadeguato benessere.
Non cerco nulla ma nulla mi insegue e spinge e sbava e graffia e ringhia e fa odiare persino l’aria che si respira.
Senso d’insicurezza che si propaga come piaga biblica e cio’ che ferisce e’ non trovare un solo luogo distante abbastanza, silenzioso abbastanza, generoso abbastanza.
Poi m’inganno, costruisco su sabbia e sorprendo rabbia soffocata tra polvere e rottami ma pugni nervosi colpiscono acqua ed e’ lotta impari, lento abbraccio, presa mancata, scivolare nella piena coscienza, direzione opposta da oblio, contrario e traverso, generoso insoddisfacente.
Scuoto la testa e persino sorrido nella certezza che chi osserva agisce e la sua voce e’ tuono assordante nel silenzio del disprezzo che muta in accompagnamento di scroscianti applausi e non nego ammirazione io, io che imprecazione gelosamente conservata in petto e’ sola arma in mio possesso.
Trincerarsi dietro statiche e grigie immagini eppure e’ calore che esplode, comprendere che ghiaccio e’ gocce aggregate con la forza e l’arroganza di chi non discerne sudore da lacrime e dimentica che sorriso e’ uscita non ingresso, pertugio per ossigeno, un poco di luce, interfaccia bidirezionale d’indistinguibile realta’ tra l’altrove e il vicinissimo, indecisione forse, pudore di mano tesa eppure chiusa nell’umilta’ dei propri limiti e dei propri silenzi.
Afferrare un accordo e seguirlo, tra poco, pochissimo andarsene per sprofondare dentro a stentato colore che racconta cio’ che non piu’ esiste, epoca che vuole essere specchio e manifestazione di cio’ che diverso e’ qui, presente ed attento mentre volere viaggia lontano seppur vicino, sempre piu’ vicino.
Man of steel pray and kneel
with fever’s blazing torch
thrust in the face of the night,
draws a blade if compassion
kissed by countless Kings
whose jewelled trumpet words blind his sight.
Casa senza nome
Vortice d’acqua ma non questa acqua che sembra inzuppare mura come stoffa, come lucciole gocce riflettono lampioni abbaglianti ma troppa luce e poco oro nella mia vita per restarne incantato.
E’ qualcosa di antico che ritorna e so che suggestione puo’ ingabbiare quando musica spinge e racconta con parole sue cio’ che resta di terra calpestata e nuvole in disuso.
Solita trappola e carponi lascio morbide sbarre avvolgermi smettendo di ricordare ed iniziando a vivere, rivivere trasporto e suoni, colori che inspiegabilmente non vedo piu’, echi come suono bagnato, effetto senza causa che diviene conca distorta e leggera cacofonia dalla quale non fatico a raccapezzarmi, invero rumore di vita, vita ordinaria, comune vissuto al quale eta’ ha tolto filtri e scelte.
Scatola nera e non e’ colore ma mistero come gioco di bambino che trasforma foglio vergine in cosmo e senza confini vado oltre materia, pigmento, distanza e senza forma creo forma, senza colore adotto azzurro, bianco, ampi cerchi, banali geometrie che improvvisamente comprendo ed ammiro nella semplice bellezza che solo ricordo puo’ evocare.
Eppure almeno un’altra notte e’ stata bagnata dalla medesima pioggia di questa e posso riconoscere zampillare come richiamo nell’agitarsi di rami diversi eppure identici, rilascio di luce che mai fu distrutta ma trasformata per ritornare ed illuminare notte arresa, esausta, fiato che esce a fatica ed immensa voglia di sdraiarsi da qualche parte senza pensare, essere pensato forse, volo verso mente primigenia che faccia e decida, sensazione di rimando, incoscienza consapevole, abbandono che non vuole essere resa semmai affermazione d’impavida potenza.
Momento di passaggio e quello fu vero buio ma nel tempo riconosco ancor piu’ che lacrime e lamenti il canto della pioggia pesante e l’incanto di nera plastica, voce del mondo nuovo, osanna a nuova muta di lisce scaglie figlie di quell’acqua dalla quale emergere e se girarsi indietro e’ preghiera, allora sia luce, sia voce, sia eternita’.
And my head didn’t know just who I was
And I went spinning back in time.
And I am high upon the altar
High upon the altar, high.
Cattivo ragazzo
Ci sono ancora storie laggiu’, ad oriente, lontane da qui, distanti da miserie ed inutili arroganze, ridicole alzate di testa che solo riescono a sventolare flaccida carne morta quando c’e’ realta’, presenza, si laggiu’, laggiu’.
Si puo’ parlare di vita come fosse violino suonato alla fine del mondo, alla fine del tempo, semplice ed immobile esistenza incapace di corse e voli, passeggiare mentre sole proietta lunghe ombre in tiepida serata, foglia su vento come onda destinata a spiaggia ancora lontana, forse irraggiungibile, meravigliosamente impossibile, sogno di bambino che nulla teme, scaldato e protetto.
Si puo’ parlare di morte come offerta, meritata, talvolta ambita, altre ineluttabile, mai nemica, mai tetra sorpresa, dolore sposato a dignita’, celebrazione che e’ danza di antichi amici, amanti, movimento fluido come fluido e’ il corso del tempo, acqua che non si ferma mai e poi mai, evento da ricordare mai cancellare e orgoglio di chi sa che una vita non e’ mai perduta finche’ rimane onore e giudizio.
Si puo’ parlare d’amore fatto di carne, di sangue, corpi delicati e straziati in ampi giri, immense circonvoluzioni, ricorsi e spirali nella giusta visione di si’ carne mero contenitore, si’ sangue nutrimento proprio ed altrui, urla da confondere con sussurri che percorrono la notte come lupi affamati, piacere antico, eterno vissuto, destino immutabile, predestinato piacere, nessuna fine, nesun inizio, solo attimi carpiti alla vita perche’ cio’ che conta e’ trovare, non restare, non possedere, non strappare, non prosciugare.
Si puo’ parlare di mare ed e’ ancora mistero quando sono onde e non atomi ad infrangersi sulla riva, fine del mondo dove il mondo inizia, acqua innanzitutto, passi lenti mai incerti, respiro ed e’ aria amniotica, occasione forse di entrare in silenzio quando si e’ usciti urlando, certo non interludio, completa e realizzata sensazione di sublime infinito in finite terre, isole sulle quali costruire, inizando, finendo, non importa, no non importa.
Si puo’ parlare di verita’ ma che importa se non la si vive, se non la si annusa, se non la si vede, se non piu’ commuove, se ha finito d’emozionare, se la si confonde con l’assoluto mentre e’ tenero nulla dal quale risorgere.
I tuoi fiori
fiori per me.
Quando li guardo, sai,
mi sembra che parlino,
ma so che
Variabile realizzo
Esasperata ricerca del grande, immenso perfetto, cosmico e pantagruelico e’ a ben pensare facciata neppure tanto ideale, nascondiglio un po’ grottesco ma ben conservato del vero volto del desiderio.
Ognuno parte dall’alto, rincorsa infantile ma talvolta necessaria, semplice scalata illusoria di un mondo nuovo oltre le nebbie della vista ma laggiu’, tra l’immaginazione e il presunto, niente cambia, nulla muta e dietro curva di grigio orizzonte esiste solamente altra triste e finita terra.
Elevato non e’ alto, distanza non quadro d’insieme, forse abbozzo, prosaica composizione che descrive senza definire, parla ma non racconta ed e’ raccogliere polvere sotto la quale vita si congela in stasi forzata carica di silenzio, penombra, grigio pensiero.
Quindi avvicinarsi circospetto, rispettoso e cauto perche’ e’ mistica visione, aliena collocazione di realta’ alternativa e non ben definita eppure piu’ reale del reale, mattone e fondamenta di materia ed idea e minore e’ la distanza, maggiore e’ consapevolezza, certezze di particelle, atomi e quanti senza i quali sarebbe disgregarsi caotico, materia senza gravita’, senza storia, senza tempo.
Ripenso, ricordo e di anni rimangono mani, lame di luce a solcare stanze poco illuminate, stoffe rese vive dal vento, bocche come fiori al sole che rispondono al giorno, movimenti di rami, riflessi.
Foglie non foreste, occhi, si occhi e non volti, frasi pesanti mille e mille libri stampati, accordi di una sola nota che sostengono orchestre e sinfonie, buio infranto da solitaria stella.
Cercare infinito negli infiniti niente puo’ essere follia ma anche follia e’ pensiero tra milioni, visionaria esistenza, chiave che non e’ porta ma controllo, gestione, volonta’, umile che si fa gigante quando gigante e’ solo punto nella mente dell’universo.
We’re lost in the middle of a hopeless world
Lost in the middle of a hopeless world
Children children of the moon watch the world go by
Children children of the moon hiding from the sky
Luna lenta e lontana
Che strano modo questo di comunicare, come circumnavigare una stella per poi tornare e raccogliere un fiore.
Compensazione ed assenza, carenza insita in natura forse avara, ingenerosa certo, corresponsabile col fato di stato di cose che ho invano combattuto e contrastato e gloria sia per tentativo pregevole e irrealizzato.
Oggi sono piu’ vicino all’imperfezione di ieri, altresi’ di ieri piu’ vicino alla verita’, astrazioni la cui ombra attraversa il giorno, il momento, il senso del giusto, del dovuto, della passione, del cuore.
Parole per coprire parole, rifuggo semplicita’ in cerca di nobilta’ immeritata, minuscola gloria almeno un poco dovuta ma non abbastanza per non avere piu’ occhi, orecchie, senso di dignitoso rispetto per chi ha anteposto l’esistere al divenire, il coraggio, quello vero ad inutile dispendio d’energia, forza sparata nel centro del nulla quando ben altre vette, incredibili distanze, inimmaginabili profondita’ avrei raggiunto con diverso senso della vita.
Non seguire, non ambire, non cercare, non raggiungere chi come me insegue, osserva dal basso olimpo fin troppe volte immaginato, dipinto con dovizioso spirito, generoso sforzo ma e’ palliativo, tiepido sorriso di ben altra natura rapportato.
In me vedi fiume ma solo sono alveo quando e’ acqua che delinea e disegna vene nel corpo della vita, arida conca di pietre, mero contenitore definito da cio’ che porta non da quello che e’.
Eppure leggo e affondo nella semplice complessita’ che instacabilmente m’impongo di riprodurre se solo potessi scivolare fluido e lineare, se non smarrissi regolarmente il cammino, se avessi un luogo vero in cui rifugiarmi.
Io sporco, io imbratto, io inutile testimone di altrui favole, di personali demoni con un solo, solitario, incantevole angelo in tutta la mia vita.
I lift my hands from touching you
to touch the wind that whispers through
this twilight garden
turns into a world
where dreams are real
Pezzi di laggiu’
Scrivere, esserci, dov’e’ la relazione, quale similitudine, attinenze e specchiate virtu’, speculazione forse o solo volonta’ di riempire un vuoto con insensata conquista.
Un nome e’ una parola, evocatrice ed illuminante, scorciatoia a volte, promemoria altre ma dietro si cela un solo e concreto ed ampio e conclusivo gesto che riporta a quanto gia’ inciso, che sia macchia o parola, senso compiuto o vaneggiamento di folle solitudine.
Ebbene esistere non basta se nessuno pronuncia il tuo nome e come albero inascoltato nella foresta, e’ possibile ambire a uno schianto talmente forte da risvegliare chi o cosa, un cenno, uno sbadiglio, chissa’ un nuovo giro di ruota.
Lettere, segni affiancati come scandaglio di tempo, traccia, impronta di corpo che ha egli si’ storia, massa, consistenza e realta’, presenza presente non ombra di cio’ che e’ passato e stato.
Ecco, questa e’ la visione di parole se ci fosse abbastanza mare, sufficiente sabbia impregnata di movimento, vita non che fu ma dinamico ed illuminante scintillio come di antico e fantastico sogno, sospensione di credo troppo materiale, eccessivamente pesante, astratto artifizio ancorato alla pomposita’ del luogo comune, dell’algebra di un’epoca che sempre meno mi appartiene.
Potrebbe, solo potrebbe senza essere ma esiste almeno un pensiero che lascia impronte dentro me, irriconoscibili rune di lupo alato, mito scordato di terre stanche d’essere esplorate, ma per chi ha lasciato stupido branco bighellonare laggiu’, sempre sotto vista ma lontano dal vento, allora vecchio si confonde con nuovo, fischio flautata nota e ogni notte puo’ essere nuova notte, proporzioni riacquisite, ricontestualizzate e se e’ vero che una stella e’ un sole, che il buio m’illumini, mi scaldi, mi rigeneri.
Help yourself
But tell me the words
Before you fade away
You reveal all the secrets
To remember the end
And escape someday